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The collectors. Oscar Farinetti e l’unione dei gusti: fermare in un solo attimo di bellezza lo scorrere inesorabile del tempo

OSCAR FARINETTI - NATALE FARINETTI CONOSCIUTO COME OSCAR, IMPRENDITORE E DIRIGENTE D'AZIENDA, FONDATORE DELLA CATENA EATALY ED EX PROPRIETARIO DELLA CATENA DI GRANDE DISTRIBUZIONE UNIEURO.
Oscar Farinetti
Famosissimo per la sua attività imprenditoriale nel food, Oscar Farinetti non è nuovo a interessarsi di arte, soprattutto contemporanea e a impegnarsi in prima persona per promuoverla in esperienze virtuose come la recente eataly Art House di Verona. Nella serie di queste interviste dedicate ai “collectors” è forse un po’ un outsider, ma la sua voce è sicuramente interessante per chi ama…il gusto dell’arte.

La sua creatura, Eataly, ha di recente aperto uno spazio a Verona dedicato all’arte. Si sente un collezionista di arte contemporanea?
Abbiamo deciso di dedicare il nuovo Eataly Verona al tema dell’arte, perché ogni volta che Eataly prende nuova casa, sceglie di disegnare la sua nuova sede e le sue attività intorno a un tema che omaggi il luogo in cui ci si trova. A Verona, città d’arte e letteratura, ci è sembrato naturale rivolgerci alle arti visive. Abbiamo quindi aperto con una sorpresa, la Eataly Art House il cui acronimo “E.ART.H.” restituisce l’idea di una nuova Terra dove incontrarsi, far circolare idee e fare cultura. Attraverso l’Art House è possibile conoscere l’opera di artisti importanti come Ibrahim Mahama (fino al 28 maggio), che fa dell’arte un volano di conoscenza ed emancipazione, e Anton Corbijn (fino al 10 aprile), che ha costruito buona parte dell’immaginario collettivo legato allo star system, a partire dagli anni Ottanta. l’Art Market, attraverso dei percorsi tematici avvicina poi il pubblico al collezionismo, con una proposta molto ampia e accessibile per diverse tipologie di interesse. Personalmente non mi ritengo un collezionista d’arte, anche perché non ho una collezione, sono un appassionato, un autodidatta, acquisto quello che mi piace, che mi fa sentire bene, non necessariamente arte visiva e non sono affatto attento all’investimento. Sono un collezionista di gioie, più che di arte, ad esempio sono un grande amante della letteratura e amo profondamente la scrittura e l’invenzione narrativa. Mi piacciono le storie, ovunque esse prendano forma. Ho la fortuna di avere una compagna di vita che condivide con me l’amore per le arti e ha un gusto molto raffinato che la rende incline ad apprezzare diversi artisti contemporanei, personalmente sono forse più affascinato dall’arte moderna.

C’è un rapporto tra gusto e gusto estetico?
Certamente! Il gusto non è soltanto un modo per capire cosa mangiamo, ma anche un complesso sistema di ricezione del sapore che serve per generare l’appetito e unire all’esperienza puramente fisica del nutrimento, anche una scarica di piacere. Non a caso, la perdita del gusto porta alla depressione. Allo stesso modo l’estetica ci aiuta ad andare oltre i bisogni primari per entrare nel mondo della poesia.

Che desiderio appaga il collezionare, a suo parere?
Nel nostro caso, il piacere di possedere stralci di bellezza, ma anche brani di storia collettiva di cui spesso le opere sono testimoni, siano esse testi scritti o visivi, oggetti di bella fattura e dalla storia potente. Fermare in un solo attimo di bellezza lo scorrere inesorabile del tempo e salvarlo dell’essere dimenticato, penso che in un certo slancio di titanismo il collezionismo sia anche questo.

E.ART.H, Eataly Verona, ph. Alessandra Chemollo

Quali sono le opere più belle della sua collezione?
Tutta l’opera di Beppe Fenoglio, in particolare la Malora e la storia del coraggioso Agostino. Fenoglio è nato ad Alba come me, è stato partigiano come mio padre, e il suo canto eroico della resistenza, la sua epica così emozionante nutrita di cosmopolitismo, mi hanno sempre affascinato, spinto a sognare per arrivare sempre più in là, senza mai smettere di amare profondamente la mia terra d’origine, la casa della mia giovinezza: le Langhe.

C’è un evento o un aneddoto che riguarda l’incontro con un’opera d’arte che ricorda particolarmente?
Be, è storia abbastanza nota quella del mio colpo di fulmine con l’Arcimboldo e le sue Quattro Stagioni che ho visto per la primissima volta al Louvre e che mi hanno colpito come un colpo dritto in fronte. Ho passato tutta una giornata al museo, senza poter smettere di tornare a dare un’occhiata, perché è stata a suo tempo una specie di rivelazione. Oggi, alla luce degli sconvolgimenti climatici in corso mi chiedo che impressione avrebbe della stagionalità l’artista milanese che con le sue teste composte ha messo in ordine tutta la ricchezza della terra italiana, second i cicli produttivi tradizionali.

Anton Corbijn: Staged. Installation view, Eataly Art House – E.ART.H., Verona (2022)
Courtesy l’artista e E.ART.H., Verona
© Alto//Piano Studio

C’è un’opera a cui è più affezionato? Perché?
Sono affezionato a tante opere, ma ce n’è una a cui tengo profondamente e che in realtà non possiedo personalmente, perché è patrimonio di tutti. Si tratta del Cenacolo di Leonardo da Vinci, conservato nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, un’ultima cena che vorremmo durasse per sempre. Ci siamo impegnati infatti per garantire una lunga vita all’opera, almeno cinque secoli certi, permettendo così a un pubblico più ampio di conoscere questo capolavoro straordinario. Credo che tutti debbano vedere quest’opera, perché la sua visione per me è stata rivelatoria. Leonardo sceglie di dipingere Cristo nel momento stesso in cui rivela ai suoi discepoli di sapere che qualcuno di loro lo avrebbe tradito, così da riversare sulla composizione un moto d’animo che è sconvolgente. Lo stupore sul volto dei commensali, riuniti intorno alla tavola, come un’onda che smuove dal centro propagatore – costituito da Cristo – tutte le figure intorno, generando vita.

Le capita di fidarsi del parere di critici ed esperti?
Assolutamente sì, credo sia importante riconoscere le competenze e le professionalità specializzate in ogni settore. Facciamo lo stesso da Eataly, facendo ricerca, approfondendo le novità e affidandoci solo alle eccellenze. Allo stesso modo, con Eataly Art House abbiamo voluto lavorare con dei professionisti che ci guidassero nelle nostre scelte, ad esempio. Prima di tutto mi sono rivolto a una manager culturale dalla solida esperienza come Chiara Ventura, con lei abbiamo poi chiamato al nostro fianco un comitato curatoriale composto da professionisti come Walter Guadagnini, autorevole critico fotografico e direttore di CAMERA Centro Italiano per la Fotografia di Torino, Eva Brioschi, critica e storica dell’arte contemporanea, curatrice di diverse collezioni molto importanti per il contemporaneo e Gaspare Luigi Marcone, direttore di The Open Box Milano e curatore negli anni di moltissime esposizioni dedicate ad artisti del XX e XXI secolo. Per il Premio E.ART.H. e il lavoro con gli artisti più giovani, ci affidiamo invece a Treti Galaxie, giovane duo curatoriale composto da Matteo Mottin e Ramona Ponzini, che si è distinto per l’originalità delle proprie proposte e per l’osservazione così attenta sui fenomeni attuali.

Ibrahim Mahama, VOLI-NI, E.ART.H Eataly Verona

L’arte e la cultura, a suo parere, hanno una funzione nei confronti della società?
La cultura è un nutrimento fondamentale per la società, sia come motore di aggregazione e costruzione identitaria, sia come vettore economico e finanziario. Abbiamo scelto di dedicare l’Eataly di Verona alle arti visive, ma il concetto di cultura è molto più ampio dal nostro punto di vista e deve necessariamente legarsi all’accessibilità.
Il nostro approccio al cibo, alla cultura del cibo, rendendolo accessibile, portando le migliori esperienze produttive all’attenzione del pubblico in un unico contesto si riverbera nell’approccio all’arte, per una fruizione senza barriere.
È scientificamente provato che frequentare appuntamenti culturali, accrescere le proprie conoscenze, avvicinarsi a qualcosa di nuovo e imparare, fa bene non soltanto a livello psicologico, ma anche a livello fisico con delle ricadute concrete in termini molto positivi sull’esistenza dell’individuo.

Il sapere umanistico in generale può avere una funzione positiva all’interno di un’azienda?
Assolutamente, le aziende sono composte da persone, non da numeri.

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