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The collectors: Guido Gobino e la dolcezza dell’arte

Guido Gobino. credits Ph. Giovanni Gastel
Si può parlare di arte nel mondo del food, e in particolare in quello del cioccolato? La domanda è retorica. Va da sé che arte in senso proprio è altra cosa, e tuttavia c’è qualcosa di profondamente artistico, e sicuramente creativo, in chi lavora con fantasia nel mondo del gusto. In fondo il termine estetica, la disciplina filosofica che studia l’arte, viene da aisthesis, che in greco ha a che fare con l’immediatezza della percezione e con tutti i cinque sensi. Guido Gobino è un grande amante dell’arte e quando può se ne circonda a piene mani. E di gusto, è chiaro che se ne intende!

Guido Gobino si definisce un collezionista?
No, però mi definisco un’amante dell’arte e della cultura. L’arte visiva è quella che più mi appassiona. Forse non ho una grossa cultura, ma pongo molta attenzione all’arte. Per me è una manifestazione dello stato d’animo delle persone.

Come nasce la sua passione per l’arte?
Nasce dalla mia sensibilità e curiosità, probabilmente. Per il mestiere che faccio sono abbastanza sensibile e curioso. Attraverso l’arte si scopre l’evoluzione dell’uomo, tutto quello che è stato il mondo e che qualcuno è riuscito a fissare in qualche modo a vantaggio delle generazioni future.

C’è un collegamento tra arte e gusto?
Per forza, sì, assolutamente. Naturalmente il gusto coinvolge l’olfatto e quindi tutte le sensazioni che una persona può percepire attraverso i cinque sensi. Quindi l’arte, ma anche la musica, sono sicuramente connesse al gusto.

E tra arte e cioccolato in particolare c’è un collegamento?
Sono convinto che il nostro mestiere sia anche una forma d’arte, certo molto più elementare rispetto alle grandi manifestazioni artistiche che si vedono nel mondo. Però comunque richiede un’attenzione e una creatività che non tutti hanno…

Anche se non si definisce un collezionista, lei ha una sua collezione di opere d’arte…
Sì, ho una piccolissima collezione che ho costruito negli anni comprando delle opere che mi sono state in qualche modo magari suggerite da amici, galleristi o mercanti d’arte. Oppure, semplicemente, ho seguito la prima sensazione che ho avuto vedendo un’opera. Me la sono costruita un po’ a mia immagine e somiglianza e devo dire che l’arte riempie casa mia, anche se in modo molto modesto. Direi che anche l’ufficio, tutte le zone che io frequento, sono piene dell’arte che amo di più…

Quali sono le opere che ha e ama particolarmente?
Ho delle opere di amici come Enrico de Paris, Tobia Ravà, che è un genio, Giorgio Ramella, Valerio Berruti, ma anche qualcosa di Carol Rama. Ho anche qualche opera di Gianni Del Bue che è un amico. Per me l’arte è sempre presente, con tutte le piccole cose che ho avuto modo di apprezzare negli anni.

Ha qualche aneddoto da raccontare circa un incontro con un’artista o un’opera d’arte che l’ha particolarmente colpita?
Non saprei se è proprio un aneddoto, ma sono stato però molto colpito da Tobia Ravà, che avevo conosciuto in Israele durante un viaggio che feci qualche tempo fa con Ermanno Tedeschi, che è un caro amico. Mi aveva colpito questo personaggio che attraversa i numeri della Cabala elabora delle cose complicate e così uniche. Ti fermi davanti alle sue opere e rimani davvero stupito dalla sua grandezza e dalla sua capacità di elaborare mentalmente delle cose…

C’è anche una forte componente spirituale nel suo lavoro
Sicuramente fortissima. Si respira. Ci vuole una preparazione per interpretare il suo lavoro correttamente, I suoi quadri sono come dei puzzle… attraverso i numeri riesce a dare con una figurazione così precisa di qualsiasi cosa che, per quanto mi riguarda, è davvero affascinante. Ma ho un altro incontro con un artista, anche se di arte contemporanea, di cui vorrei parlare. Negli anni passati ho avuto un carteggio con Ermanno Olmi, poi lui è mancato, ma nel 2020 ho scritto un libro insieme con Giuseppe Culicchia (un libro sulla storia del mio cioccolatino Tourinot, che è anche la mia storia) in cui ho inserito alcune lettere di che mi aveva mandato, dove analizzava la situazione del mondo in modo molto obiettivo. Secondo lui la bellezza e il buon gusto si possono recuperare dei valori che abbiamo perduto e in qualche modo salvarci. Dopo la sua morte ho chiesto alla moglie se potevo pubblicare queste cose ed è stata molto gentile. Quando a letto il libro le è piaciuto il modo in cui ho riportato le lettere di suo marito e mi ha mandato in cambio un libro bellissimo proprio di Olmi, con un’opera d’arte interna fantastica che le mostrerò.

Guido Gobino, fabbrica, Barbara Voarino Design

Mi racconta un aneddoto legato al rapporto tra artisti e cioccolato? Ci sono artisti golosi che vengono da lei?
Ce ne sono diversi. Uno è sicuramente Giorgio Ramella, che ha lo studio vicino alla nostra sede. Ho alcuni suoi quadri e ne realizzati alcuni con il cioccolato. Dopo tanti anni è diventato un amico!

Dovesse fare un cioccolatino per un’artista famoso come lo farebbe? Diciamo un artista del tempo antico e uno contemporaneo…
Mi viene in mente Leonardo…per lui farei un cioccolatino molto complicato, perché era un personaggio difficile da interpretare, un genio che ha studiato tutta la natura sotto tutti gli aspetti. Potrebbe solo essere un cioccolatino molto composito, dentro il quale ci deve essere un bouquet di aromi molto molto definiti e al tempo stesso molto volatili… che evochi un po’ il suo sfumato o gli studi sul volo degli uccelli. Certo Leonardo sarebbe un cliente molto difficile da soddisfare! I grandi impressionisti francesi sarebbero stati più facili perché giocavano molto con il colore e la luce del sole. Quindi il gusto sarebbe stato molto più mediterraneo. Penso a limone, cedro, erbe aromatiche come rosmarino o salvia…Tra gli artisti contemporanei direi Banksy…lui potrebbe essere un cioccolatino fondente, ma proprio profondo e potente. Un gusto molto attuale che piace ai giovani.

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