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Il sogno delle due ombre. Ogni mercoledì vedo la mia psicoterapeuta

René Magritte, L’empire des lumières, 1961, Sotheby’s
René Magritte, L’empire des lumières, 1961, Sotheby’s

Il buongiorno dell’arte è un caffè con la Moka. Senza zucchero.

Oggi è mercoledì. Come ogni mercoledì ho l’incontro con la mia psicoterapeuta. Ancora non comprendo perché dica “mia”, probabilmente l’idea di possedere una soluzione si mescola con la mia nuova volontà di relazionarmi in modo neutrale alle persone. Ascensore, secondo piano. Sala d’attesa. Musica indistinta. Mi ricordo la prima volta che cedetti alle emozioni. Fu sufficiente un semplice e mite “Come stai, Paolo?”.

Mi siedo. I rassicuranti fazzoletti a destra e la finestra leggermente aperta, dalla quale mai rende conto del reale tempo esterno. Dietro di lei un poster de “L’impero delle luci” di René Magritte dove la “nostra casa” si riposa simultanea tra luce e buio. “Lo scorso mercoledì Paolo si è parlato di allineamento tra sub-conscio e conscio. Mi ha parlato di quanto crede essere importante scoprire l’Ombra. Questo processo non deve essere un impegno fondato dal suo funzionamento narcisista che tutto vuole e tutto prende. Mediazione. Mediare è la parola giusta.”

Lucian Freud, Man at Night (Self-Portrait), 1947-1948, Lucian Freud Archive

Prendo parola e inizio a descrivere il mio recente sogno. “Con una visuale cognitiva esterna alla mia proiezione ed una visuale emozionale interna, mi ritrovo in piedi sopra una collina. Mi trovo vicino ad una scuola. Ci sono tante persone. Noto in particolare alcune distese sul prato. Alcune fumano una sigaretta. Improvvisamente mi accorgo che il cielo è diventato nero. Non ho memoria se fosse già notte o un cambio repentino temporale. In alto, a distanza, sopra la città, migliaia di velivoli. Come se stessi vedendo da Flightradar24 il simultaneo movimento del Mondo. Alcune luci rosse attorniavano questi continui voli, come formiche in gruppo. Ho pensato inizialmente, entro il sogno,- sono alieni- ma non avevo paura perché era reale. Tutti eravamo calmi e sereni. Volevo solo conoscere il perché. Una coppia di ragazzi mi spiega che erano in corso alcuni problemi provenienti dalla biblioteca. Scariche di energie si irradiavano in città. Nessun fulmine o lampo. Scendo dalla collina e cerco di avvicinarmi alla fonte elettrica. Noto due persone. O meglio due ombre. Sembrano maschili. Si avvicinano a me e io scappo. Corro verso una salita e sento i loro passi veloci dietro. Taglio immediatamente su una piccola via a sinistra e mi schiaccio al muro. Completamente un mondo al buio; eppure, le due ombre imboccano la stessa via. Penso,- entro il sogno-, di fare uno sgambetto al primo. Desisto. La prima ombra mi corre davanti e si allontana. La seconda, poco dopo, di seguito non si accorge della mia presenza. Non ho paura. Non ho un battito accelerato. Il buio è confidente.

Dottoressa non ho avuto paura delle due ombre. Non ho avuto paura del buio. Ero vicino alla fonte delle scosse elettriche. Mi sono svegliato. Mi conosce, ho aperto Google e ho cercato – Sognare ombre; sognare il buio”.

E poi? Ho preso un bicchiere di latte freddo. Un biscotto immerso. Una sigaretta alla finestra.

Forse è stato il primo incontro con la mia Ombra. Forse non c’è mai nulla da interpretare. Osservare. Non esiste Ombra peggiore dell’Ombra che non vogliamo vedere. Mediare non significa frapporsi. Ascolta, concilia.

Leonard Freed, Winter scene. Amsterdam. Netherlands, 1964, Leonard Freed | Magnum Photos

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