Si è chiusa la XVIII edizione del festival Filosofi lungo l’Oglio con circa 45.000 presenze (5 giugno – 25 luglio). In 2 mesi sono stati organizzati 30 appuntamenti in ben 23 comuni compresi tra le provincie di Brescia e di Bergamo tra lezioni magistrali, dibattiti e passeggiate filosofiche, una delle novità di questa edizione
A riflettere sul tema 2023, Osare, una lunga schiera di relatori e relatrici: Ivano Dionigi, Enzo Bianchi, Haim Baharier, Lamberto Maffei, Franco Arminio, Umberto Curi, Massimo Cacciari, Donatella Di Cesare, Duccio Demetrio, Danielle-Cohen-Levinas, Francesco Paolo Ciglia, Massimo Recalcati, Mons. Vincenzo Paglia, Gianfranco Pasquino, Catherine Chalier, Maria Rita Parsi, Francesca Rigotti, Giovanni Ghiselli, Maurizio Bettini, Francesca Nodari, Isabella Guanzini, Stefano Zamagni, Francesco Miano, Alessandro Carrera, Umberto Galimberti, Massimiliano Valerii, Salvatore Natoli e Marina Calloni.
I premi
Nel corso della manifestazione sono stati inoltre assegnati dei riconoscimenti: il Premio Internazionale di Filosofia/ Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente, giunto alla sua XII edizione, conferito a Maria Rita Parsi con il libro Manifesto contro il potere distruttivo (con S. Giannella), Chiarelettere 2019, «per il suo osare porre una denuncia appassionata di un’urgenza del presente: la garanzia della salute mentale di chi educa e di chi ricopre ruoli autorevoli nella nostra società» e il premio legato al contest artistico, realizzato in collaborazione con l’Accademia SantaGiulia attribuito a Carlo Maria Ayrton Gagliardi con Immagina, mentre il Premio del pubblico è andato a Fabio Ingrosso con l’installazione: Non avere abbastanza desideri/né fiato.
Inaugurata anche la sede operativa della Fondazione, a Villachiara, ricavata da un antico stallo dei cavalli – commissionato nell’ottocento dalla nobile dinastia di Martinengo secondo la pratica del Retrofit. L’edificio si pone l’obiettivo di divenire polo culturale della vasta area circostante per gli oltre 30 comuni limitrofi.
Un ricordo di Marc Augé
Uno speciale pensiero va, inoltre, al grande antropologo ed etnologo, Marc Augé – la cui perdita segna una profonda lacerazione per il Festival e per la sua direttrice scientifica, Francesca Nodari. Ad Augé, che è stato un assiduo frequentatore della Kermesse, è stato conferito, nel 2015, il Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l’Oglio. Un libro per il presente con il celebre saggio: Le nuove paure. Che cosa temiamo oggi? (Bollati Boringhieri 2013). Di Augé, Nodari ha curato, con una densa postfazione, la sua ultima opera: Condividere la condizione umana. Un vademecum per il nostro presente (Mimesis 2019). Il testo è stato pubblicato, successivamente, anche in francese con il titolo: La condition humaine en partage. Un vadémécum pour le temps présent (Éditions Payot & Rivages 2021). «Accanto al Suo genio, riconosciuto in tutto il mondo – afferma la Nodari – desideriamo ricordarne lo stile, l’eleganza, la sobrietà che appartiene solo ai Grandi e insieme l’umanità profonda di un insigne pensatore e di un Maestro che ha partecipato con entusiasmo a molteplici edizioni del Festival, non lasciando mai mancare i suoi preziosi consigli, le sue riflessioni e le sue lunghe vedute. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, ci getta in un inevitabile sconforto, ma le sue parole continueranno a vivere dentro di noi, che abbiamo il compito di onorarne la memoria».
La parola chiave dell’edizione 2024
In stretta continuità con il tema dell’osare è stato infine lanciata la parola chiave della nuova edizione del festival: l’edizione 2024 sarà infatti incentrata sul tema del “desiderare”. «Non è soltanto una questione che è stata affrontata sin dagli albori del pensiero – spiega Francesca Nodari – ma è insieme, come intuì Michel Foucault ne Le parole e le cose, “ciò che rimane perennemente impensato nell’intimo del pensiero”. Desiderare, a ben vedere, potrebbe essere assurto ad una sorta di leit-motiv del nostro tempo. Di un presente difficile, iperconnesso, liquido, in preda alle incertezze e alle paure anestetizzate da promesse di felicità che diventano presto illusioni o delusioni e in prestazioni trasformate in atti apparentemente discrezionali come se fossero il frutto di desideri individuali liberi.
In realtà, come spiega Bauman ne L’etica in un mondo di consumatori, il segreto di un sistema sociale duraturo consiste nel “fare in modo che gli individui desiderino di fare quello che il sistema necessita che essi facciano per poter riprodurre se stesso” oggi diventa quanto mai urgente chiedersi se il desiderare non rischi di tradursi in un diuturno appagamento di bisogni o di pseudo desideri alimentati da un consumismo senza posa e da una cultura dell’“usa e getta” che investe trasversalmente cose e persone. Siamo sicuri di sapere ancora distinguere tra un oggetto desiderato e un altro essere che è come me desiderante e che è sempre al di là di ogni mio tentativo di presa e di possesso? Siamo consapevoli delle differenze che passano tra volere, potere e desiderare o la cecità morale che imperversa ci sta inducendo, nel paradosso di un continuo volere, ad un ottundimento del desiderio? Oppure vale la regola che solo chi ha potere può desiderare o, quanto meno, illudersi di farlo? Ma si può desiderare da soli? E quale nesso corre tra tempo e desiderio? Altri spunti vengono da una analisi delle modalità del desiderare. Il desiderio fisico e quello mentale sono la stessa cosa? Desiderare un sorso d’acqua o imparare una lingua straniera hanno lo stesso valore?».
«Dopo gli eventi drammatici della pandemia – conclude – in cui i nostri comportamenti sono stati modificati dall’esigenza di contenimento del virus: v’è il rischio, come ha mostrato Massimiliano Valerii, che quel distanziamento fisico necessario possa tradursi in un vero e proprio “distanziamento sociale”. Il cono d’ombra in cui si è infilato il nostro desiderio è questo: per un verso, vorremmo essere immuni dal rischio di essere contagiati dal desiderio dell’altro, per l’altro, proprio in quanto esseri umani, non possiamo rinunciarvi. In questa fase storica dominata dalla diffidenza nei confronti dell’altro, se non addirittura dal rancore e dall’indifferenza, tutto può accadere».