Il Muzeum Susch, situato nell’omonima cittadina svizzera, dedica una retrospettiva all’artista contemporanea polacca Wanda Czełkowska (1930-2021), la prima fuori dalla Polonia, a cura di Matylda Taszycka. Dal 15 luglio al 26 novembre 2023.
Wanda Czełkowska è stata prima di tutto una scultrice. Per le sue opere usava i materiali più semplici – gesso, legno, tela nuda o acciaio arrugginito – perché convinta che “l’arte nasce esclusivamente dai pensieri“. Meglio se i suoi. Per questo non si è mai aggregata a movimenti o correnti, ma si è mossa in maniera personale tra le suggestioni della sua epoca – informale, minimalismo, arte concettuale – delineando un percorso di difficile classificazione.
Per comprendere al meglio la sua poetica è dunque quantomai necessaria una mostra che ne esponga l’intero percorso, evidenziandone dinamiche e meccanismi. Wanda Czełkowska: Art is not Rest, organizzata dal Muzeum Susch, riunisce una selezione di sculture, fotografie, disegni e dipinti, alcune di dimensioni monumentali e mai esposte prima. Tutte, in ogni caso, rappresentano un passaggio chiave nel lavoro di Czełkowska e ne tratteggiano i temi principali: Il corpo, La mente e Lo spazio.
Ne Il corpo sono raccolte le opere che testimoniano il graduale abbandono da parte di Czełkowska della rappresentazione realistica del corpo umano. Si può osservare così come la forma umana perda gradualmente i suoi confini figurativi, fino a perdersi nell’astrattismo. Un esempio calzante è sicuramente Absolute Elimination of Sculpture as a Notion of Shape (1972–1995). Composta da 66 grandi lastre prefabbricate in cemento piatto, di due diverse tonalità, l’opera occupa le pareti e il pavimento della sala più ampia del Muzeum Susch e avvolge lo spettatore al suo interno
La mente celebra la centralità del pensiero nell’opera e nella vita di Czełkowska. Da sempre attratta dalla filosofia, alla tecnica artistica la scultrice predilige l’intuizione, l’idea, il concetto. Pulsione spesso declinata nella realizzazione di teste, traduzione lineare ma potente del punto d’interesse dell’artista. Con il motivo della testa Czełkowska ha affrontato l’idea dell’anima – la mente in movimento – e del cervello umano come forza motrice dell’arte. Lo si vede per esempio nelle sequenze cinetiche di dipinti e disegni, ma anche in The Table (1971), un’installazione su larga scala di 18 sculture astratte e cave che ricordano i busti classici, anche se profondamente modificati.
Lo spazio raccoglie le opere più grandi di Czełkowska, lavori dove la forma scultorea si amplia fino a intercettare quella installativa e instaura un dialogo con il luogo espositivo, ma ambisce a espandersi fino a riecheggiare in una dimensione universale. Tra queste spicca Black Frieze (1968-1969, 1971-1973, 2021), una delle principali opere monumentali di Czełkowska su cui l’artista ha lavorato fino alla fine della sua vita. L’ultima volta è stata esposta nel 1990 ed è composta da pannelli neri montati in un polittico con luci elettriche.
La mostra, curata da Matylda Taszycka, si conclude con Room of one’s, un omaggio alle difficoltà per Czełkowska nel trovare uno studio fisso e dare così continuità al suo lavoro. Per rendere l’idea, una serie di divieti amministrative le vietarono addirittura di utilizzare il suo appartamento per la scultura. Limitazioni che non le hanno però impedito di realizzare le sue opere, tra cui gli autoritratti che chiudono la mostra e restituiscono un’idea completa della donna e dell’artista.