L’artista e compositore israeliano Yuval Avital è il protagonista della nuova mostra alla Fondazione Biscozzi | Rimbaud di Lecce, sino al 7 gennaio 2024.
Negli spazi espositivi della Fondazione, nata nel cuore della Lecce barocca nel 2018 per volere di Luigi Biscozzi e Dominique Rimbaud, si è dato il via al quinto progetto artistico, intitolato “Yuval Avital _Lucus”.Il progetto è curato da Massimo Guastella, curatore e docente di Storia dell’Arte Contemporanea al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, ed è in collaborazione con la Building Gallery di Milano, che rappresenta l’artista dal 2021, anno della sua prima personale “E T E R E”.
Yuval Avital, nato a Gerusalemme nel 1977, risiede a Milano e in Salento nel periodo estivo. Le sue “opere totali” entrano in contrasto (positivo) con la collezione già presente. È tanto vicino al mondo dell’arte, ancor più al mondo della musica e della danza. Il canto sonoro delle sue creazioni è il punto determinante per comprendere la sua relazione con lo spettatore e con l’ambiente.
Yuval Avital è un ascoltatore. Il suo saper ascoltare è una capacità di comunicare e integrarsi con il luogo. Le sue opere sono state presentate in diverse manifestazioni d’arte. Tra le più importanti: “HUMAN SIGNS”, opera partecipativa concepita durante il COVID-19 e presentata a MANIFESTA 13 (2020, Marsiglia), OSTRALE Biennale (2019, Dresda), MACRO Museo d’Arte Contemporanea (2018 – 2019, Roma).
Le sue composizioni icono/sonore che hanno riempito i teatri di tutto il mondo e sono state trasmesse da RAI, SKY, Radio France e tante altre, insieme alla musica da camera con espliciti omaggi a Bjork e ai progetti insieme ai popoli indigeni delle Filippine sono il cammino spirituale e versatile di Avital.
Il Bosco sacro. Il “lucus”, una moltitudine di alberi. (P. Buongiorno. Definire il ‘bosco’ nell’esperienza romana: fra letteratura antiquaria e giurisprudenza, in M. Brocca, M. Troisi, a cura di, I boschi e le foreste come frontiere del dialogo tra scienze della vita dalle radici storiche alle prospettive future, Editoriale Scientifica, Napoli 2014, p.4.)
Il pianto di una terra spogliata dei suoi ulivi dal batterio Xylella e da ignobili incendi. Yuval Avital, che il Salento lo conosce bene, ha reputato doveroso imporre un dubbio, che si fa accompagnare per tutto il cammino di mostra, cioè: “dove si trova il bosco sacro, quel bosco che una volta era presente e adesso non lo è più”.
È un’idea di natura che non riusciamo più a cogliere, resa artisticamente da Avital in quattro momenti.
La rappresentazione della componente danzante in 14 statuine in stato fecondativo, detti I Bagnanti,sono la prima elaborazione di un rapporto uomo-vegetale che si va intensificando. Figure dalle espressioni deformanti, rese pure dal biancore e dai leggeri ed infantili movimenti che Avital è riuscito a darli. A far da cornice diversi dipinti appositamente realizzati per l’esposizione, uniti dal filo tratteggiato del mare, richiamato da storiche canzoni italiane che rievocano sensazioni estive, disegnato in corso d’opera.
Il grottesco della seconda sala, popolata da Nephilìm, maschere che ricordano antichi riti. Già esposte nel 2019 al Museo Marino Marini (Firenze), sono dotate di piccole bocche/audio diffusori che diffondono la voce di Yuval con quella di vari artigiani che hanno realizzato le opere.
Tre dimensioni del Boscosacro che non c’è. Il curatore Guastella ha spiegato comela terza sala sia nata da una scatola di cartoneche, tagliata da Avital e giunta ad uno schizzo simile ad un insieme di alberi, gli ha fatto ricordare i secolari monolitici di pietra considerate vere colonne portanti del Salento, detti Menhir. Ecco, appunto, cinque Menhir realizzati da Dante Vincenti e Cosimo Quaranta, apprezzati cartapestai, e dipinti in maniera Art Brut dall’artista. Tra spirito e umanità, gioco e mito. Un lavoro in cui è stata coinvolta la figlia, Alma Avital, con un disegno a muro. Tre Singing Tubes o tubi sonori, al primo piano, concludono il viaggio nel Lucus. Opere plastiche cantanti in dialogo con la pittura del ventesimo secolo. Il richiamo ancora al tubo, un elemento di collegamento con lo spirituale nella lingua israeliana.
L’impressione è stata quella di trovarsi dinanzi a qualcosa che avrebbe potuto oltrepassare i quattro momenti.Lo stesso curatore, Massimo Guastella, parlando della mostra: “non è stato semplice perché non avevo mai la percezione del finito. Il progetto complessivo l’avevo colto, ma non sapevo come sarebbe andato a finire, ed è stato un lavoro in divenire. Da esegeta, interpretarlo in parole non è stato facile.” Yuval Avital _ Lucus” dimostra l’attenzione dell’artista verso alcuni temi di fondamentale centralità e urgenza per la terra dei salentini. Il suo obiettivo è cercare di non essere indifferenti alle chiamate del presente. La sua arte è il mezzo per metterlo in pratica.