Genus Bononiae e Fondazione Carisbo, presentano a Bologna, a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, fino al 24 Settembre, un’importante mostra dedicata a Lucio Saffaro (Trieste 1929 – Bologna 1998), scienziato, artista, scrittore, poeta, che visse nella città felsinea a partire dal 1945, anno in cui vi si trasferì con la famiglia e a cui rimase legato, considerandola sempre sua città di adozione.
Laureatosi all’Università di Bologna in Fisica pura, ha sempre coltivato i suoi interessi verso l’arte, la filosofia, la poesia. Ha esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre famose rassegne in Italia e all’estero, ottenendo importanti riconoscimenti internazionali per il suo operato alle Biennali di San Paolo del Brasile (1969), di Rijeka (1970) e Cracovia (1972).
Il percorso espositivo, dal titolo “Viaggio verso l’ignoto. Lucio Saffaro tra arte e scienza”, a cura di Claudio Cerritelli e Gisella Vismara, ripercorre le tappe fondamentali dell’opera di Saffaro, artista non riconducibile ad un unico stile, né classificabile come appartenente a singole correnti artistiche, quasi una figura solitaria, ma espressione di una continua ricerca interiore verso l’infinito, supportato da una riflessione speculativa del pensiero, tra antichità e contemporaneità. Come riportato nel testo di G. Vismara nel catalogo a corredo della mostra: «Potremmo affermare, dunque, che la condizione esistenziale saffariana sia piuttosto assimilabile a quella «antica dell’uomo solo», la cui mirabile «fabula de lineis et figuris», come scriveva Barilli, ha sempre vissuto in una dimensione meditativa permeata da «un silenzio totale».
Presenti circa cento opere tra dipinti, grafiche e testi scritti da Saffaro, che attestano la prolifica e cospicua attività letteraria e filosofica svolta.
Un intellettuale e artista a trecentosessanta gradi, che ha saputo conciliare due mondi apparentemente distanti quali l’arte e la scienza in modo rigoroso, meditato, rendendoli strumento per una continua ricerca verso l’infinito, o come riportato nel titolo della mostra, verso l’Ignoto. A tal proposito, risulta di fondamentale importanza quanto riportato nel testo critico di G. Vismara a corredo del catalogo sostenuto da Argan, il quale sosteneva che “l’obiettivo euristico di Saffaro, facendo egli «arte come scienza», non fosse la rivelazione di un luogo metafisico, ma, piuttosto, il raggiungimento di un «luogo logico della loro identità»; in tal modo, l’artista non praticava né «arte per la scienza né scienza per l’arte», ma semplicemente, attraverso le sue opere pittoriche, agiva la matematica con la pittura, dando vita alla continuazione e allo sconfinamento di una disciplina nell’altra”.
Il percorso espositivo si apre con le opere degli anni Cinquanta. Protagonisti personaggi stilizzati, quasi fantasmi dall’aria inquieta immersi in ambienti senza tempo in cui sono presenti architetture dalle linee essenziali ed asciutte: personaggi di fantasia che ricordano cavalieri medievali, che combattono con un pennello invece che con le armi.
Si prosegue poi con le opere degli anni Sessanta, caratterizzate proprio dall’inizio del dialogo tra arte e scienza. Protagonista è la prospettiva, tramite la quale Saffaro organizza le scene, posiziona gli oggetti, prediligendo cromie dalle chiare campiture, che conducono lo sguardo dello spettatore verso nuovi scenari dal sapore delle Avanguardie. L’infinito e il labirinto sono alcuni dei temi sviluppati in questo periodo.
Ma la ricerca continua e l’artista triestino inizia a comporre e studiare vari poliedri, dodecaedri e tetraedri canonici, che caratterizzano l’arte degli anni Settanta e dimostrano il legame che Saffaro ha con l’antichità, in particolar modo con il Cinquecento. La costruzione dei poliedri rappresenta un modo di costruire il pensiero, di proseguire la ricerca, di darvi forma, sostanza, struttura. Un dialogo continuo con le leggi matematiche che dà forma a strutture concrete, ma astratte, basamenti su cui costruito un pensiero in continua evoluzione e in un continuo fluire.
I poliedri sono caratterizzati principalmente dalle azzurre campiture, che mettono in evidenza il profondo legame che Saffaro ha sempre conservato con la sua città natale, Trieste.
Claudio Cerritelli nel testo presente nel catalogo afferma: «I legami con il paesaggio marino sono lembi d’infinito sprofondati nel silenzio della meditazione, l’inconfondibile luce di Trieste persiste nei transiti della memoria legata alle frequentazioni giovanili, nonché visibile nelle molteplici risonanze suggerite dal nitore delle celesti campiture».
Bruno D’Amore nel suo testo all’interno del catalogo, a proposito dei poliedri e del rapporto che Saffaro aveva con essi afferma: «Tale relazione ha da sempre affascinato sia i matematici sia gli artisti: si tratta di un tema antico, studiato fin dall’Ellade classica; ma poi magicamente illustrato nel corso del tardo Medioevo e di tutto il Rinascimento, per esempio da Leonardo nelle sue famose immagini per il libro De divina proporzione di cui era autore l’amico frate matematico Luca Pacioli. Molti poliedri (fra i quali i cinque unici regolari) vengono ciascuno disegnato nelle versioni “pieno” e “scheletrato”, com’è ben noto. Il gigante Piero scrive addirittura un Libellus de quinque corporibus regolaribus, nel quale illustra e studia, con strumenti euclidei assolutamente perfetti, i cinque poliedri platonici e alcuni solidi semiregolari che erano già stati segnalati da Archimede ma poi dimenticati nel corso dei secoli: il tetraedro tronco e il cubottaedro. Siamo, d’altra parte, nella piena ripresa della classicità greca. Albrecht Dürer studia i “troncamenti” dei poliedri platonici; nel suo trattato di geometria in quattro capitoli, dà del cubottaedro anche uno sviluppo (non banale); inoltre lo disegna nell’acquaforte Melancolia. Non dimentichiamo il mosaico che rappresenta un poliedro stellato in stile archimedeo di Paolo Uccello a Venezia. La rappresentazione dei poliedri è dunque molto presente nel Rinascimento, periodo storico-culturale amatissimo da Lucio. …Con la straordinaria opera di Lucio, gli studi matematico pittorici del Rinascimento sono tornati a vivere! Grazie a questa sua capacità, unica al mondo, di dominare entrambi i versanti relativi a questi temi, quelli artistici e quelli matematici, Lucio è stato più volte invitato, anche dal sottoscritto, a tenere conferenze in occasione di convegni di matematica, non solo in Italia, sempre attesissimo e applauditissimo».
Proiettatto in mostra, il documentario Lucio Saffaro. Le forme del pensiero, realizzato nel 2014 dal regista Giosuè Boetto Cohen, in cui presenti le narrazioni di: Maurizio Calvesi, Flavio Caroli, Federico Carpi, Claudio Cerritelli, Bruno D’Amore, Michele Emmer, Piergiorgio Odifreddi, Riccardo Sanchini, Luigi Ferdinando Tagliavini, Walter Tega e Gisella Vismara.
A corredo della mostra è disponibile un catalogo, pubblicato dalla casa editrice Bologna University Press, contenente i contributi critici di Gisella Vismara (consulente scientifica della Fondazione Saffaro), Bruno D’Amore (critico d’arte e matematico) e di Claudio Cerritelli (già docente di storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera).