Presentata in anteprima europea al Centre for Fine Art Bozar di Bruxelles “Antoni Tàpies. the Practice of Art” (fino al 7 gennaio 2024), la grande retrospettiva che apre l’Anno Tàpies (“Any Tàpies”) con cui si celebrano i cent’anni della nascita dell’artista catalano.
L’evento espositivo, a cura di Manuel Borja-Ville, è frutto della collaborazione tra il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, il Bozar e la Fundació Antoni Tàpies di Barcellona e nei prossimi mesi la mostra si sposterà dal Belgio in entrambe le città spagnole.
La mostra al Bozar «ripercorre l’opera di Antoni Tàpies (Barcellona, 1923-2012) con una retrospettiva che attraversa il tempo tra il 1944 e gli anni Novanta. Si tratta della prima grande mostra in Belgio che presenta una visione completa del lavoro dell’artista, con una selezione di 122 opere riunite a Bozar per la prima volta dopo diversi decenni. Dai primi disegni e autoritratti, la mostra si snoda attraverso i “dipinti materici” degli anni Cinquanta e gli oggetti e gli assemblaggi degli anni Sessanta e Settanta. Proseguirà con le vernici degli anni Ottanta, iniziate qualche anno prima in concomitanza con l’inizio della democrazia in Spagna, e si concluderà con le opere degli anni Novanta, quando Tàpies continuò la sperimentazione formale e materiale che è sempre stata al centro della sua pratica», hanno spiegato gli organizzatori.
«Dopo gli autoritratti e le opere influenzate dal Surrealismo e dal Dadaismo, la mostra espone i primi dipinti metrici di Tàpies, realizzati negli anni Cinquanta, che incorporano materiali grezzi, segni e macchie. Ma al di là della sperimentazione dell’artista con la forma e la materia, che è continuata per tutta la sua carriera, il visitatore può anche penetrare le dimensioni mistiche, filosofiche e politiche dell’universo di Tàpies».
«La mostra inizia con i primi disegni e autoritratti di Tàpies e prosegue con i “dipinti materici” degli anni Cinquanta e con gli oggetti e gli assemblaggi degli anni Sessanta e Settanta. Seguono i dipinti a vernice degli anni Ottanta, che Tàpies aveva iniziato qualche anno prima durante i primi tempi della democrazia in Spagna. La mostra presenta anche opere degli anni Novanta, durante i quali Tàpies continua la sperimentazione formale e materiale che è sempre stata al centro della sua pratica.
Spesso associata al “matierismo” o “arte informale”, la pratica artistica di Tàpies si basava sul gesto e sull’uso di materiali modesti e non convenzionali sulla tela. Utilizzava sabbia, spago, polvere, capelli o paglia, suggerendo che la bellezza può essere trovata nel piccolo, nell’inaspettato e nel quotidiano».
«Tàpies – hanno ricordato gli organizzatori – è riuscito a creare un’infinità di texture e rilievi sui suoi supporti pittorici, che ha anche chiamato “muri” (in riferimento al suo nome di famiglia: Tàpies significa “muri” in catalano). Incorpora anche nuovi materiali, come il lattice, l’emulsione e il catrame, applicati in strati spessi, che graffia, taglia e incide. La pittura diventa così un “campo di battaglia” dove il contatto con la materia è palpabile e rende l’opera tridimensionale. In queste spesse paste, Tàpies inscrive e incide segni grafici e simbolici: triangoli, cerchi, croci che evocano riferimenti archeologici, mistici o storici.
Per l’artista, questi muri sono come “talismani”, dal grande potere evocativo: “Tutto si svolge in un campo molto più ampio di quello delimitato dal formato o dal contenuto materiale del dipinto. Quest’ultimo, infatti, non è che un supporto che conduce lo spettatore al gioco infinitamente più ampio di mille e una visione, di mille e una sensazione […] Il ‘soggetto’ può quindi essere nel quadro o semplicemente nella testa dello spettatore” (Antoni Tàpies, La pratique de l’art, Gallimard, 1971, p. 208)» .
«Pertanto, il suo lavoro non è solo uno studio della materia, ma esplora anche la percezione della realtà e della natura umana.
Allo stesso tempo, l’arte di Tàpies è intimamente legata alla storia e alla politica del suo Paese, colpito dalla guerra civile spagnola, dalla seconda guerra mondiale e dal regime di Franco.
“Se dipingo come dipingo, è innanzitutto perché sono catalano. Ma, come molti altri, sono influenzato dal dramma politico della Spagna nel suo complesso”, scrive Tàpies. “Nella mia pittura voglio inscrivere tutte le difficoltà del mio Paese, anche se ne provocherò il dispiacere: sofferenza, esperienze dolorose, carcere, un gesto di rivolta. L’arte deve vivere la verità” 8Antoni Tàpies, La pratique de l’art, Gallimard, 1971, p. 85-87)».
«Il centenario di Tàpies ci invita a fare il punto su un’opera che resiste alla decrittazione. L’alone intellettuale che la circonda è permeato di discorsi sulla storia della scienza, sul misticismo delle religioni orientali e sulla filosofia politica.
Artista autodidatta del dopoguerra, Tàpies ha riflettuto sulla condizione umana, sul proprio contesto storico e sulla pratica artistica, in particolare sui limiti e le contraddizioni della pittura. La sua prolifica opera è disseminata in tutto il mondo».