La mostra Temptations, Torments, Trials and Tribulations raccoglie 30 dipinti con cui Cecily Brown ha reinterpretato le Tentazioni di sant’Antonio di Martin Schongauer nel suo stile espressionista, a volte quasi astratto. Al Museo Novecento e a Palazzo Vecchio di Firenze, dal 30 settembre 2023 al 4 febbraio 2024.
“Nel momento in cui c’è un’immagine chiara, la mente si assesta. E io non voglio che si stabilizzi. Mi piacciono l’inquietudine, l’apertura e l’ambiguità che ci sono quando c’è un continuo cambiamento in corso” racconta Cecily Brown (1969) sul suo lavoro. E subito ci sentiamo come avvolgere dalla sua pennellata vorticosa, siamo all’interno della valanga di forme e colori che determinano ogni sua opera. Anche se determinare – fissare con esattezza, stabilire con precisione – non è il termine corretto, come l’artista stessa ci ha indicato. Allora meglio dire che l’abbozzano, perché nell’intimo i suoi dipinti vorrebbero non finire mai, mai esaurirsi in un soluzione definitiva che ne precluda altre.
Forse è proprio per questa spinta che Brown, nel corso della sua carriera, ha spesso recuperato grandi opere della storia dell’arte riattivandole a modo suo. Ovvero scomponendo la loro (legittima) rigidità formale, spezzando articolazioni e legami figurativi, confondendo logiche e proporzioni, bruciando confini e lasciando che la materia priva di limiti si cercasse come imposto dall’entropia. Una propulsione citazionistica e re-immaginativa al tempo stesso, perlopiù incentrata sul rinascimento, che portato Brown a confrontarsi con le Tentazioni di sant’Antonio. In particolare con l’iconografia resa celebre da Martin Schongauer, poi ripresa da tantissimi artisti nel corso della storia, da Michelangelo a Bosch.
L’immagine di Schongauer raffigura il Santo sollevato in cielo da demoni muniti di armi e artigli, ferocemente intenzionati a fare a brandelli Antonio. La composizione è di per sé interessante e moderna per vari motivi: il mood fantastico, con la scena che si svolge in cielo; la carica immaginifica dei demoni, tutti diversi e frutto di incroci bestiali di varia natura; la brutalità dell’episodio, il cui esito è tutto da affidare al macabro pensiero del corpo del Santo disperso in aria; la silhouette circolare che il gruppo assume, a testimoniare che l’armonia estetica sopravvive anche al dramma. Ma a Brown questo non basta e pone la tradizione figurativa a servizio del linguaggio moderno, tanto astratto quanto espressivo, con una pittura sempre sontuosa, vibrante eppure controllatissima.
D’altra parte l’idea alla base di Temptations, Torments, Trials and Tribulations è proprio quella di evocare la vita di ascesi, battaglie spirituali e privazioni del santo in maniera rinnovata, ma pur sempre complementare all’originale. Lo fa rendendo Antonio Abate in perturbanti e originali composizioni, innervate di forza e colore. Impastati di energia fisica, i dipinti sono dominati da un turbinio di invenzioni formali, astratte e figurative allo stesso tempo, in cui pennellate vorticose generano un caos ordinato, che dissolve i confini temporali e spaziali e trasmette a poco a poco un inaspettato senso di armonia, equilibrio e sottile sensualità. Da quello che a prima vista appare un ammasso confuso e magmatico di pennellate, emergono improvvise lacerazioni cromatiche. Dal profluvio di colori affiorano corpi, animali, dettagli anatomici, oggetti ed elementi di vegetazione. La perturbante emozione suscitata da questa orgia di colori e forme è come una cascata di suoni di diverso carattere e intensità, una danza meravigliosa in cui le figure nascono e si disfano in fluide correnti di impasto pittorico.
Sono 30 in totale le Abstract narratives (narrazioni astratte), come lei stessa definisce le sue opere, tra dipinti, disegni e stampe, distribuite tra Museo Novecento e in Palazzo Vecchio. Qui, in particolare, Brown presenta una sola tela, allestendola nel Camerino di Bianca Cappello, amante del Duca Francesco I de’ Medici. Spoglio di arredi e decorato solo con una volta a grottesche, il Camerino custodiva collezioni e piccoli preziosi della nobildonna Bianca Cappello oltre a una piccola feritoia che le permetteva di osservare in segreto, dall’alto, ciò che accadeva nel Salone dei Cinquecento, luogo dei ricevimenti ufficiali del Palazzo. L’ambiente dissimula dietro una serie di scene mitologiche a carattere erotico la sua segreta funzione di luogo d’incontri clandestini. Nell’opera di Brown il viluppo dei colori quasi nasconde un corpo nudo femminile disteso su un manto di pennellate, che si aggiunge in questa metamorfosi di tempo e spazio alle personificazioni a grottesca delle Tre Grazie, di Andromeda e di Leda.