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Milano celebra Gabriele Basilico e la sua fotografia

Milano 1978-80, Foto di Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico
Milano 1978-80. Foto di Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico

Le maggiori sedi espositive milanesi, la Triennale e Palazzo Reale, aprono le loro porte per rendere omaggio con una grande esposizione a Gabriele Basilico, uno dei fotografi italiani che sono riconosciuti e collezionati nel mondo e scomparso dieci anni fa

Le Mie Città offre una straordinaria selezione con quasi 500 opere allestite nei due spazi per presentare lo sguardo cosmopolita del grande autore su Milano e le periferie e sulle grandi committenze internazionali. E il 13 ottobre, il giorno dell’inaugurazione di questa rassegna (a Palazzo Reale fino al 13 febbraio e alla Triennale fino al 7 gennaio) Milano dedica un giardino, il Giardino Basilico, appunto, all’incrocio tra via Venini, via Mauro Macchi con accesso da via Giovanni Pierluigi da Palestrina, fronte civico 33.  Giovanna Calvenzi conosce a fondo la grandezza umana e lo straordinario lavoro dell’autore ed è la curatrice con Filippo Maggia a e Matteo Balduzzi dell’esposizione che narra 40 anni di documentazione e di storia fotografica, scandita attraverso l’architettura, il tessuto edilizio, i monumenti, lo sviluppo urbano e le trasformazioni di Milano.

Oggi si rende omaggio alla memoria fotografica, storica e architettonica e alla visione di Gabriele Basilico?
È vero ed è la prima volta che la città rende omaggio con una mostra doppia a quello che è stato Gabriele Basilico fotografo.

Da un archivio ordinato ma sterminato avete tratto una selezione di circa 500 fotografie?
Sono 196 a Palazzo Reale e circa 200 alla Triennale ma in Triennale vengono esposte anche tre bacheche nelle quali ci sono centinaia di fotografie. Sono delle piccole stampe di lavoro che raccontano la demolizione della Falck, un film di Marina Spada e uno sul proletariato giovanile, un film che Gabriele aveva fatto nel 1976.

Qual è il criterio selettivo?
Partendo da una selezione amplissima di tutto il lavoro che Gabriele ha fatto nelle città del mondo e poi anche considerando diversi suoi progetti, sostanzialmente abbiamo realizzato due mostre molto diverse. A Palazzo Reale sono immagini singole, ci possono essere anche delle piccole storie ma, sia la presentazione sia la selezione, mostra dei viaggi all’interno delle città in giro per il mondo, dall’Italia alla Cina, mentre invece per quanto riguarda Triennale, quindi il lavoro su Milano, abbiamo esposto nuclei di lavori che fanno capire bene come Gabriele lavorava e sono dieci alle pareti e tre nelle teche. In Triennale il lavoro parte dall’inizio degli anni ‘70 e arriva al 2012.

Gabriele Basilico, Istanbul, 2005
Foto di Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico

Per Gabriele Basilico “Milano era come un porto di mare, un luogo privato dal quale partire per altri mari, per altre città, per poi ritornare e quindi ripartire”

Quale importanza aveva la sua città?
Era la città dalla quale partiva e alla quale ritornava e alla quale era profondamente legato. Ha pubblicato anche un libro intitolato Nelle altre città che partiva proprio da questo discorso, di ritrovare nelle altre città dei segni di Milano e di ritrovare poi al ritorno in Milano, i segni delle contaminazioni con le città del mondo. Era proprio un dialogo tra Milano e tutte le città del mondo. Era radicato alla sua città anche se la Milano che gli interessava era quella che nasceva un po’nella periferia e non dal centro. È sempre stato molto più affascinato dai luoghi in via di espansione che non dal centro storico. E l’ultimo anno, nel 2012,  ha fatto  una rilettura del suo archivio con me e  con Roberta Valtorta e scherzava sul fatto che lui era vittima della bulimia del cemento perché da lì nasceva una possibile integrazione della città con le altre sue  parti più monumentali. Per lui la città comunque era l’insieme delle sue parti mediocri e delle sue parti eccellenti e non ha mai pensato a una città di sole eccellenze.

Vengono presentati nelle due mostre quasi 40 anni di lavoro che in qualche modo segnano l’evolversi e le trasformazioni delle città nel tempo?
In Triennale per esempio c’è un capitolo che va dal 2006 al 2012 dove viene raccontata tutta la costruzione del quartiere Porta Nuova, fin dall’inizio, un lavoro di cui era entusiasta perché seguiva questo pezzo di città che rinasceva.

Milano 1996,
Foto di Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico

Le mie città rappresenta un forte valore documentario ma ha anche tracciato un denso percorso di memoria storica?
Assolutamente sì. Oltretutto ci sono dei capitoli dove, nonostante la bulimia del cemento, c’è anche un po’ di marmo nel senso che Gabriele ha realizzato un lavoro importante per l’Azienda Elettrica Municipale, dedicata alla città di notte dove l’attenzione era prevalentemente sulle architetture note, dalla Scala all’Arco della Pace. E poi c’è un altro lavoro degli anni ’80 che era dedicato agli architetti che avevano lavorato nel periodo tra le sue guerre, architetture del Novecento e ci sono protagonisti come Portaluppi, Muzio, Andreani e tutti gli architetti che hanno fatto opere di eccellenza.

La celebrazione della grande arte fotografica di Gabriele Basilico continua in città e, alla Galleria Valeria Bella, dal 20 ottobre al 12 novembre 2023, si terrà Gabriele Basilico Racconti di Architettura, una mostra realizzata in collaborazione con Archivio Gabriele Basilico.

Gabriele Basilico, Tel Aviv, 2006
Foto di Gabriele Basilico/Archivio Gabriele Basilico

 

Gabriele Basilico. Le mie città
Milano
Palazzo Reale, dal 13 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024
Triennale Milano, dal 13 ottobre al 7 gennaio 2024

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