Parigi. Dopo l’eccezionale record del Rinoceronte di Lalanne, battuto a oltre 18 milioni di euro in una singola tornata, è stato il turno dell’AVANT-GARDE(S) con la mitica Thinking Italian al secondo anno consecutivo in terra francese. Incredibile l’aggiudicazione record di Tancredi Parmeggiani con uan tela di quasi 2 metri volata a 730 mila euro. Il totale della vendita è stato di 62.196.200 € – 65.841.997 $ (da una stima pre-vendita di 54-77 milioni di euro – Numero di lotti: 64).
Opera monumentale proveniente direttamente dalla collezione degli eredi dell’artista, Omaggio a Debussy (Il cielo la terra e l’acqua) risale al culmine della carriera di Tancredi. Alta quasi due metri, mostra la virtuosa abbondanza di tracce e macchie che caratterizzano i suoi magistrali dipinti della fine degli anni 50. Adagiate su un delicato velo di blu e verdi, linee tratteggiate di colore riversano sulla tela una pioggia di luce e movimento. Tancredi orchestra un’intera sinfonia di colori e trame, dalla freddezza acquosa del turchese al bagliore giallo dei raggi del sole, compresi i toni più terrosi. In filigrana, alcune linee e forme delicatamente disegnate strutturano il tutto come una partitura musicale. Il risultato, come indica il titolo, è un effervescente omaggio a Claude Debussy: un compositore che, come Tancredi, si dilettava a giocare con i ritmi e le armonie della natura. Qui il cielo, l’acqua e la terra sembrano mescolarsi in una danza astratta, scintillante di vita.
Dipinto nel 1958, Omaggio a Debussy fu presentato al pubblico al Carnegie Institute di Pittsburgh, durante l’ Esposizione Internazionale del Bicentenario di Pittura e Scultura Contemporanea di quell’anno . In questo periodo il riconoscimento internazionale di Tancredi acquisisce slancio in seguito a due importanti mostre personali, prima negli Stati Uniti e poi alla Hanover Gallery di Londra. Spinto sulla scena veneziana dall’inizio degli anni Cinquanta, Tancredi beneficiò in particolare dell’appoggio di Peggy Guggenheim, che lo prese sotto la sua ala protettrice dal 1952. L’entusiasmo di Guggenheim sarà decisivo per il percorso dell’italiano, che lei difende e promuove con lo stesso fervore che un tempo riservava al suo protetto Jackson Pollock. È tra il 1957 e il 1958 che l’espressione di Tancredi raggiunge la maturità, trovando il suo pieno culmine con una serie di spettacolari grandi formati, oggi sparsi in diverse importanti collezioni tra cui quelle del Brooklyn Museum di New York e del Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford. Tante sorprendenti visioni caleidoscopiche, nate da un processo che Tancredi paragona all”automatismo istintivo’. Pur sorretti da un senso compositivo attento e misurato, questi dipinti brillano soprattutto per la loro straordinaria spontaneità, feroce e impenetrabile come la natura stessa.
Fortemente ispirato, nei suoi esordi, dal dripping di Jackson Pollock, Tancredi aderì molto presto al movimento spazialista di Lucio Fontana, nel cui gregge i suoi dipinti e i suoi scritti sposavano una fascinazione per il cosmo, una sorta di poesia del ‘ineffabile. Forse ancora più decisiva fu però l’influenza di Piet Mondrian e Paul Klee, la cui estetica rinforzò Tancredi nell’idea che il ‘punto’ (vale a dire ‘lo spazio più ristretto che la mente possa contemplare’) fosse il vettore ideale “creare, attraverso segni, macchie e colori intuitivi, nuove rappresentazioni della natura” (Tancredi, ‘Natura = Spazio’, 1953, trascritto in L. Massimo Barbero (a cura di), Tancredi: Scritti e prospettive critiche, Venezia, 2017 , pagina 39). Secondo Claudio Zambianchi, la nuvola di punti di Omaggio a Debussy “evoca in una certa misura il tradizionale mosaico veneziano” e la sua “disposizione ortogonale”; una struttura che non esclude in alcun modo, aggiunge, «una sensibilità allo spettacolo della natura». “Le forme della natura”, scrive Tancredi nel 1956, “possono moltiplicarsi all’infinito; è dividendo così le cose che scopriamo la geometria” (C. Zambianchi, La Collezione Barilla di Arte Moderna , ex. cat., Fondazione Magnanin Rocca, Parma, 1993, p. 335). Una logica analoga irriga, per molti aspetti, le grandi rapsodie di Debussy, intessute di piccoli motivi melodici che sembrano proliferare da soli.