Building Gallery con “Glitch” espone nei suoi due piani della galleria di Milano dieci artisti internazionali con 24 opere, presentando la pittura nel suo procedimento più umile e vero, quello materiale e artigianale. Il progetto è stato curato da Chiara Bertola e Davide Ferri. In via Monte di Pietà 23, fino al 27 gennaio 2024
Building Gallery è dove l’arte trova modo e spazio di esprimersi, è così dalla sua apertura nel 2017 per mano dell’autorevolissimo mercante di tappeti, l’iraniano Moshe Tabibnia. Gli spazi di un ex banca iniziarono a respirare un’aria più creativa, più libera.
Building Gallery torna con “Glitch” allo stato puro della materia con dieci artisti che, nonostante utilizzino materiali apparentemente distanti, dimostrano di comunicare con logica e fantasia.
Chiara Bertola, ideatrice e curatrice del Premio FURLA, direttrice dell’Hangar Bicocca dal 2009 al 2012 e nuova direttrice della GAM di Torino. Davide Ferri, docente di Museografia all’Accademia di Belle Arti di Macerata e Bologna e curatore della sezione “Pittura XXI” di Arte Fiera Bologna. Loro, insieme, hanno studiato il luogo e reso evidenti le tante assonanze pittoriche, grazie ad alcune strategiche scelte di posizionamento.
Simon Callery, Angela de la Cruz, Peggy Franck, Pinot Gallizio, Mary Heilmann, Ilya & Emilia Kabakov, Andrea Kvas, Maria Morganti, Farid Rahimi, Alejandra Seeber. Building Gallery ospita dieci voci molto differenti. Il ritorno al fascino, alla pazienza, alla meticolosità del lavoro a mano. La pittura capace di ritrovarsi nel suo vero essere, quello primordiale.
Al piano terra domina il lavoro di Angela de la Cruz (A Coruña, 1965), inserito in una nicchia, che gioca con la mobilità del colore e del suo supporto, a contrasto con i due lavori geometrici a parete di Mary Heilmann (San Francisco, 1940) e con il più contemplativo Farid Rahimi (Losanna, 1974), questi ultimi due volutamente uno di fronte all’altro. Farid Rahimi è presente anche al piano superiore, con un lavoro in prospettiva che, per come fissato da Building, ricorda vagamente quello del Borromini nella Galleria Spada a Roma.
Sotto il lucernario vetrato della galleria e in grado di variare all’arrivo del sole, l’italiano Andrea Kvas (Trieste, 1986) con l’opera probabilmente più mistica di “Glitch”. Un tornado di colori, form ed oggetti di uso quotidiano (mestolo, cucchiaino).
Simon Callery (Londra, 1960), che troviamo sia al piano terra che al primo piano di Building, gioca con la tela, un po’ come faceva Lucio Fontana, tagliandola, segnandola con il suo tocco, ricercando i suoi vuoti e pieni, soprattutto i vuoti. La sua opera e il suo intento stabiliscono un dialogo con gli sgocciolanti diari/archivi di memoria e di spazi dell’artista Maria Morganti (Milano, 1965). Il rapporto con la cura e con le infinite possibilità del non vuoto espresso in un solo e unico modo: la ciotola.
Ilya (Dnepropetrovsk, 1933-2023) & Emilia Kabakov (Dnepropetrovsk, 1945), marito e moglie, maestri dell’arte concettuale, realizzano un lavoro che vive con l’apporto di una piccola lucina inserita dietro il quadro. Un’opera dipinta su un supporto molto simile ad una scatola di fiammiferi. Tra i protagonisti raffigurati c’è Charles Rosenthal, fittizio nome d’artista di Ilya.
Pinot Gallizio (Alba, 1902-1964) e Peggy Franck (Zevenaar, 1978) fanno propri i piani superiori di Building, con Peggy e le sue movimentate pennellate che si azionano direttamente sul muro.
“Glitch” è un’occasione per distorcere il classico sguardo che si ha quando si osserva un dipinto, per andare oltre i canoni preimpostati e farsi ispirare dall’istinto e dall’io interiore.