L’Istituto Nazionale di Studi Romani presenta una bi-personale di Marina Bindella e Roberto Piloni in una contesa indagine sui rapporti tra segno, luce e tempo
“We are involved in considering the use of time and actually manipulating time as a material in works of art” è una frase pronunciata da Michael Caine nella quale risuona lo spirito della mostra Marina Bindella e Roberto Piloni. Una doppia moltitudine, a cura di Marco Rinaldi e Claudio Zambianchi, fruibile fino al 7 dicembre 2023. La rassegna, allestita lungo tre corridoi e una sala affrescata dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, si compone di 15 opere e 2 lavori site specific. Il confronto tra gli artisti è serrato e poetico. Mentre i lavori grafici e pittorici di Bindella sono volti a generare tracce e a registrare chiaroscuri e movimenti, Piloni ragiona sul rapporto tra spazio ed opera.
Astrattismo, vertigine segnica, contrasti cromatici e un intimo legame con il supporto – carta, tavola, rami, schede musicali – inducono gli artisti ad un ragionamento sulla luce come sostanza temporale. È un ritorno all’origine della parola e del mondo naturale, se è vero che “tempo” deriva dal latino temno, ossia “tagliare, scandire”. Ritmo e variazioni tonali e geometriche generano addensamenti e smaterializzazioni prendendo la forma di, seppur diverse, narrazioni spazializzate. Nelle opere di Bindella e Piloni si può scorgere in filigrana quell’interesse dell’arte per il processo e il divenire, nato negli anni ’60. Che generò frutti meravigliosi e inediti. Come le Today Series di On Kawara e di Opalka, gli esperimenti di scrittura simultanea di Boetti, la concezione di Eterniday di Cornell piuttosto che i brani musicali infiniti di John Cage.