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“Costruiamo le nostre verità” con la mostra di Alfredo Casali a Piacenza

Alfredo Casali, La memoria delle cose, 2023, installation view, Courtesy Volumnia Space,Piacenza. Photo Fausto Salvi Studio
Alfredo Casali, La memoria delle cose, 2023, installation view, Courtesy Volumnia Space,Piacenza. Photo Fausto Mazza Studio
Piacenza, la Galleria Volumnia ospita la personale di Alfredo Casali. La chiesa sconsacrata di Sant’Agostino accoglie nelle sue navate le opere dell’artista Alfredo Casali, in una mostra curata ed allestita da Massimo Ferrari. Fino al 17 febbraio 2024

“La memoria delle cose” espone gli ultimi dieci anni della produzione più matura dell’artista. Su temi ricorrenti e elementi archetipici, si ripercorre la necessità di Alfredo Casali di ritornare sui propri passi: “Ma è sulla tracce e sulla memoria, più o meno cosciente, che costruiamo le nostre verità, le nostre scelte e riempiamo i silenzi fra una pagina di vita e l’altra.” (Alfredo Casali, 2023)

Nei quadri di Alfredo Casali convivono gli studi in pittura, filosofia e fisica. Nascono opere che riflettono sulla provvisorietà che caratterizza l’essere insieme alla necessità di lasciare un segno indelebile. Titolo del quadro ha valenza grafica, si trova sempre sul quadro: “Le nuvole nascondo il paesaggio”, “Tavolo del silenzio”, “Il grande vuoto”, “Infinito? Finito?”.

La memoria delle cose, 2023, tecnica mista, cm 15×21 Courtesy l’artista e Volumnia, Piacenza

Pochi elementi, ricorrenti perché essenziali. Il paesaggio nascosto, offuscato da una nebbia padana, in linea con la poetica emiliana. Un ambiente tenero quanto straziato, in bilico nel paesaggio. La casa vuota, sbilenca, sospesa, più che altro lo scheletro di una casa cui rimane il tetto e poche pareti. Case isolate, che evolvono nella produzione di Casali portandosi al confine del quadro.

Il tema della casa è trasposto in sculture pericolanti. Il timpano racconta di un tetto, la porta racconta di un vissuto, la una costruzione è sottile e fragile. Tale struttura è riprodotta in scala maggiore ne “La grande casa”. Al suo interno, è contenuta un’altra costante della produzione di Casali: il tavolo. Pochi bicchieri, il pane, una figura senza volto, raccontano una storia di accoglienza, i segni di un abitare insieme, di un focolare caldo, che non si vede ma si sente.

Fino a quando le nuvole, 2019, olio su tela, Courtesy l’artista e Volumnia, Piacenza

Il segno viene poi inciso su lavagne indelebili, testimoni del passaggio da asciutta figurazione, a puro simbolo. Parole, schemi, schizzi: un alfabeto personale che si fa via via più sintetico. E infine, il vuoto, il silenzio: la dissoluzione. I segni da prima riconoscibili si portano ai margini, lasciando soltanto la presenza, e allo stesso tempo assenza, del nulla.

Graffi e segni, pochi riferimenti tangibili nella materia. Il colore, difficile ed ipnotico, in infinite combinazioni di sfumature di grigio. Un racconto infinito che rimane inciso nella memoria. Pochi oggetti che si fanno soggetto, composti, ricomposti, reinventati. Un’energia che non può sparire, ma solo mutare forma; dal principio fino alla rarefazione delle cose, Alfredo Casali tiene traccia di una storia che è la sua, ma che si fa reinterpretabile all’infinito.

Infinito? Finito?, 2012, olio su tela , cm 70x100Courtesy l’artista e Volumnia, Piacenza
Il grande vuoto, 2020 olio su tela, cm 50×80 Courtesy l’artista e Volumnia, Piacenza

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