Dal 3 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024, il museo Picasso di Parigi, che si sviluppa su 4 piani all’interno dell’hôtel Salé, nel cuore del Marais, è letteralmente occupato dall’opera di Sophie Calle.
À toi de faire, ma mignonne fa parte delle diverse esposizioni organizzate in onore del 50esimo anniversario dalla morte di Pablo Picasso, ma quella ideata dall’artista francese Sophie Calle è sicuramente la più paradossale. L’artista stupisce il pubblico con una mostra estremamente personale e allo stesso tempo ambigua, per via delle modalità con cui si rapporta con l’opera di Picasso all’interno delle sale a lui dedicate.
Infatti, Calle prende a tutti gli effetti le distanze dal pittore spagnolo e offre al visitatore una vera e propria retrospettiva del suo lavoro. Tra progetti conclusi o non ancora terminati, la mostra si configura come un inventario, un catalogo, una collezione personale dell’artista proposta in collaborazione con la maison parigina Drouot. O ancora, per alcuni aspetti, un elogio alla sua defunta madre. Di certo non è così evidente la connessione con gli iniziali propositi celebrativi di Picasso, più evidenti invece in altre mostre celebrative, come quella al Centre Pompidou, Picasso: Dessiner à l’infini, o al Musée du Luxembourg, per rimanere nella sola sfera parigina.
I presupposti di questo particolare dialogo artistico sono già evidenti nella prima parte della mostra, dove Calle finge di mantenere una selezione di opere emblematiche del museo, che, fotografate nel periodo di chiusura durante il Covid, sono però coperte da un velo di carta kraft, impacchettate e quindi invisibili agli occhi dello spettatore.
Più avanti, delle sottili tende bianche coprono altri capolavori della collezione permanente del museo, lasciandone intravedere solo leggere figure e colori. Il visitatore si confronta con racconti ricamati direttamente sul tessuto e che riportano le risposte di appassionati, addetti alla sicurezza e personale del museo, a cui Sophie Calle aveva chiesto “che cosa vi trasmette quest’opera?”.
O ancora, la potenza del Guernica è rielaborata personalmente dall’artista attraverso una composizione di opere che decorano i suoi muri di casa. Tra queste narrazioni personali e surreali, spunta anche una digressione sui suoi scambi epistolari con l’autore del furto di un’opera di Picasso al Musée de la Ville de Paris nel 2010 e mai più ritrovato.
Le tematiche toccate dall’artista francese tentano quindi ddi mantenere una sottotraccia che le lega a Picasso, ma lasciano soprattutto emergere una serie di domande e riflessioni sul ruolo dell’arte e dell’artista, o la nozione di bellezza, rivelando allo stesso tempo un chiaro sentimento intimidatorio che la Calle prova rispetto ai grandi maestri, primo fra tutti lo stesso Picasso. Nascondendo le sue opere, l’artista si impadronisce della sua dimora museale, sacra e cara ai visitatori che vengono ad ammirarne le opere dal tutto il mondo, e la rende propria, rivoluzionando il percorso espositivo, e il modo in cui lo spettatore si relaziona abitualmente alle grandi tele di Picasso. Infatti, a parte il piano interrato del museo e una piccola saletta privata in cui la Calle ha concesso ai visitatori “venuti da lontano” di godere di un tête à tête con Picasso, l’assenza del pittore spagnolo è evidente ed “ingombrante”.
Con una carriera di quasi 40 anni alle spalle, Sophie Calle è considerata tra i maggiori artisti contemporanei della scena francese, le cui opere sono state esposte al Palais de Tokyo, alla Biennale di Venezia del 2007 e in diverse esposizioni nel territorio francese. Artiste du récit, la sua arte è autobiografica, letteraria, intima, politica e concettuale. Gli episodi di vita personale diventano parte fondante della produzione artistica, espressi attraverso i media più diversi, tra cui l’installazione, la performance, la fotografia, la scrittura, il video; opere in cui banali e spesso casuali episodi di vita quotidiana si elevano a gesto artistico.
Unendo finzione e vita reale, anche la selezione di “racconti” esposta al museo Picasso permette di addentrarsi nell’opera della Calle, partecipando insieme a lei ai lati più nascosti della sua intimità e del suo vissuto, ancor prima di poter condividere un qualsiasi legame con il pittore spagnolo.
La mostra, il cui titolo è ispirato ad un romanzo del 1949 di Peter Cheyney, attraverso riferimenti inattesi e una buona dose di sarcasmo ed ironia, è sicuramente una delle più interessanti e curiose dell’offerta parigina del momento, e la più iconica tra quelle “in onore” della celebrazione Picasso 1973-2023.