Nell’elegante, elitario mondo dell’arte ci sono più litigi, denunce, processi e quindi sentenze di quante ne immaginiamo. Il libro L’opera d’arte in tribunale di queste sentenze ne raccoglie parecchie, cercando di mettere ordine in una materia in cui sembra succedere di tutto
L’arte contemporanea è divertente ma complicata, anzi è divertente perché è complicata, sembra che non ci siano regole, come fosse un grande gioco perfettamente libero se non arbitrario. Ovviamente non è così, ci sono precisi motivi per cui le cose sono come sono. Ma guardare a quello che succede nel presente, analizzare il tempo che viviamo è difficoltoso perché non sempre si riesce a mettere ciò che accade nella giusta prospettiva. Questa mancanza distacco genera confusione, a volte veri e propri paradossi che innescano conflitti e quindi litigi, contenziosi, denunce, querele, processi. E alla fine dei processi ci sono le “sentenze”. Nell’elegante, elitario, mondo dell’arte ci sono più litigi, denunce, processi e quindi sentenze di quante ne immaginiamo.
Il libro L’opera d’arte in tribunale di queste sentenze ne raccoglie parecchie. Curato da Alessandra Donati, Professore di Diritto Privato Comparato all’Università Milano-Bicocca e avvocato esperto di diritto dell’arte in ADVANT-Nctm, e Novelio Furin, avvocato penalista esperto in diritto penale d’impresa, il ponderoso volume (430 pagine per i tipi di Postmedia books, 29 euro) cerca di mettere ordine in una materia in cui sembra succedere di tutto. Questa materia è il “Mercato dell’Arte”, cioè il luogo in cui si negozia il “valore” di un oggetto d’arte – valore inteso in senso sia estetico sia economico.
Il libro indica con precisione tutti i passaggi in cui una faccenda apparentemente semplice come creare o vendere o comprare un’opera d’arte può trasformarsi in un problema: si inizia con “La tutela dell’opera d’arte”; si passa allo spinosissimo problema dei “Diritti d’autore dell’opera d’arte”; quindi al mercato con “La circolazione dell’arte contemporanea”; per chiudere con un essenziale capitolo dedicato ad “Arte e Fisco”.
L’opera d’arte in tribunale comprende saggi, oltre che dei curatori, di Diana Cerini, Carlo Dianese, Valentina Franchin, Federica Gattillo, Edoardo Mombelli, Francesca Maria Montanari, Eliana Romanelli, Anna Pirri Valentini. Donati e Furin precisano nell’introduzione: «l’intento di mettere in evidenza i casi nei quali l’opera d’arte entra nelle aule dei Tribunali muove dalla valutazione della varietà della tipologia di incontri tra il diritto e l’opera d’arte e della differente valenza e significato che assume da paese a paese: il diritto dell’arte è un complesso intreccio di convenzioni internazionali, regolamenti e direttive comunitari, leggi nazionali, soft law e consuetudini commerciali».
La prima cosa che viene da notare quando si ha tra le mani L’opera d’arte in tribunale è il linguaggio, molto diverso da quello a cui siamo abituati quando leggiamo d’arte, è un linguaggio preciso, il cui scopo è circoscrivere un oggetto specifico, senza allusioni, metafore, ellissi, divagazioni – com’è invece quello di molta critica –, con un lessico tecnico e inequivocabilmente forense.
Tutto questo rende la lettura decisamente divertente, si incontrano tante storie consuete (perlomeno per chi frequenta un po’ la stampa del settore: appropriazioni, contraffazioni, plagi, illecite esportazioni) ma come raccontate da un altro pianeta. È un libro molto specialistico che sembra rivolgersi a un pubblico altrettanto specialistico ma, paradossalmente, è una lettura perfetta proprio per chi si interessa d’arte e di legge non sa nulla, perché può osservare, forse per la prima volta in modo così organico e con uno sguardo tanto limpido e disincantato, un mondo che è invece sembra sempre avvolto da una nebbia glamour che ne confonde i contorni, celandone i limiti e le contraddizioni.
Oltre a mettere un punto più o meno definitivo su un fatto specifico, le sentenze emanate nei tribunali distillano anche una specie di sentire comune e fotografano gli stessi problemi che tormentano (si fa per dire) gli abituali frequentatori delle mostre di arte contemporanea: come è fatta un’opera d’arte? chi è un artista? chi stabilisce chi è un artista? cosa significa creare? nell’epoca della riproducibilità tecnica, è possibile essere originali? cos’è il plagio? come si stabilisce il diritto d’autore e l’autore ha dei diritti? cosa fa davvero un artista e perché guadagna così tanto o così poco? e, in fin dei conti, cosa diavolo è l’arte? Nei casi raccolti da Donati e Furin questi nodi vengono al pettine: è una radiografia dei fenomeni del presente, un ritratto realistico di quello che si agita sotto il luccicare dello starsystem della cultura artistica.
Il libro consente di leggere la storia dell’arte del Novecento da una prospettiva inedita, i temi, sebbene in controluce, ci sono tutti e, soprattutto per quello che riguarda il mercato dell’arte contemporanea, la lettura evidenzia il fatto davvero peculiare dell’arte del nostro secolo, cioè la costante indecidibilità dello statuto di opera, di autore, di proprietà. La fluttuazione dello statuto di opera porta con sé anche una fluttuazione della sua definizione in sede giudiziaria, oltre che critica, per cui lo stesso problema può avere a volte soluzioni diverse – ne sa qualcosa il “povero” Jeff Koons che un giorno è un artista innovativo e il giorno dopo uno scaltro scopiazzatore.
Nelle sentenze si parla soprattutto di soldi, ed è un bene, perché gratta la crosta di placido idealismo ancora attaccata al mondo dell’arte. L’arte, come ogni altra merce, può vivere e prosperare solo dentro a una economia di mercato e subisce tutte le torsioni di ogni altra merce – speculazioni, concorrenza, frodi, ma anche innovazioni, scoperte, poesia ecc. Uno dei fondamenti di un’economia di mercato è la “proprietà”: la proprietà congela, per così dire, un oggetto e lo lega direttamente a un soggetto, ciò vale anche per la proprietà intellettuale che costringe un’idea dentro al recinto preciso di una biografia. Nell’industria, stabilire la proprietà di un brevetto è abbastanza facile, in arte e nella cultura in genere, quest’idea statica di proprietà si scontra con il funzionamento del sistema culturale stesso che è fatto invece di movimento, di circolazione e scambio o, detto altrimenti, “libertà”.
L’opera d’arte in tribunale mostra plasticamente il conflitto tra la necessità di libertà di movimento delle idee culturali, pena l’asfissia, e la difesa a volte ottusa più spesso avida della proprietà intellettuale o di ciò che si ritiene essere la proprietà intellettuale. È il libro che mancava nella letteratura dedicata all’arte contemporanea, colma una lacuna offrendo molti spunti di riflessione e, oltre a questo, è un bel libro.