Fino al 10 marzo 2024, Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain presentano la prima personale in Italia dell’artista australiano Ron Mueck, con una selezione di opere mai esposte prima in Italia.
«La mostra in Triennale – hanno spiegato gli organizzatori – è un’evoluzione del progetto espositivo tenutosi a Parigi nell’estate 2023, concepito da Fondation Cartier in stretta collaborazione con l’artista, terza tappa di un dialogo incessante tra Ron Mueck e l’istituzione francese, avviato nel 2005 e proseguito nel 2013».
Nel percorso espositivo (di cui potete trovare le foto ufficiali qui) «sei sculture, tra cui la monumentale installazione Mass (2017, proveniente dalla National Gallery of Victoria, Melbourne), esposta per la prima volta fuori dall’Australia in occasione di questo progetto (era presente anche nella prima tappa della mostra, a Parigi, ndr) che illustra gli sviluppi più recenti della pratica artistica di Mueck, insieme a lavori iconici realizzati nel corso della sua carriera. In mostra anche due film del fotografo e regista francese Gautier Deblonde».
La mostra è curata da Hervé Chandès, Direttore Internazionale Fondation Cartier pour l’art contemporain, dal Curatore associato Charlie Clarke e dalla curatorice responsabile della mostra Chiara Agradi, Fondation Cartier, che ci ha raccontato la mostra e il lavoro di Ron Mueck nell’intervista qui sotto.
Silvia Conta: Il rapporto tra l’artista e la Fondation Cartier prosegue da oltre un decennio. Come sono nate questa longeva collaborazione e la mostra presentata in estate a Parigi e ora a Milano?
Chiara Agradi: «L’inizio della collaborazione tra Ron Mueck e la Fondation Cartier risale ai primi anni duemila; nel 2005 la Fondation Cartier presentò per la prima volta al pubblico parigino le sculture di Ron Mueck, sancendo l’inizio di un ininterrotto dialogo.
Il secondo progetto espositivo di Ron Mueck con la Fondation Cartier risale al 2013 e il suo successo fu tale che è tutt’oggi la mostra più visitata della storia dell’istituzione. Questa stessa mostra venne presentata in seguito a Buenos Aires, Rio de Janeiro e San Paolo, sfiorando il milione di visitatori e favorendo l’ingresso di un pubblico nuovo nelle tre istituzioni ospitanti.
La mostra inaugurata la scorsa estate alla Fondation Cartier e che attualmente – con alcune modifiche – presentiamo a Triennale, ribadisce la qualità e la continuità dello scambio con l’artista nel corso degli anni, proponendo un percorso espositivo nel quale le più recenti produzioni trovano posto accanto a opere iconiche degli anni 2000, tra le quali In bed ( 2005) e Woman with sticks (2009) acquisite negli anni dalla Fondation Cartier».
«La mostra in Triennale è un’evoluzione del progetto espositivo tenutosi a Parigi nell’estate 2023», si legge nel comunicato stampa. In quali aspetti si può rintracciare l’evoluzione?
«L’edificio di vetro di Jean Nouvel, sede della Fondation Cartier dagli anni Novanta, conferisce ai suoi progetti espositivi un sapore speciale e irreplicabile; di conseguenza, la mostra di Ron Mueck presentata alla Fondation Cartier a Parigi prima, e oggi a Triennale, trova la sua naturale evoluzione nell’edificio di Muzio. Se a Parigi l’opera Mass, attorniata dal vetro, dialogava con l’esterno in un gioco raffinato di riflessi e scorci, alla Triennale si rivela al pubblico solo una volta all’interno dello spazio espositivo; radicalmente differente è, perciò, l’estetica dell’installazione e il suo impatto fisico con il pubblico.
Oltre a Mass, fulcro dal quale si dipana la mostra, un’evoluzione del progetto parigino è riscontrabile nella scelta di alcune opere appartenenti alla collezione della Fondation Cartier e presentate per la prima volta in Italia: In Bed (2005) e Woman with Sticks (2009), fondamentali sia per ripercorrere il percorso dell’artista, sia per raccontare il rapporto di lunga data che lega Ron Mueck alla Fondation Cartier.
In ultimo, trattandosi della prima mostra istituzionale dedicata a Ron Mueck in Italia, si è pensato di proiettare in mostra due film del fotografo e regista francese Gautier Deblonde, che oltre alla loro intrinseca qualità permettono una maggiore comprensione dei processi creativi di Ron Mueck, che non smettono di incuriosire il pubblico».
Quale è stato il ruolo dell’artista nelle scelte relative a opere e allestimento?
«Senza la dedizione e l’attenzione di Ron Mueck, che ha assiduamente accompagnato il progetto di allestimento in tutte le sue fasi, la mostra alla Triennale non si presenterebbe allo stesso modo.
Questo discorso appare chiaro in relazione all’opera Mass, che viene riallestita a seconda del contesto espositivo, assumendo i connotati di un’opera site-specific, e che Ron Mueck ha ripensato in relazione allo spazio di Triennale, ma non si esaurisce con essa; una tensione sottilissima unisce le sei sculture presenti in mostra, che dialogano tra di loro attraverso un preciso calibramento di forze, posizioni e direzioni attentamente studiato da Ron Mueck durante le fasi di allestimento.
Dalla configurazione del percorso espositivo emerge inoltre, un aspetto fondamentale del suo rapporto con la scultura, che non si limita alla materia ma riguarda anche lo spazio che essa occupa, uno spazio affatto vuoto nel quale riverberano le tensioni dei corpi scultorei».
Quali aspetti del lavoro di Mueck e del suo ruolo nell’ambito dell’iperrealismo contemporaneo emergono, in particolare, nel percorso espositivo a Milano?
«Non è del tutto appropriato l’impiego del termine iperrealismo in riferimento alla scultura di Ron Mueck poiché, se è vero che ciò che lo ha reso noto è l’attenzione ossessiva alla resa dei dettagli superficiali dei suoi personaggi, dai bulbi dei capelli alla consistenza dell’epidermide, è altrettanto vero che il ricorso al fuori scala (le sue sculture sono spesso minuscole o monumentali) immergono lo spettatore in un universo non certo iperrealista.
Fatta questa premessa, la mostra a Triennale permette di ripercorrere la parabola creativa di Mueck, dalle sculture dei primi anni duemila, alla sua più recente opera En Garde. Una scultura monumentale in tre parti dalla resa sintetica dei dettagli, rappresenta cani la cui espressione è tanto ambigua quanto lo è la loro posizione; impossible capire se siano minacciosi o, al contrario, si sentano minacciati dalla presenza del pubblico. Un’opera come questa, invita a riconsiderare la relazione della scultura con lo spazio, e quella del visitatore con l’opera, rivelando l’orientamento delle riflessioni più recenti di Mueck sulla scultura».
In mostra vengono proposti anche due film del fotografo e regista francese Gautier Deblonde che raccontano il processo creativo di Mueck. Che ritratto dell’artista e del suo processo creativo emergono?
«Gautier Deblonde è uno dei rarissimi testimoni della quotidianità di Ron Mueck, che è noto per la sua riservatezza. Fotografo e regista dallo sguardo sensibile, i suoi due film, Still Life (2013) e Three Dogs, a Pig and a Crow ( 2023), entrambi commissionati da Fondation Cartier, sono due preziose testimonianze dei processi creativi di Ron Mueck e della sua quotidianità nell’atelier.
Ciò che emerge da Still Life (2013) è la dedizione al lavoro di Ron Mueck, che lavora in silenzio e avvalendosi di pochissimi sporadici collaboratori. La cinepresa di Deblonde si sofferma sulla prassi metodica del suo processo scultoreo, che si sviluppa dai bozzetti in creta, alla colatura di resine nei calchi, ai meticolosi dettagli finali. Il tutto nello spazio modesto del suo precedente atelier a nord di Londra, disseminato di ritagli di giornale, fotografie, libri, statuine, in parte fonte d’ispirazione per i suoi soggetti.
Three Dogs, a Pig and a Crow, mostra invece il processo di stampa 3D impiegato da Mueck per la realizzazione di Mass e En Garde, sullo sfondo del mare inglese che circonda l’isola di Wight, dove oggi si trova il suo studio».
La mostra è nata nell’ambito della collaborazione tra Fondation Cartier pour l’art contemporain e Triennale Milano. Quali sono i cardini di questa collaborazione?
«Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain hanno avviato nel 2019 una collaborazione della durata di otto anni che, tra le altre iniziative, prevede la presenza di Fondation Cartier all’interno degli spazi espositivi del Palazzo dell’Arte. Questa collaborazione rappresenta una forma inedita di partenariato tra due istituzioni culturali europee che pur avendo origini, statuto giuridico e nazionalità diversi, condividono la stessa visione della cultura e della creazione artistica contemporanea. Sia Triennale Milano che Fondation Cartier sono, infatti, storicamente caratterizzate da una proposta multidisciplinare e internazionale che spazia dall’arte contemporanea all’architettura, dal design alle arti performative, dalla moda al cinema, dalla scienza alla filosofia, con una costante attenzione ai temi e alle urgenze del dibattito contemporaneo».