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Agenda Shanghai, in occasione della 14.ma Biennale

Han Mengyun, install view ShanghART Gallery
Shanghai è una metropoli di quasi 30 milioni di abitanti, brulicante di vita ed effervescente; a novembre nei giorni delle due fiere ART021 Shanghai Contemporary Art Fair e West Bund Art & Design, di cui abbiamo già scritto, ha inaugurato la 14th Shanghai Biennale alla Power Station of Art (PSA) in corso fino a marzo 2024, mentre immensi musei e gallerie e spazi di ogni tipo aprono con un fitto programma di mostre e appuntamenti. Ecco qui una rassegna delle location più interessanti

Accanto all’iconica Pearl Tower, sta il Museum of Art Pudong, nell’omonimo ed elegante quartiere, che ospita la mostra monografica dedicata a Zheng Fanzhi (Wuhan, 1964), pittore che unisce la tradizione cinese e quella occidentale nella costruzione di espressionistiche figure, con un periodo secondo me più originale dedicato alla serie delle Mask (1994-2004), per poi terminare oggi con paesaggi dove la luce scioglie qualsiasi realistica connotazione.

Nell’enorme, privato e molto caro Long Museum c’è una splendida mostra dedicata a Zhang Enli con cento quadri delle ultime tre decadi: dopo gli esordi espressionisti e figurativi, a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila ha prodotto le sue note nature morte di oggetti umili e quotidiani con una fermezza metafisica, per approdare alla produzione attuale astratta fatta di forme biomorfe e linee a cappi. La visione olistica dell’artista si esprime attraverso la sua espressione: “Tutto è un ritratto”.
Di seguito la mostra “Private Season” di Li Qiang (1962) crea un raro connubio tra poesia orientale ed impressionismo europeo. Mentre i dipinti di colori brillanti e acidi con oggetti familiari, inseriti in quadri nel quadro di vibrante attualità, costituiscono la prima mostra in una grande istituzione di Gao Ludi (1990). I psichedelici dipinti dell’artista Huang Yuxing immersi in una dimensione mistica che si rifà alla religione Buddista e Taoista, completano la parte contemporanea. Infine la mostra storica Festival in Yaochi presenta vasi, stoffe, miniature e quadri preziosi. Nell’edificio adiacente, la mostra Portraits presenta un’affastellata installazione di 300 ritratti provenienti da tutto il mondo.
Il West Bund Museum è il museo con maggiore vocazione internazionale tra tutti quelli visitati. Una ricca retrospettiva di Raoul Dufy (1877-1953) in collaborazione con il Centre Pompidou, interpreta l’aspetto gioioso della pittura dell’artista sin dal titolo: “The Melody of Happiness” e culmina con La Fée Electricité, 10 litografie colorate a gouache, del 1952-1953. L’altra articolata mostra del West Bund, sempre in collaborazione con il Centre Pompidou, è intitolata “Mirrors of the Portrait”: divisa in 15 sezioni, che vanno dai colori fauve alla sfigurazione cubista, alla fotografia, alla maschera fino al grottesco allo specchio e in generale ai grandissimi con “tributes”, inanella un’interessante carrellata di artisti soprattutto occidentali ma anche con esempi cinesi come Zhang Xiaogang (famoso per i ritratti di famiglia), Peili Zhang, Zao Wou-Ki, Huang Yong Ping.

La mostra “Friends in the Arts” al Tank Art Center è di grande interesse: dedicata alle opere di 56 giovani collezionisti cinesi che hanno interessi globali, molto di più dei collezionisti storici. Molti di questi giovani infatti hanno studiato all’estero, lavorano nel mondo della cultura, ma non solo, e hanno inaugurato a loro volta spazi o fondazioni e amano l’arte cinese, ma anche quella internazionale aperta all’installazione e alla multimedialità. Tra gli artisti presenti: Yan Fudong, Zhang Enli, Ding Yi, Sun Yijian, Mona Hatoum, Philippe Parreno, Wolfgang Tillmans, Simon Starling, Simon Fujiwara. Qualche esempio, il video di Jiang Zhi, Word, 2018, appartiene a Guo Jiaxin co-fondatore di The Soil Collection; il dipinto di Xia Yu è di Ding Zehua, presidente e collezionista del Centro d’Arte Songze a Pechino e direttore del Museo di Arte di Songze del Futuro; l’opera di Pu Yingwei è parte della collezione di Chen Xiaoyu, direttrice dell’UCCA Lawrence Arts Foundation, agente musicale indipendente, il quadro di Hernan Bas deriva dalla collezione di Michelle Yuan Bing, CEO di Beijing QSRY Investment Limited, membro di MWoods Beijing Advisory Board e Fondatrice di Eclosion Collection e così via. Lo stesso Tank Art Center è stato fondato dal collezionista Qiao, che possiede anche la galleria Qiao Space, dove è ospitata la mostra di Ziqan Wang che offre uno scenario fantascientifico di umani dalla pelle trasparente e quadri della stessa sostanza gommosa e gelatinosa delle sculture.

Friends of the Arts installation view al Tank Art Center

Nella stessa area si trova la Don Gallery ove viene ospitata la terza personale in galleria di Zhang Ruyi (1985), intitolata “Once Remain, Once Remould”. La poetica dell’artista trae ispirazione dalla distruzione, ricostruzione, resti, manipolazioni del tessuto urbano, cui si riferisce in maniera mimetica e metaforica usando spesso per le sue sculture il medium del cemento, che sembra fiorire riscattando la rudezza del materiale. Ha partecipato alla 16 Biennale di Lione nel 2022. Vicino, la ShanghART Gallery, una delle prime gallerie ad aprire in Cina oltre vent’anni fa, dedica una personale a Han Mengyun (1989); il titolo “The Unending Rose” deriva dal poema omonimo di Jorge Luis Borges e ragiona sull’infinito svolgersi dei significati della rosa nelle sue migrazioni linguistiche. Così gli enigmatici dipinti si riflettono senza fine nella simbolica rappresentazione di una storia antica. L’eleganza dell’effetto finale è garantita.

Zhang Ruyi installation view alla Don Gallery

Un’altra zona con diverse gallerie è 50 Mogashan Road, dove spicca Antenna Space che ospita un impegnativo e coinvolgente video di Liu Chuang (1978), Lithium Lake and Island of Poliphony (2023). Un flusso di situazioni parte dalla nota immagine inaugurale di 2001 Odissea nello Spazio, un osso nel cielo, aggiornato sulle note di flauti di antica tradizione cinese, per continuare con le immagini delle miniere di litio e l’idea di circolazione del denaro e dell’acqua con richiami a Solaris (in singolare consonanza con le tematiche della Biennale di Shanghai in corso), infine le affascinanti immagini storiche della Cina di inizio XX secolo provengono dall’archivio del sociologo US, Sidney D. Gamble.
E ancora zona di gallerie è lo Xuhui District, dove incontro Enrico Polato fondatore di Capsule Shanghai e animatore da anni della scena cinese prima a Pechino e ora a Shanghai e, notizia freschissima, apre uno spazio a Venezia durante la prossima Biennale. La mostra in galleria, “Passage” di Chris Oh mescola due aspetti del Rinascimento “naturalia et mirabilia”, ovvero prodotti artistici – nel suo caso particolari di dipinti fiamminghi e tedeschi del ‘400 e ‘500 – e pezzi naturali come conchiglie, rocce meravigliose e preziose. L’affascinante connubio si gioca nella cifra del minuscolo e del piccolo, costringendo lo spettatore a fare attenzione e avvicinarsi all’oggetto se non vuole perdersi l’opera, in un rapporto che inverte la spettacolarità imperante della contemporaneità.

Shubigi Rao install view Rockbund Art Museum

Nella centralissima Huqiu Road si aprono vari spazi eleganti e famosi. Il Rockbund Art Museum: la mostra “Inlet of Arid Dreams” dell’artista cinese Tan Jing (1992) riflette sulla fragilità della memoria, la realtà diasporica tra Tailandia e Cina, il loro rapporto fatto di oggetti, cibi, odori presentato attraverso un pavimento di mattonelle che si rompono al passaggio dei visitatori, punteggiate di fiori e dei video che raccontano le esperienze legate alla mancanza, il trauma, il rapporto tra realtà e illusione. La mostra “These Petrified Paths”, la prima in Cina, dell’artista di Singapore Shubigi Rao (1975) si sviluppa su più piani e si riferisce al suo progetto decennale Pulp: A Short Biography of the Banished Book riflette sulla censura e la sparizione dei libri e quindi sulle possibilità della conservazione della memoria culturale. Con il suo secondo libro dal progetto ha vinto il Singapore Literature Prize nel 2020. Nel 2022 ha rappresentato Singapore con il padiglione nazionale alla Biennale di Venezia ed è stata il Direttore Artistico della Biennale di Kochi-Muziris. Ogni piano è dedicato ad un tema come lo “spazio sacro”, i “margini”, l’”azione”, attraverso cui l’artista si chiede come imparare ad evolvere “al di là delle distruzioni, della mancanza, della morte e dell’entropia”.

Zhang Ding, install view How Museum

Nella stessa strada si trovano i due spazi dell’impeccabile Hive Center for Contemporary Art, che nella location principale ospita lo storico artista Richard Lin Show Yu che definirei liberamente interprete di un minimalismo mistico imbevuto di ritmica musicalità. Il secondo spazio accoglie i quadri lirico-espressionisti del tailandese James Prapaithong. In un elegante palazzo vicino si trovano le tre blue chips: Almine Rech, Lisson e Perrotin.
Più lontano, all’How Museum la doppia personale “Two Clubs” è dedicata a Zhang Ding (1980), fondatore di Control Club nel 2014. La cultura della discoteca, la musica, il coinvolgimento del corpo e dei sensi permea la mostra che inizia con Safe House #3, una serie di cinque stanze di un bianco accecante illuminate da fari potentissimi sono riempite da cinque alte frequenze di rumore bianco, e termina con il video Skeleton of Time dove una giovane danza in slow-motion. Il secondo artista è il giapponese Teppei Kaneuji (1978), che al centro della sua mostra pone le sette sculture in bronzo, vetro di murano, stampate 3D del suo Teenage Fan Club, ricoperte di corposi capelli e ibridi con riferimento ai perturbanti eroi dei manga giapponesi. Ai piani superiori le mostre sono dedicate alla poetica installazione di Gao Wigang, a quella divertente e fumettara di Nan Fang e al confronto tra Jin Yangping e Kai Schiemenz.

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