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Arte, tensione, evoluzione nel percorso creativo di Alessandro Biggio

Alessandro Biggio, ph. Barbara Pau
Un volume, per ripercorrere e ricostruire oltre dieci anni di ricerche visive, e Schiume, visitabile a Cagliari fino al 31 gennaio, con le creazioni più recenti di Alessandro Biggio, artista sardo sospeso tra Calasetta e il mondo, come parte della piattaforma ARS – Arte Condivisa in Sardegna

Nasce e cresce dalla terra preziosa dello studio naturale dell’isola di Sant’Antioco, e prosegue il suo sviluppo nel laboratorio artistico di Cagliari: da lì escono le opere di Alessandro Biggio ed è questo contesto, in cui i lavori prendono forma, a darne la sostanza profonda. Sono le materie, vive e insieme morte, di un lembo di esistenza che naufraga dolcemente in mezzo al mare a formare, sotto la sensibile manipolazione dell’autore, creazioni ed esperienze al centro del suo fare arte. Polvere, combuste ceneri di essenze naturali, evoluzione febbrile di frammenti vegetali, si impastano, semplicemente con acqua, e diventano scultura. La nuova vita che così emerge assume forme effimere, la cui instabilità, intrinseca, resta indimostrata. Le invenzioni plastiche, senza legante alcuno, si caricano di tensione, in vista di un disfacimento che non avviene, bloccando il circolo che riporterebbe polvere alla polvere.

Alessandro Biggio, schiume, 2021 – courtesy Alessandro Biggio

Sono queste le storie raccontate nelle pagine della monografia – edita con la casa editrice berlinese Distanz – dalle riprese fotografiche di Michael Höpfner e dai contributi critici di Heike Eipeldauer, conservatrice e curatrice al Mumok di Vienna, Lorenzo Giusti, curatore e direttore della GAMeC di Bergamo, David Komary, curatore e gallerista, Marta Papini, curatrice e organizzatrice artistica. Scrive nella prefazione Giacomo Spissu: «Dal libro emerge il legame dell’artista con le geografie che abita e in cui la maggior parte delle sue opere prende forma e restituisce da diverse prospettive l’importanza e il senso di questo legame, raramente esplicitato dall’artista eppure molto profondo. Per Biggio, infatti, parole come: distanza, lontananza, isolamento sono intese con l’accezione di occasione e opportunità in netta contrapposizione alla negativa connotazione di limite spesso attribuita a queste categorie per descrivere la condizione di insularità». Il volume ricostruisce l’esperienza di incontro, confronto, scambio ed evoluzione portata avanti dall’artista dal 2010 ad oggi: un percorso tracciato attraverso angosce da isolamento, distanze, lontananze e ricerca, opportunità, ponti relazionali. Da “Stanze”, a cura di Rita Pamela Ladogana, 2010, passando per “Lawn On Mars” a Prato, 2013, “Braccia” al MAN di Nuoro, 2013, “Nulla è perduto”, alla GAMeC di Bergamo, a cura di Anna Daneri e Lorenzo Giusti, 2021, fino ad “Appunti per una archeologia del futuro”, per Fondazione La Quadriennale di Roma, 2022, un itinerario che restituisce la complessità di un artista in grado di parlare il linguaggio dell’arte contemporanea.

Alessandro Biggio, Distanz

Ultimo esperimento di questo pluriennale volontà creativa è Schiume, 2021, in esposizione alla Fondazione di Sardegna dove l’allestimento, su progetto di Maurizio Bosa e realizzato da Artigianato & Design di Nuoro, rivela, con un ritmo crescendo quasi musicale, come nell’antro del re della montagna, le sculture dell’artista, quasi gioielli, fatti di polimeri inanimate, eppure vitali e in crescita. Scrive Lorenzo Giusti: «Alessandro Biggio ricorre, nella sua produzione artistica recente, ad un materiale per lui insolito – il poliuretano espanso – dando così vita alla serie Schiume. Erogato con un getto su vasche d’acqua, il poliuretano, soggetto a imprevedibili fluttuazioni, si trasforma a contatto con l’aria, sino a solidificarsi. Nonostante la loro composizione artificiale, le Schiume rimandano – nell’aspetto e nella conformazione – al mondo organico naturale. Esposte in verticale possono sembrare delle stalattiti. Formazioni di bava chimica trasformata – come specie di crisalidi – le Schiume dichiarano la propria intrinseca precarietà, la interpretano e la esprimono, percorrendo il confine labile tra rappresentazione ed estrazione. La tensione insita in questa serie è propria di tutto il lavoro di Biggio, in continuo movimento tra diverse polarità: globale e locale, indipendenza e controllo, tenuta e disfacimento, ordine e caos, naturale e artificiale».

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