Serata glamour quella di ieri sera, 30 gennaio, al Teatro Ivo Chiesa di Genova per la prima assoluta di “Fantozzi. Una tragedia” con la regia di Davide Livermore (in scena fino all’ 11 febbraio)
Il direttore del Teatro Nazionale di Genova ha voluto portare in scena l’universo di storie e personaggi creato da Paolo Villaggio, accogliendo il pubblico come nel suo stile, come se ci trovassimo a Cannes per il Festival del Cinema. Nel mezzo del foyer del teatro infatti brilla come una stella una macchina d’epoca, una Bianchina come quella di Fantozzi nei film di Luciano Salce, auto del 1962 considerata la cugina ricca della 500 con la quale condivideva la meccanica, ma non il prezzo. Inevitabile per gran parte del pubblico farsi fotografare vicino alla famosa berlina o approfittarne per farsi l’ennesimo selfie.
Teatro pieno per assistere finalmente alla piece tanto attesa con l’adattamento curato dallo stesso Livermore, dall’attore protagonista Gianni Fantoni con Andrea Porcheddu e Carlo Sciaccaluga. Spettacolo che, grazie al sostegno della Regione Liguria, è stata una “prima diffusa” in quanto ha coinvolto strutture sanitarie, Rsa, carceri e Rems di tutta la Liguria, permettendo a chi vive e lavora in queste realtà di vedere lo spettacolo attraverso un video prodotto per l’occasione.
La prima di Fantozzi. Una tragedia ha segnato anche la riapertura al pubblico, dopo qualche mese di chiusura, del Teatro Ivo Chiesa – interessato da una serie di lavori di efficientamento energetico e rinnovamento, sostenuti dal Comune di Genova e dalla Regione Liguria.
Sul palco nove attori: Gianni Fantoni (alias Fantozzi), Paolo Cresta, Cristiano Dessì, Lorenzo Fontana, Rossana Gay, Marcello Gravina, Simonetta Guarino, Ludovica Iannetti, Valentina Virando che fanno rivivere quanto visto nella saga di film dedicati a Fantozzi, quel filone di commedia italiana che ha regalato al mondo uno dei personaggi più amati e indimenticabili del cinema. L’adattamento teatrale è composto da quattro atti, più coro ed epilogo, e si basa sui primi tre libri che Paolo Villaggio ha dedicato al celebre ragioniere – Fantozzi (1971), Il secondo tragico Fantozzi (1974), Fantozzi contro tutti (1979). Tre libri con cui Villaggio è stato capace di creare un personaggio immortale, modellato sulle imperfezioni e le debolezze degli abitanti del Bel Paese. Con l’impiegato dai mutandoni ascellari e dal tragico spigato siberiano, ha attaccato ferocemente la piccola borghesia stregata, negli anni ’60 e ’80, dai dettami della cultura consumistica, ossessionata e allo stesso tempo intimorita dal potere. La maniera di Villaggio di far ridere è stata assolutamente atipica in quanto poggiava su un linguaggio assai innovativo, dominato da aggettivi iperbolici e switch lessicali che hanno consentito all’autore di stravolgere la semantica, di associare il significato di alcuni termini a condizioni o situazioni nuove, in una maniera sperimentale. Pensiamo infatti ad aggettivi come “orrendo”, “agghiacciante” e “mostruoso” che prima di lui non sono mai stati utilizzati in chiave comica.
Quello di Fantozzi è un contesto surreale attraversato da un nonsense continuo. Possiamo paragonare il suo personaggio ai molti “sfigati” dei cartoons, da Paperino a Gatto Silvestro fino al Coyote di Wile E. il Coyote (in Italia, Willy il Coyote). Nella predilezione per lo humour nero e nel gusto per il paradossale non si può non individuare influenze letterarie che vanno da Gogol a Kafka. Insomma il microcosmo fantozziano popolato da uffici dai nomi strampalati come “Ufficio sinistri” o “Ufficio impiegati murati vivi”, tragiche partite a calcetto “scapoli contro ammogliati”, gite in campeggio con urla disumane in seguito a un dito schiacciato, pechinesi serviti in un ristorante giapponese, fino a quel liberatorio “Per me, la corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca!” urlato a tutti (intellettuali e non), in fondo è un universo parallelo al nostro, a cui somiglia terribilmente.
Livermore ci ripropone questo mondo con le parole dei libri di Villaggio più qualche frammento da Sofocle e Shakespeare “con cui ci siamo divertiti a giocare” come ha affermato. La sua regia gioca su importanti effetti luci, attori che intepretano più ruoli (a parte Fantozzi, la Pina e la figlia Mariangela) e si muovono animatamente su un piano inclinato. Due ore e mezza (troppe) di spettacolo brillante dal ritmo incalzante, che comunque non aggiunge nulla ai fortunati film. Bravi tutti, soprattutto lui, Gianni Fantoni, perfetto nella capacità di ricostruirne la voce di Fantozzi, ma soprattutto abile nel raccogliere l’eredità artistica di Villaggio.
Non condivisibile la scelta del testo di calcare la mano sull’ignoranza e vecchiezza del pubblico teatrale. Siamo sicuri che sia proprio così?… Come troppo sarcastica e pessimistica la visione dell’epilogo che attribuisce al mondo di oggi una maggior sfiga di quella degli anni ’60 – ’70. Se i giovani di oggi sono ancora a casa coi genitori non è perchè sono degli sfigati, ma perchè lo stato attuale del mercato del lavoro, sempre più difficile e articolato, non consente loro una giusta collocazione (malgrado le quattro lauree), e questa sì che è la vera tragedia.
Lo spettacolo coprodotto dal Teatro Nazionale di Genova con Enfi Teatro, Nuovo Teatro Parioli e Geco Animation sarà in scena fino a domenica 11 febbraio: www.teatronazionalegenova.it