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Tra Prato e Firenze, aspetti inconsueti della cultura toscana

Prato, Piazza del Duomo all'inizio del Novecento. Da Detti e parole della Terra di Prato
Prato, Piazza del Duomo all’inizio del Novecento. Da Detti e parole della Terra di Prato

Fra percorsi storico-artistico-paesaggistici e tradizioni linguistiche, la Toscana “minore” raccontata da due volume pubblicati dalla fiorentina Sarnus. Alla (ri)scoperta di luoghi, memorie, leggende, modi di dire, piatti tipici, tra Firenze e Prato

Firenze è sicuramente una delle mete turistiche più ambite al mondo, e forse questo eccessivo affollamento può paradossalmente causare qualche problema. Comunque sia, esistono ancora angoli di quiete e di bellezza lontani dal caos del turismo di massa. Andrea e Fabrizio Petrioli, cultori di storia locale, hanno realizzato per la fiorentina Sarnus il volume I dintorni di Firenze alla sinistra dell’Arno, prosecuzione del precedente volume dedicato alla riva destra. Ben al di fuori dei sentieri turistici, si apre un paesaggio di colline e borghi antichi, costellati di chiese, castelli, conventi, circondati da ulivi e cipressi che adornano la campagna. Pur con le trasformazioni occorse nel Novecento, questo paesaggio è rimasto in larga parte immutato, offrendo al (raro) visitatore le sue ricchezze storiche e artistiche.

Il volume scorre piacevolmente come un album di cartoline illustrate, arricchito però da esaurienti e interessanti note sulle varie località e i toponimi; un itinerario che parte dalle ultime propaggini della città di Firenze, come Porta Romana, Porta San Giorgio, Porta San Frediano, e si inerpica lungo strade secondarie verso borghi “dimenticati”. Si scopre così Nave a Rovezzano (dove un tempo una barca permetteva di attraversare l’Arno), l’antichissimo borgo di Candeli che risale all’XI Secolo con la millenaria chiesa di Sant’Andrea, gli altrettanto antichi chiesa e monastero di Rosano, l’ottocentesco cimitero monumentale dell’Antella (cui lavorò anche l’architetto Giacomo Roster), la Villa Medicea di Lappeggi (abitata anche, nell’Ottocento, dal pittore ungherese Markò); un itinerario che, su varie direzioni, giunge sino alla Val di Pesa, al Chianti, a Signa e Malmantile, senxa dimenticare la Basilica di San Miniato e il suo cimitero.

Il cimitero di San Miniato, da I dintorni di Firenze alla sinistra dell’Arno

Non solo dati storici, però: nel testo si trovano anche le leggende legate a questo o quel luogo, a dimostrazione di come il territorio, in passato, fosse profondamente vissuto da chi lo abitava, e anche la tradizione orale contribuiva a mantenere vivo questo legame. Il volume in questione, appunto, non è soltanto un catalogo di immagini (molto bello l’apparato iconografico con cartoline e foto d’epoca) e dati storici, ma anche un’occasione per entrare negli aspetti più squisitamente antropologici e popolari (nel senso migliore del termine) di quel vasto contado fiorentino che ancora oggi è uno scrigno di arte e di storia.

Ma si entra nel carattere di un popolo, nella sua storia e nelle sue tradizioni, anche attraverso la conoscenza della lingua o del dialetto, che con le loro parole di antica origine, e modi di dire spesso nati da fatti e situazioni locali, racchiudono un modo di vivere e di intendere l’esistenza quotidiana. È il caso anche del dialetto pratese, a cui Giovanni Petracchi, cultore di storia e tradizioni locali, ha dedicato l’interessante Detti e parole della Terra di Prato. Fra paesaggi, monumenti e ricette (Sarnus, 2015), un volume nato da una lunga ricerca partita dalle fonti a stampa, e proseguita per strada, ascoltando parlare pratese nei luoghi più disparati della vita quotidiana, perché una lingua è un qualcosa di vivo, ogni parola, ma soprattutto ogni espressione idiomatica, è la testimonianza di una particolare e peculiare “filosofia di vita”, quando più arguta, quando più fatalista. Quella pratese è senza dubbio arguta, specchio di un popolo “traffichino”; come scrisse Curzio Malaparte, probabilmente il pratese più illustre del Novecento italiano.

In un momento di desolante declino della lingua italiana, in cui il vocabolario si uniforma e si impoverisce, oppure si “imbastardisce” di parole anglosassoni francamente inutili, ma utilizzate soltanto perché considerate “alla moda”, può forse essere utile riscoprire la varietà linguistica regionale, in questo caso il dialetto pratese. Il volume è arricchito da un piccolo ricettario di piatti tradizionali, e un apparato iconografico costituito da fotografie e cartoline risalenti alla prima metà del Novecento, immagini che restituiscono tutto il sapore di una civiltà ormai in gran parte purtroppo scomparsa, ma della quale è giusto e doveroso tramandare la memoria.

 

Andrea e Fabrizio Petrioli
I dintorni di Firenze alla sinistra dell’Arno
Sarnus 2023

Giovanni Petracchi
Detti e parole della Terra di Prato. Fra paesaggi, monumenti e ricette
Sarnus 2015

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