Ufficialmente in carica dal 1 gennaio 2024, succedendo alla lunga era firmata da Carolyn Christov-Bakargiev (dal 2016 a oggi – con un periodo di direzione ad interim dal 2009), Francesco Manacorda è il nuovo direttore del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli.
Già direttore della V-A-C Foundation, fondazione russa la cui base italiana è a Palazzo Zattere, a Venezia, (dal 2017 al 2022), direttore artistico della Tate Liverpool (dal 2012 al 2017) e direttore di Artissima (2010-2012), sono tante le sfide che si aprono a Rivoli per il prossimo futuro. «Fino dalla sua fondazione nel 1984, il Museo ha anticipato tendenze e sperimentazioni, che hanno permesso di comprendere e interpretare il mondo in continua evoluzione», ha affermato la Presidente del Museo, Francesca Lavazza, in conferenza.
Una linea che Manacorda promette di mantenere, come ci ha raccontato in questa intervista
Per prima cosa complimenti per la tua recente nomina e grazie per aver accettato questa intervista. Come interpreterai il ruolo di Direttore del Castello di Rivoli? In che modo ti relazionerai con il lavoro intrapreso dai tuoi predecessori?
Il Castello di Rivoli ha una storia prestigiosa costruita su un connubio unico: quello di un castello barocco interrotto, mai completato, e l’arte contemporanea a partire dagli anni 60. Per questo felice accostamento è molto amato in tutto il mondo. È mia intenzione fare in modo che sia amato anche in patria allo stesso modo e con la stessa intensità. Si tratta di usare questo ‘asset’ che io definisco ‘futuro nel passato’ per portare un pubblico più vasto alla comprensione dell’arte che permetta di sviluppare e incrementare la curiosità degli individui nei confronti della cultura contemporanea.
Nella presentazione alla stampa hai esaltato il ruolo dell’arte nei confronti della società civile. L’arte permette di leggere il mondo che ci circonda e di conseguenza ci aiuta ad abitarlo con maggiore consapevolezza. Come emergerà questo aspetto nel lavoro che intendi svolgere al Castello di Rivoli?
Gli artisti non vivono in un vacuum, al contrario sono dei sismografi di quello che accade intorno a noi. Si tratta di amplificare la loro capacità percettiva e visionaria che spesso anticipa il futuro o ci permette di porre domande o vedere aspetti del reale non facilmente ovvii. La programmazione sia di mostre che di public program e attività collaterali mirerà a rendere chiaro questo potenziale che l’arte ha racchiuso in sé e per il quale il museo ha il dovere di facilitarne l’accesso al pubblico.
Il Castello di Rivoli ha sempre avuto una forte vocazione internazionale, anche se forse è stata esaltata maggiormente negli anni passati che non di recente (penso ad esempio alle mitiche mostre curate da Jeffrey Deitch sul post human e “Form Follows Fiction” negli anni novanta e duemila). In che modo interpreterai la vocazione internazionale del Castello di Rivoli?
Lavorando con colleghi che hanno una visione e posizione etica e culturale simile. Si tratta di creare un network che permetta di tradurre lo scambio tra istituzioni in scambi tra civiltà e pubblici. Solo in questo modo la vocazione internazionale si radica nel tessuto culturale del territorio in cui il Castello sorge.
Puoi anticipare qualcosa della prossima programmazione per quanto riguarda le mostre temporanee previste per il 2024?
Avremo una prima stagione dedicata al documento e alla riflessione su rappresentazione e memoria grazie alle mostre di Rossella Biscotti, Paolo Pellion e ad “Expanded” che ripercorre il percorso concettuale del mezzo fotografico nell’arte contemporanea. In autunno ci sarà un focus sul rapporto natura e cultura, dapprima con la presentazione di una grande donazione di Gabriel Orozco e poi con la mostra “Mutual Aid” che guarda alla collaborazione tra umano e non umano.
Un altro aspetto importante del Castello di Rivoli è senz’altro la collezione permanente. A tuo parere, come può essere ulteriormente valorizzata?
Assolutamente, intendo trovare una modalità in cui la collezione diventi simile a una mostra in continua evoluzione e perfezionamento, quasi un organismo vivente che cresce, in un modo visibile al pubblico, e si trasforma regolarmente ogni sei mesi.
Punterai anche sugli aspetti di formazione, con il Dipartimento di Educazione del Castello di Rivoli?
L’educazione per me è un punto centrale del lavoro museale. Ci tengo a sperimentare con i colleghi del dipartimento per continuare la tradizione di ‘pedagogia radicale’ che ha sempre contraddistinto il Castello di Rivoli. Al momento stiamo lavorando a una review di tutte le attività per vedere come potenziarle e ampliarle.