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Pompeo Batoni a Bologna: in arrivo dal Thyssen-Bornemisza di Madrid un grande dipinto settecentesco

Pompeo Batoni (Lucca, 1708 - Roma, 1787) Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino, 1785 Olio su tela, cm 99 x 74 Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid, inv. n. 32 (1977.28)
Pompeo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787) Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino, 1785. Olio su tela, cm 99 x 74. Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

Grande protagonista della pittura europea del Settecento, Pompeo Girolamo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787) arriva per la prima volta a Bologna. Al Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini è in mostra, dal 16 febbraio al 7 aprile 2024, il Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino, proveniente dal Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid.

Nell’Europa del XVIII Pompeo Batoni era uno dei ritrattisti più ricercati per via del suo stile innovativo e originale. Un’ascesa anticipata da un’infanzia e un’adolescenza da predestinato: il padre, orafo, gli insegna a disegnare fin da piccolo; gli artisti Domenico Brugieri e Giovan Domenico Lombarda lo formano nella pittura; nel 1727, all’età di diciannove anni, lascia la sua città natale e si trasferisce a Roma per completare gli studi; qui un giovane Antonio Canova lo loda per il “disegnare tenero, grandioso”.

Un’altra definizione, quella data dal suo primo biografo Onofrio Boni (1787), parla di Batoni come di uno “fatto Pittore dalla Natura”, sottolineando la sua attitudine allo studio del “vero” e sulla selezione degli aspetti migliori presenti in natura, attraverso il quale perveniva a un ideale di bellezza armonica, spontanea, amabile. Inizialmente, Batoni indirizza tale capacità verso la pittura di soggetto storico, sia mitologico che sacro. Una delle sue prime commissioni a Roma, non a caso, è una pala d’altare raffigurante la Vergine con il Bambino e quattro santi per la chiesa di San Gregorio al Celio.

Ma l’intuizione che lo farà passare alla storia, come detto, riguarda la ritrattistica. E in particolare il mercato della ritrattistica, che in questo caso va direttamente a influenzarne il contenuto artistico. Per rispondere alle esigenze della clientela internazionale, che arrivava a Roma per compiere il celebre Grand Tour, a partire dalla metà del secolo Batoni si fa ideatore di una nuova tipologia ritrattistica – il ritratto/souvenir – in cui il personaggio viene presentato in posa elegante, ma disinvolta, accanto a monumenti e reperti antichi.

Una rappresentazione utile a comprovare l’avvenuto compimento dell’esperienza del viaggio di formazione, divenuto prassi irrinunciabile per una classe sociale destinata ad assumere, una volta rientrata in patria, incarichi politici e diplomatici consoni al proprio status. Inoltre, la raffigurazione del soggetto circondato dalle rovine classiche era intesa non solo ad offrire un resoconto dei viaggi compiuti, ma anche a riflettere ricercati interessi artistici.

Il successo così ottenuto gli consente poi di concentrarsi anche sulla ritrattistica classica. Ne è un esempio il Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino – firmato sul bordo del tavolo e datato 1785 – che appartiene alla tarda produzione del pittore e ne incarna a pieno l’ideale di grazia e delicata eleganza espressa nella resa delle figure femminili. Il catalogo generale dei dipinti del Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, che presta l’opera al Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, lo descrive così:

Batoni raffigura la contessa seduta in un interno buio. Gli unici riferimenti classici sono gli oggetti, come il tavolo con un cuscino rosso sopra e la tazza in equilibrio sul bordo vicino. L’immagine è molto accattivante per la gamma di colori contrastanti utilizzati per l’abito della contessa, dipinto in un vivace blu con una delicata gamma di toni argentati. La contessa è raffigurata con occhi vivaci e brillanti, un abito scollato e un’acconciatura elaborata e sofisticata. I capelli alti e abbondanti sono decorati con perle, un ornamento blu in tinta con l’abito e un piccolo mazzo di rose. La posa, l’ambientazione e l’acconciatura sono state paragonate a quelle di un altro ritratto tardo di Batoni della marchesa Barbara Durazzo Brignole del 1786″.

Il gesto della protagonista, nello specifico, sembrerebbe alludere all’episodio narrato da Plinio il Vecchio, in cui Cleopatra, dopo avere scommesso con Marco Antonio di essere in grado di offrirgli un banchetto sontuoso spendendo un milione di sesterzi, avrebbe preso la perla di inestimabile valore di un proprio orecchino e l’avrebbe sciolta nell’aceto, bevendo poi la miscela. Come la seduttiva regina dell’Egitto, la contessa è infatti colta nell’atto di sospendere una grossa perla sopra una coppa, dimostrando così un’aristocratica indifferenza nei confronti dell’aspetto venale del lusso.

L’esposizione del dipinto, a cura di Mark Gregory D’Apuzzo e Ilaria Negretti, si inserisce nell’ambito della rassegna Ospiti promossa fin dal 1996 dai Musei Civici d’Arte Antica di Bologna come attività di valorizzazione del patrimonio e sviluppo delle relazioni scientifiche con istituzioni museali italiane e internazionali, attraverso lo scambio di opere attivato in occasione di prestiti per esposizioni temporanee. Il dipinto di Pompeo Batoni giunge infatti a Bologna a ricambiare la visita dell’opera Giuditta con la testa di Oloferne di Lavinia Fontana (Bologna, 1552 – Roma 1614), prestata dai Musei Civici d’Arte Antica di Bologna per la mostra Maestras organizzata dal Museo Nacional Thyssen-Bornemisza dal 31 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024.

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