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Bona de Mandiargues e il suo “altro mondo” al Museo Nivola

Bona de Mandiargues, S.T. (Radice), 1953, olio su tela, cm 16 x 22 © Sibylle de Mandiargues. Foto Andrea Mignogna
A Orani la regale storia di Bona de Mandiargues è presentata attraverso “Rifare il mondo”, retrospettiva – a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri, Caterina Ghisu – che ricostruisce vita e immaginario straordinario dell’artista e scrittrice surrealista, prorogata fino al 3 marzo

Oltre 70 creazioni tracciano un affascinante indizio per indovinare la complessa e maestosa potenza di Bona de Mandiargues e l’opera di una delle protagoniste del surrealismo nella seconda metà del ‘900. Una storia che inizia con un autoritratto e termina con un autoritratto: in mezzo ad essi una serie di immagini raccontano e riflettono la figura metafisica della pittrice che – in un lento ed eterno movimento – è in grado di rubare l’anima e la fede di molti con la sua onirica creatività.

Il capitolo iniziale di questo percorso, la prima metà degli anni ‘50, è popolato da minute creature oniriche e presenze femminili immerse in terre desolate, mondi aridi e trasognanti, paesaggi taglienti e antropomorfi, fulmini e magmatiche visioni. Con la fine del decennio «l’artista comincia a manipolare terre, sabbia, polveri, stucco, stendendoli per lo più con la spatola, incidendoli col manico del pennello. La materia spessa, ruvida, e granulosa, rigata e spaccata da crepe e fenditure, diventa protagonista» e queste sostanze vengo elette centro delle composizioni. La pittrice realizza passaggi astratti, campiture, vortici e labirinti di colore segnate da rilievi, grumi e stesure pulviscolari, arricchite dalle preziose presenze, cromatiche e fisiche, di oro, argento, frammenti lignei. La pittura così scoperta ed esplorata apre a nuovi materiali e si evolve: «Nel 1958, mentre strappa un vecchio abito del marito per farne degli stracci, Bona rimane colpita dall’armatura del tessuto, un’imbottitura di stoffa bianca, quel che in francese si chiama l’âme, l’anima. All’episodio l’artista fa risalire l’origine delle composizioni di stoffe strappate, cucite e applicate su tela che da allora in poi diventeranno il suo mezzo di espressione favorito. […] In seguito il materiale, ora proveniente da stoffe di recupero, si fa più frammentato e l’andamento zigzagante, a tratti convulso, delle cuciture eseguite con una vecchia macchina a pedale contribuisce a dettare il ritmo della composizione. Inizialmente semi-astratte, le immagini divengono col tempo più chiaramente definite, fino a includere anche ritratti, e al tempo stesso assumono un carattere sempre più visionario». I meravigliosi assemblage di materiale tessile, che vengono così composti con le anime strappate, sono intensi frammenti di narrazione, trappole tese a chiunque ci voglia cadere, animati da figure misteriose e titoli intriganti. Intermezzo di ricerca per l’artista è la breve stagione degli acrilici psichedelici della seconda metà degli anni ‘60, ricchi e luccicanti arcobaleni di finissimo colore che la pittura porta ovunque sulle tele.

Bona de Mandiargues. Rifare il Mondo. Museo Nivola, Orani. Foto Andrea Mignogna

Il successivo decennio vede il ritorno alla metafisica tra realtà stranianti e immagini oniriche alimentate da occulto, eros e magia, mondi eccentrici dove tutti i peccatori sono santi, come testa è croce. In questi universi perturbanti ciò che lascia perplessi è la natura del gioco compositivo che lega razionale e irrazionale in una splendida festa sospesa. Da questa dimensione surreale è evocato da Bona il suo spirito guida: la lumaca. Questo allucinante «animale lunare e lunatico» unisce femminile e maschile, solidità e forma indefinita, casa e universo, comparendo costantemente nelle opere della pittrice dagli anni ‘80 e diventando rappresentazione di lei stessa. La riflessione sull’io, testimoniato dai tanti autoritratti esposti, è la tematica sovrana negli anni ‘90.
Rifare il mondo ricostruisce la singolare e avvincente vicenda di una complessa e multiforme protagonista del secondo ‘900: «Siamo orgogliosi – afferma il direttore Luca Cheri – che la riscoperta di Bona de Mandiargues parta dal Museo Nivola. Il successo dell’esposizione dimostra quanto l’opera di Bona sia ancora oggi capace di sorprendere e affascinare. La mostra è un vero e proprio viaggio inaspettato in un universo creativo che lascia le visitatrici e i visitatori meravigliati per la sua originalità e la sua potenza» restituendo lo spazio meritato ad una splendida regina del surrealismo.

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