Francesco Poli ci fornisce una chiave di lettura inedita per decriptare il dispositivo ironico nell’arte moderna e contemporanea, mettendo in evidenza la carica distruttiva e innovatrice di questa affascinante e sfuggente modalità espressiva.
Cogliere la componente ironica nelle opere d’arte visiva sembra un gioco scontato. La storia abbonda di artisti che hanno usato questo ingrediente con palesi intenti satirici, grotteschi, paradossali o in modo clamorosamente provocatorio, per giungere talvolta a una banalizzazione del suo ruolo sovversivo.
Volendo andare più a fondo, però, esiste una modalità più sottile, complessa e concettuale che opera sul piano della forma prima ancora che su quello dei significati più immediatamente decifrabili. Dove meno ce lo aspettiamo possono nascondersi trame sotterranee che richiedono un secondo sguardo, perché l’ironia è spesso intessuta fra le maglie dell’opera che abbiamo davanti quando non è addirittura radicata nell’attitudine dell’artista. Scopriamo, poi, che anche in quegli autori in cui la provocazione sembra più esplicita e finanche gridata, come Cattelan o Koons, comprenderne tutte le sfumature e le ragioni è un’operazione che richiede dei distinguo. Dal sovvertimento dei canoni accademici compiuto dagli impressionisti, attraverso gli esiti conturbanti del Surrealismo, fino alle indebite appropriazioni postmoderne, Francesco Poli riconosce all’ironia dignità accademica e accetta la sfida di mostrare come questa assuma una funzione cruciale nelle diverse tappe delle avanguardie e dell’arte contemporanea. Ma, ancora più importante, fornisce la chiave di lettura per decriptare il dispositivo ironico, affinché possa sprigionare tutta la sua carica distruttiva e innovatrice.