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Il Toro di Nimrud risorge: la cultura vince sul terrore. Italia e Iraq, un’amicizia intercontinentale

Toro di Nimrud
Nimrud

«La storia non si distrugge o cancella, ma si studia e preserva per le generazioni successive» queste le parole del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano in occasione della restituzione del «Toro di Nimrud» al popolo iracheno. Il capolavoro dell’arte assira distrutto dalla furia iconoclasta del regime terroristico dell’Isis, raffigurava un lamassu, un toro androcefalo alato (ovvero con testa umana barbuta e corpo di toro) che proteggeva il palazzo di Ashurnasirpal nel IX secolo a.C. Questi colossi, figure imponenti alte oltre 5 metri, posti a guardia dei palazzi assiri, rappresentavano la forza e la potenza del re, ma anche la protezione divina. Nel marzo del 2015, il mondo assistette con orrore a un crimine contro l’umanità. Il sito archeologico di Nimrud, in Iraq, fu devastato dai miliziani dell’ISIS, che con bulldozer e esplosivi cancellarono millenni di storia e cultura. È stata l’Italia, mossa dal connaturato senso di tutela del patrimonio culturale e dall’amicizia che da sempre la lega all’Iraq, a rendere nuovamente fruibile quest’eredità. Un gioco di squadra che vede protagonisti l’Associazione Incontro di Civiltà, la Fondazione Terzo Pilastro Italia e Mediterraneo.

Nimrud

I restauratori, guidati da Nicola Salvioli, partendo dall’osservazione di fotografie e disegni preliminari alla realizzazione di un modello computerizzato tridimensionale, hanno riprodotto l’opera in scala 1:1. L’opera è stata realizzata nel quadro della mostra «Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira»a coronamento della quale il toro è approdato alla sede UNESCO di Parigi, incarnando l’azione #United4Heritage, prima di fare «ritorno a casa» a Bassora. Martedì 6 febbraio 2024 l’ambasciatore italiano in Iraq Maurizio Greganti ha inaugurato presso il Museo di Bassora la targa in ricordo della donazione dell’Italia al governo iracheno. I primi contatti tra le due civiltà risalgono all’Impero Romano e in particolare alle relazioni commerciali intrattenute con la Mesopotamia. Nel Medioevo, mercanti e viaggiatori italiani percorrevano le rotte commerciali che attraversavano l’Iraq, contribuendo allo scambio di culture e merci. Sino ad arrivare a tempi più recenti, quando l’Italia ha sostenuto l’Iraq nella ricostruzione post-bellica, fornendo aiuti umanitari e assistenza tecnica. Uniti da valori comuni come la tolleranza, il rispetto e la ricerca della pace, i due Paesi contribuiscono a rafforzare la stabilità e la sicurezza nella regione mediterranea e mediorientale.

Un’amicizia intercontinentale quella che lega i due territori, fondata su valori radicati nella loro storia, nell’eredità di un patrimonio culturale inestimabile. La conclusione dell’odissea di quest’opera è simbolo di una vittoria su un regime guerrigliero, atto a eliminare ogni traccia del passato scomoda ai propri intenti. Un terrorismo la cui unica volontà era impoverire, sviscerare e dilaniare l’anima di un popolo forte e consapevole della propria identità. Quella collettiva, frutto di una memoria storica, in grado di stimolare pensiero libero e scetticismo. Quelle azioni efferate e censorie, il cui obiettivo era creare terrore e smarrimento, hanno snaturato un popolo, conducendolo alla ricerca di un «ènnoia» (senso), di una bussola, di una morale che avrebbero imposto i prevaricatori. Se è vero che la storia la scrivono i vincitori, con il riposizionamento del toro a palazzo, ha vinto il popolo iracheno.

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