Una ventina di opere di Regine Schumann alla Dep Art Gallery, a Milano, ripercorre l’evoluzione della recente produzione dell’artista fino all’ultima serie “Corners”, in cui, «grazie all’introduzione di nuovi piani visivi, Schumann sperimenta una maggiore complessità dinamica tra materia, luce e spettatore», ha spiegato la galleria. La mostra, intitolata “Iris”, è a cura di Alberto Mattia Martini e rimarrà aperta al pubblico fino al 6 luglio 2024.
«Nella mitologia greca, Iris è la messaggera degli dèi e personificazione dell’arcobaleno, considerato un ponte tra cielo e terra che unisce mondi diversi. Questo simbolismo si lega intimamente al lavoro di Regine Schumann (1961, Goslar, Germania), le cui opere creano una connessione profonda tra il materiale, il plexiglass, e l’immateriale, ovvero la luce. Il titolo “Iris” risuona in perfetta sintonia con il lavoro dell’artista, evidenziandone l’indagine meticolosa ed approfondita del rapporto tra luce e colore», ha proseguito Dep Art.
Come ha affermato il curatore Alberto Mattina Martini nelle parole ricordate dalla galleria, «nelle opere di Regine Schumann il colore e la luce divengono un tutt’uno, arrivando a trascendere il reale e immergendo l’occhio dello spettatore in una dimensione atemporale, senza limiti di confini per lo sguardo. La nuova produzione di opere dell’artista approfondisce un dialogo costante tra l’irradiazione cromatica del colore e l’iride (Iris) di chi osserva, offrendo un’esperienza visiva unica, intrisa di mistero e fascinazione.
La corrispondenza continua tra luce artificiale e naturale, ombra, colore e spazio, si trasfigura in una composizione artistica dinamica, in un perenne mutare che sembra indurre la superficie cromatica a vibrare e a prendere vita.
Esplorando il potenziale emotivo e simbolico del colore e la capacità della luce di plasmare la percezione, Regine Schumann, ha dato forma ad alcune nuove opere con uno o più angoli smussati, che ci riconducono ai grandi rettangoli di Mark Rothko, dove la pittura sembra evaporarne i contorni, dando vita anche nel caso dell’artista tedesca a opere che si distinguono per la loro intensità visiva e la profondità concettuale.
Le lastre di plexiglass creano velature di pigmento monocromatico dalle quali emerge, come in una epifania, la luce che, forgiando superfici d’energia, pervade ed interagisce con lo spazio che le accoglie».
Regine Schmann ci ha raccontato le novità nella sua ricerca e il percorso espositivo nell’intervista qui sotto.
“Iris” è la tua terza mostra personale negli spazi di Dep Art Gallery. Come è nata la vostra collaborazione?
Regine Schumann: «La nostra collaborazione è nata dopo l’inaugurazione della Bocconi Art Gallery (BAG Bocconi) nel 2018, dove erano esposte alcune mie opere. Io ero stata coinvolta in questo progetto dal Dottor Buganza che mi ha poi accompagnata in giro per Milano alla scoperta di alcune gallerie. In quell’occasione ho conosciuto Antonio Addamiano, fondatore e direttore di Dep Art, e mi sono completamente innamorata del suo modo di lavorare, del programma e dello spazio della galleria.
Allo stesso tempo, lui ha avuto modo di conoscere meglio il mio lavoro e i progetti che negli anni avevo realizzato. Da quell’incontro è stato subito chiaro che ci sarebbe stata un’ottima probabilità di lavorare insieme. Sono passati tanti anni da allora».
Che tipo di percorso di ricerca si delinea attraverso le tre mostre che avete realizzato insieme?
RS: «Dalle prime due mostre e cataloghi curati da Alberto Zanchetta a “IRIS”, la base fondamentale del mio lavoro – il sottoporre, cioè – le mie opere a fonti di luce artificiale, naturale o blacklight – è rimasta sempre costante. Ciò che è, invece, in continuo divenire sono la ricerca e la sperimentazione sui materiali. A cambiare, inoltre, e a svilupparsi sono anche le forme delle opere. Le nuove opere sono diversissime da quelle viste nelle mostre precedenti: le superfici sono molto più delicate e sensibili e sono in grado di generare una reazione nell’ambiente circostante».
Il percorso espositivo è costituito da circa venti opere che rappresentano «l’evoluzione della tua recente produzione artistica fino all’ultima serie Corner». Quali sono le principali caratteristiche di questa fase della tua ricerca?
RS: «La serie Corner nasce da un incidente. Un’opera che doveva essere spedita a Los Angeles è caduta e un angolo si è danneggiata. Ero invasa da una tristezza che mi ha completamente bloccata nel mio lavoro, perché io ero totalmente innamorata di quell’opera. Da quel momento ho però iniziato a riflettere e a interrogarmi sul senso e sulle dimensioni degli angoli. In questa serie i magnifici effetti, trasparenze e ombre sono visibili sia con la luce diurna che con la blacklight.
La principale caratteristica delle serie Corner è basata sulla comprensione del fatto che perdere qualcosa in un’opera, non significhi necessariamente perdere e basta. Perdere crea la possibilità di creare qualcosa di nuovo, in questo caso, dando vita a un dettaglio che diventa un elemento fondamentale e porta allo sviluppo del mio lavoro in un’altra maniera. Mi è piaciuto tantissimo raggiungere questa consapevolezza attraverso questo incidente. Da una perdita ho creato un punto di svolta nel mio lavoro. Ho reso una perdita qualcosa di unico».
Puoi indicarci un paio di opere in mostra a cui prestare particolare attenzione per osservare la «maggiore complessità dinamica tra materia, luce e spettatore» di cui si parla nel cominciato stampa?
RS: «Ne posso dire quattro? Colormirror glow after rainbow grooves green milan (2024), Colormirror rainbow grooves red yellow milan (2023), Colormirror rainbow grooves green orange milan (2023) e Colormirror innerlight orange grooves mieres fluorescent (2023). Sono tutte opere che fanno parte della serie Rainbow, serie in cui materia, spettatore e luce mutano e divengono insieme. La superficie di questi lavori è marcata da righe sottilissime e riflette l’immagine di chi li osserva come se fosse un ologramma. La luce e il colore cambiano rispetto a quello che viene riflesso sull’opera materica. È tutta solo un’illusione ottica, è questo quello che mi piace da morire».
Dove possiamo trovare i tuoi lavori esposti in questo periodo e a quali progetti futuri stai lavorando?
RS: «In questo momento l’unica mostra in corso è “IRIS” da Dep Art. A fine aprile inaugurerà una mostra in Belgio nella galleria Axel Pairon. Stiamo anche organizzando un progetto in Turchia che si svolgerà tra ad Istambul e Bodrum.
A settembre si svolgerà il quarto solo show a Madrid nella galleria Rafael Perez Hernando, con la quale ho appena terminato una mostra personale ad ARCO.
Sto iniziando, inoltre, a produrre le opere per una mostra che si terrà ad ottobre tra Tokyo e a Kyoto, con la mia galleria giapponese Taguchi Fine Art. Taguchi Fine Art in collaborazione con Dep Art Gallery parteciperà anche alla fiera di Kyoto “Art Collaboration” con un mio solo show a fine novembre».