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Il piacere proibito di Pietro Giannone. Il testo cifrato in mostra a Modena è un poema libertino

Foto Ansa foto © Elisabetta Baracchi
Foto Ansa foto © Elisabetta Baracchi

In un’epoca frigida e proibitiva, pullulante di tabù a scapito delle libertà, il testo cifrato di Pietro Giannone (Ischitella, 7 maggio 1676 – Torino, 17 marzo 1748) è un atto rivoluzionario. Fu saggista, storico, giurista e pubblicista, nonché esponente di spicco dell’Illuminismo italiano. Dopo l’arresto a Modena nel febbraio 1821, con l’accusa di essere l’autore dell’inno patriottico dei carbonari, fu esiliato in Francia e Inghilterra. Quest’esperienza fu musa ispiratrice per il patriota in esilio, facendolo approdare al compimento della sua opera più nota, L’esule (1829), in cui racconta le vicende e le passioni di un uomo semplice che fa ritorno a casa spinto dalla nostalgia dell’amata e dalla fame di vendetta contro un traditore. Due pulsioni contraddittorie, amore e odio, ma sintomo di un’umanità viscerale.

É il motivo per il quale nonostante la personalità divisiva di Giannone, simpatizzare con la sua storia è naturale. É capace di dare in pasto alla fantasia e al sentimentalismo passioni comuni, che in virtù della loro familiarità spingono ciascuno a immedesimarsi. Come accade leggendo questo misterioso lavoro, appena disvelato, frutto di pulsioni animalesche e carnali connaturate a tutti gli esseri viventi. Non stupisce che il piccolo manoscritto criptato, attraverso un codice di numeri e simboli incomprensibili, sia rimasto inviolato per quasi centocinquant’anni. L’idea iniziale, probabile attenuante avanzata a seguito dei ripetuti tentativi fallimentari nell’impresa di decodificazione, era che dietro al misterioso testo si nascondessero segreti storici riguardanti la Carboneria (società segreta nell’Italia meridionale della prima metà del 19° secolo, sorta come scisma interno alla massoneria). Una J’accuse fondata sulla condotta di partecipazione all’associazione massonica della Carboneria. Convinzione radicata sino al 2014, quando Paolo Bonaglia, docente di matematica risoluto, riuscì nell’impresa titanica, rivelando qualcosa di ben più inoffensivo. Un poema erotico-libertino fortemente licenzioso, protagonista della mostra «Enigma proibito. Segreti ed erotismo nel poema criptato di Pietro Giannone» allestita al Museo Civico di Modena e visitabile dal 10 febbraio al 23 giugno 2024.

L’anteprima si è svolta venerdì 9 febbraio, alla presenza di Andrea Bortolamasi, assessore alla Cultura del Comune di Modena; Francesca Piccinini, direttrice del Museo Civico; i curatori Stefano Bulgarelli e Cristina Stefani. La mostra è promossa dal Civico, proprietario della raccolta contenente il testo, e da FestivalFilosofia. Un percorso nel mondo mistico della crittografia e della scrittura segreta che racconta la figura di Pietro Giannone e l’avventura che ha portato alla decifrazione del codice. Due i livelli di fruizione: uno adatto al solo pubblico adulto e un’altro interattivo per bambini (minori di 16 anni). Lo scopo è quello di intrattenere, coinvolgendo il pubblico con video e postazioni multimediali, incentivandolo a passare da mero fruitore a user, sperimentando attivamente il linguaggio cifrato dopo un primo momento informativo sulle «regole del gioco». Il pubblico over 16 potrà accedere a una stanza segreta per leggere i versi del poema, mentre ai più piccoli è riservata una stanza ad hoc, «vietata agli adulti».

Nati con la scrittura, i codici segreti si configurano come sistemi di segni capaci di nascondere a occhi indiscreti un importante messaggio e rivelarlo solo ai destinatari. Dall’antichità ai giorni nostri, la crittografia ha intrecciato la sua storia con quella dell’umanità, tessendo un fil rouge di segretezza attraverso le epoche. Dai messaggi di guerra di Giulio Cesare alle trame segrete di Lucrezia Borgia. Già ai tempi delle guerre galliche, Cesare utilizzava la crittografia per comunicare con Cicerone, celando i piani di battaglia agli occhi nemici. Secoli dopo, la stessa arte venne impiegata da figure come Lucrezia Borgia e Maria Stuarda per proteggere gli intrighi di corte. E poi dallo scacchiere geopolitico del secondo conflitto mondiale all’era digitale. Il codice Enigma, utilizzato dai nazisti, cambiò le sorti del conflitto. Oggi, nell’era digitale, la crittografia è divenuta una componente fondamentale della sicurezza informatica. Anacronistico, ma più che mai attuale dunque, Pietro Giannone orchestra un gioco di parole trasgressive e oscene. Un divertimento segreto, dove il significato recondito si svela solo agli «iniziati». Un atto di ribellione, una sfida all’ordine costituito. Le parole proibite si nascondono sotto mentite spoglie, sfuggendo alla censura e al giudizio. Il codice non è solo un gioco, ma un atto di autonomia intellettuale che rivendica l’importanza della libertà di espressione contro chi vorrebbe tarparci le ali.

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