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Il salto di qualità di Art Paris

Jane Graverol (1905-1984), L’esprit saint, 1950, Courtesy of Galerie Retelet (+100.000 euro)

Domenica 7 aprile si è conclusa la ventiseiesima edizione di Art Paris, l’ultima fiera d’arte andata in scena al Grand Palais Éphémère di Parigi: facciamo il punto.

Ora più che mai Parigi vibra di un’atmosfera artistica febbrile. L’eccezionale programma espositivo promosso dalle Fondazioni private e dai Musei, le recenti aperture di nuove sedi da parte di prestigiose gallerie internazionali e i successi delle aste sono sintomo di un progressivo consolidamento della Capitale come centro di eccellenza europeo E l’edizione numero ventisei di Art Paris ha rappresentato un esempio tangibile di questa tendenza. Una selezione di espositori sempre più raffinata e sempre più esigente, fortissima la presenza femminile, la pittura si erge ancora come medium predominante ma la fiera non trascura la ceramica e il tessile, contrassegnati da prezzi ancora accessibili.

Ma andiamo per gradi. Le gallerie selezionate sono state 136, provenienti da 25 Paesi. Tra di esse, circa quindici erano presenti alla Fiera Paris+ di Art Basel lo scorso autunno, mentre 42 sono le nuove aggiunte rispetto al 2023. Tra le principali novità di questa edizione c’è la primissima partecipazione di diverse gallerie europee blue-chip come Esther Schipper e Peter Kilchmann, entrambe con sede a Parigi, e Richard Saltoun (Londra, Roma, New York). Non mancano i fedelissimi della fiera sin dalle prime edizioni come i galleristi di casa Nathalie Obadia e Daniel Templon, mentre Perrotin, che ha iniziato a sostenere l’evento nel 2020, continua ad essere presente insieme a Continua e Loevenbruck. Ci aspettavamo una compagine significativa di opere di matrice surrealista nella sezione di Moderno, che rappresentano il 20% della fiera, data la celebrazione del suo centenario quest’anno. Tuttavia, la selezione è stata eterogenea e ben ponderata. Spicca l’allestimento della Galerie Zlowtowski, un percorso (finalmente) dinamico attraverso una meravigliosa selezione di ritratti su carta e placche di zinco dell’artista belga Stéphane Mandelbaum. Accanto a queste una vasta scelta di opere di Pierrette Bloch, la cui presenza è stata notevole anche al Salon du Dessin di quest’anno. Mentre Galerie Retelet di Montecarlo propone un focus sul movimento surrealista, campo in cui si specializza, con alcuni nomi già esposti poche settimane fa al TEFAF. Tra questi non possiamo non citare le opere museali della pittrice di Ixelles Jane Graverol (1905-1984) che realizza immaginari onirici ma, in maniera originale rispetto ai colleghi uomini, pone al centro delle sue composizioni una figura femminile fiera e decisa. Il loro valore supera i 100.000 euro. Sempre in questa categoria spicca l’allestimento di Helene Bailly Gallery, probabilmente il migliore di tutta la fiera.

Magdalena Abakanowicz, Relief sombre de Stefa (Dark relief of Stefa), 1975, Tessile (+100.000 euro)

La fiera si è articolata su due percorsi tematici distinti. Da un lato, “Fragili Utopie” esplora la scena artistica francese sotto la guida del direttore generale dell’Istituto Nazionale di Storia dell’Arte, Éric de Chassey. Questo percorso, estremamente attuale, mira a evidenziare (e ricordare) che le arti visive vanno oltre la mera funzione decorativa e rappresentativa, offrendo modelli per la percezione e la comprensione collettiva, contribuendo così alla costruzione di mondi alternativi, diversi, utopici. E in un contesto di forte tensione geopolitica, emerge la necessità non solo di un’arte generatrice di critica e pensiero, ma anche di un rifugio immaginario nel quale trovare conforto. Tuttavia, la selezione dei 21 artisti appare eccessivamente strategica e a tratti discordante con il contenuto curatoriale. Protagonista indiscussa è l’artista ungherese Vera Molnár, alla quale il curatore ha voluto dedicare un’attenzione particolare, vista la scomparsa avvenuta pochissimi mesi fa. Viaggia in parallelo, senza passare inosservata, la massiccia retrospettiva sull’artista presso il Centre Pompidou, visitabile fino al 24 agosto. Allo stesso modo, nella categoria “solo show”, la Galerie Jacques Bailly presenta una monografica dedicata ad André Masson, celebrando così la mostra inaugurale della galleria che ebbe luogo nel 1973. Proporre una mostra monografica all’interno di una fiera comporta sempre un rischio, in quanto la limitata selezione potrebbe causare una sensazione di monotonia e ripetitività. Ma la scelta non è casuale specialmente considerando che Masson è al centro di una retrospettiva presso il Pompidou di Metz. Un caso fortuito? Assolutamente no. Apprezzabile però è stata l’intenzione di de Chassey di lasciare lo spazio dovuto ad «artisti più giovani o meno visibili». Tra questi vale la pena segnalare Assan Smati, classe 1979 (Nosbaum Reding) e Raphaël Zarka, classe 1977 (Galerie Mitterand).

Vera Molnar, Aucommencementétait le carré, 1973, courtesy of Galerie 8+4 (20.000-30.000 euro)

Arts&Crafts, il secondo percorso tematico a cura del critico d’arte e curatore indipendente Nicolas Trembley si ispira al movimento pionieristico Arts and Crafts nato in Gran Bretagna alla fine del XIX secolo. L’integrazione dell’artigianato nella creazione artistica contemporanea è una pratica sempre più diffusa, favorita anche dal crescente interesse del mercato globale verso pratiche e gruppi minoritari, che fanno delle tradizioni artigianali la loro prima produzione. Il percorso curatoriale si presenta più solido, con un fil rouge coerente non solo nella scelta della tipologia dei materiali delle opere ma anche nella sapiente selezione artistica.

Simbolica la decisione di esporre nella Galleria Jeanne Bucher Jaeger la scultura Océanie proveniente dalla Nuova Guinea, figlia di un artista sconosciuto e databile 1920. Testimonianza dell’impatto dell’interpretazione post-coloniale dell’allora denominata “arte primitiva”, la scultura riflette la graduale evoluzione concettuale e terminologica associata alle tradizioni artistiche non occidentali. La Galleria Richard Saulton è uno degli espositori salienti di questa sezione, presentando un’esclusiva selezione di artiste provenienti da diverse parti del mondo: domina il tessile, con l’irrinunciabile presenza dell’artista polacca Magdalena Abakanowicz, da segnalare anche l’artista ucraina Luba Krejci con diversi bollini rossi (venduti) e Francesca Maranò. Saleh Barakat, galleria d’arte libanese, espone invece le opere di Saloua Raouda Choucair, rara voce femminile nella scena artistica di Beirut dagli anni Quaranta in poi, il cui lavoro combina elementi dell’astrazione occidentale con l’estetica islamica.

La Galerie Claude Bernard ha scelto di esporre l’arazzo “Scarlet Letter” di recente produzione (2024) di Sheila Hicks, celebre artista nel campo del tessile. Tra gli artisti italiani nella categoria Arts&Crafts c’è Michele Ciacciofera, rappresentato dalla Galerie Michel Rein con la sua opera “Tales of the Floating World”, con un valore che si aggira tra 20.000 e i 30.000 euro. Ci avviciniamo alla produzione ceramica con il duo franco-britannico Daniel Dewar & Grégory Gicquel (Loevenbruck), noti per le loro creazioni semi funzionali che esplorano il confine tra regni animati e inanimati e vincitori nel 2012 del Premio Marcel Duchamp.Degno di nota lo stand della Galerie Le sentiment deschoses, specializzata in ceramica giapponese e della Galleria newyorkese Bienvenu Steinberg & J, che propone un’audacissima monografica sull’artista coreana Jane Yang D’Haene con una selezione di vasi in ceramica contemporanea eccezionale, tra i 5.000 e i 10.000 euro.

Overview booth C13 Richard Saulton Gallery, courtesy of Richard Saulton Gallery
Artista sconosciuto, Océanie, 1920, Nuova Guinea, radice di felce arborea, courtesy of Galerie Jeanne Bucher Jaeger
Sheila Hicks, Scarlet Letter, 2024, Textile, courtesy of Galerie Claude Bernard
Overview booth Bienvenu Steinberg & J

Nel settore Promesse, di cui Art Paris copre il 45% del costo di partecipazione, la creazione emergente conta nove giovani gallerie. Coup de coeur assoluto è Hunna Art Gallery, fondata nel 2021 da Océane Sailly. Galleria d’arte indipendente sostiene artiste della penisola araba, focalizzandosi sulle tematiche di genere e sulle rappresentazioni del corpo femminile, esplorando la cultura giovanile attraverso linguaggi visivi d’avanguardia. Notevoli sono le tre tele di Nour Elbasuni, a 9.000 euro ciascuna: “Figli di Endimione” ci trasporta in una camera blu, dove tre uomini condividono un letto, sfidando le norme sociali e lo stigma legato all’intimità maschile. Venduto.

Sicuramente, tra le gallerie da seguire con attenzione segnaliamo Galerie Les Filles du Calvaire con un sold out dei ritratti di Paz Corona; Galerie Ariane C-Y dai prezzi relativamente accessibili e una selezione notevole di giovani artisti. Non passa inosservata Martch Art Project, con le sculture di coralli fallici di Irmak Dönmeze infine Galerie Anne Sarah Bénichou che nel suo booth ospita le meravigliose opere in cera della giovanissima e talentuosissima Juliette Minchin, artista al momento in residenza da POUSH, il cui valore si aggira tra i 5.000 e i 10.000 euro. Prossimo appuntamento sugli Champs-Élysées: primavera 2025, al Grand Palais, quello vero, tirato a lucido per le Olimpiadi e le manifestazioni successive.

Nour Elbasuni, Sons of Endymion, olio sutela, 2021, Courtesy of Hunna Art Gallery
Irmak Dönmez, 2023, Courtesy of Martch Art Project
Juliette Michin, Oculus, cera e ottone, 2023, courtesy of Galerie Anne Sarah Bénichou

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