La Venice Art Week della Biennale è stata fitta di suggestioni sulla scena dell’arte contemporanea internazionale, intorno a “Stranieri Ovunque”, la mostra internazionale curata da Adriano Pedrosa.
Se la sezione ai Giardini, dedicata al nucleo storico, è apparsa molto museale e a tratti monotona, nonostante la cura dell’allestimento, nella sezione sul contemporaneo all’Arsenale la situazione è apparsa più dinamica e interessante, con opere di grande impatto sia visivo che concettuale, come i dipinti a tema omoerotico di Luis Fratino, accostate ad alcune tele non memorabili di Filippo De Pisis, le sculture in ceramica dorata di Victor Fotso Nyie e le installazioni di Bouchra Khalili, Daniel Otero Torres e Anna Maria Maiolino, oltre ai disturbanti video VOID di Joshua Serafin e Torita-encuetada di Elyla. Interessante la sezione “Italians Everywhere”, dedicata agli italiani che hanno fatto fortuna all’estero, con le opere presentate sugli eterei cavalletti trasparenti (i cavalete de cristal, ideati da Lina Bo Bardi), anche se la selezione appare poco improntata a criteri scientifici che invece governano il Disobedience Archive di Marco Scotini, una delle sezioni più riuscite e innovative dell’intera mostra.
Alcuni padiglioni nazionali hanno riservato ottime sorprese: l’atmosfera sospesa del padiglione Germania, tra le installazioni fantascientifiche e cabalistiche di Yael Bartana e le performance malinconiche di Ersan Mondtag, la sorprendente Pinacoteca Migrante di Sandra Gamarra Heshiki al padiglione Spagna, l’ironia queer di Guerreiro do Divino Amor nel padiglione Svizzero e gli intensi video dei Canti dedicati all’acqua di John Akomfrah in quello britannico hanno reso meritevole la visita ai Giardini. Tra i padiglioni in città va citato quello della Nigeria, con Nigeria Imagery, la collettiva di 8 artisti che hanno trasformato palazzo Canal in una festa di luci, colori, fotografie e video ispirati al mitico Mbari Club, fondato da un gruppo di scrittori nel 1961 nella città di Ibadan. Impossibile dimenticare il padiglione della Santa Sede: “Con i tuoi occhi” riunisce gli interventi di otto artisti internazionali nei locali della Casa di Reclusione Femminile alla Giudecca, illustrati dalle stesse detenute.
Poche le novità ma molte le conferme, soprattutto tra le mostre collaterali, che hanno punteggiato la città di manifestazioni espositive di notevole qualità. A cominciare dalla strepitosa Willem de Kooning e l’Italia alle Gallerie dell’Accademia, frutto di un lavoro di tre anni compiuto da Gary Garrels e Mario Codognato per ricostruire le relazioni tra il grande artista americano e il nostro paese, attraverso 75 opere (disegni, dipinti e sculture) realizzati nell’arco di quarant’anni e legate ai due soggiorni in Italia, nel 1959 e nel 1969. Da non perdere “City of Refuge III”, l’antologica di Berlinde De Bruyckere: un viaggio mistico e metafisico negli spazi dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore, che punteggia con le sue sculture drammatiche, ispirate a creature angeliche o a reliquari medievali, gli spazi della chiesa e della sacrestia retrostante.
Assai interessante anche “Nebula”, la collettiva di videoinstallazioni al Complesso dell’Ospedaletto, promosso dalla Fondazione In Between Art Film di Beatrice Bulgari. Tra gli otto video presentati e mirabilmente allestiti nello spazio da Ippolito Pestellini Laparelli, spiccano Brown Bodies in an Open Landscape are Often Migrating (2024) di Basir Mahmood, Nebula (2024) di Giorgio Andreotta Calò e Fritz (2024) di Diego Marcon, davvero inquietante. Infine, all’interno di palazzo Soranzo Van Axel, uno dei più antichi e suggestivi di Venezia, vale davvero la pena visitare “Collective Behavior”, l’ampia antologica dell’artista pakistana Shahzia Sikander, che rivisita le tradizioni artistiche orientali con una prospettiva femminista contemporanea. Le sue opere, realizzate con tecniche diverse (pittura, disegno, stampa, animazione digitale, mosaico, scultura e vetro) si sposano in maniera perfetta con gli ambienti del palazzo, in un emozionante viaggio tra oriente e occidente.