E’ la presenza dell’argentina Marta Minujin a popolare i mega saloni di Kurimanzutto a Chelsea, a New York. “Making a Presence”, fino all’8 giugno, porta l’erotismo in technicolor nello spazio politico della galleria. “La pittura da cavalletto è morta”, spiegava Minujín nel 1966, “Oggi l’uomo non può più accontentarsi di un quadro statico appeso al muro. La vita è troppo dinamica”. Questa dichiarazione sulla fine della pittura è al centro di una dialettica “morte contro vita” che ha spinto gli esperimenti artistici di Minujín durante i tumultuosi anni ’60. La sua ricerca di un’arte radicalmente dinamica e temporale che potesse, secondo le sue stesse parole, “registrare i cambiamenti che avvengono minuto dopo minuto” ha trasformato Minujín in un pioniere di eventi, performance, ambienti partecipativi e arte dei mass media nel suo paese natale, l’Argentina, così come in Francia e negli Stati Uniti
Questa traiettoria pionieristica è stata avviata per la prima volta da due corpi di lavoro creati prima del 1965: le morbide sculture di Minujín, conosciute come Los eróticos en Technicolor [L’erotismo in Technicolor] e i suoi dipinti e assemblaggi ctonici in uno stile informale. Insieme, questi capitoli distinti della sua opera formano una diade concettuale strettamente intrecciata governata da forze opposte, rispettivamente Eros e Thanatos. Il loro terreno comune – ciò che evocano come luogo che registra i cambiamenti – era il corpo. Entrambe le serie hanno generato opere d’arte radicalmente antropomorfe coinvolgendo al contempo il corpo dell’artista, dello spettatore e anche il corpo politico.
Per la prima volta dal 1963, quando gli assemblaggi informalisti di Minujín condividevano il suo studio parigino con Los eróticos, queste due serie di lavori sono state riunite esclusivamente insieme, consentendo il dialogo sulle vulnerabilità e le gioie della condizione incarnata. Parlano di crisi che vanno ben oltre la presunta scadenza della pittura – senzatetto, malattie croniche, democrazia sofferente e rivoluzione sessuale, tra gli altri – e che, sebbene proprie degli anni ’60, risuonano con le circostanze attuali. Tuttavia, in virtù della loro natura bifronte, i primi lavori di Minujin suggeriscono anche le possibilità di comunità, guarigione e sfida giubilante di fronte a tali sconvolgimenti e situazioni difficili.