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In The Sign. Quando avere la “stoffa” non basta

Una modella alla sfilata della collezione primavera/estate 1996 di Vivienne Westwood a Parigi, 16 ottobre 1995 (PIERRE VERDY/AFP/Getty Images)
Una modella alla sfilata della collezione primavera/estate 1996 di Vivienne Westwood a Parigi, 16 ottobre 1995
(PIERRE VERDY/AFP/Getty Images)
L’abito non fa il monaco, ma il diritto d’autore sì: nella terza puntata di In the Sign il caso della negata tutela autorale di alcune stampe emessa dal Tribunale di Napoli

Vivienne Westwood diceva “La tua vita risulta più interessante se indossi abiti con un’identità”. Identità che passa attraverso la geometria delle forme e delle silhouette, ma anche dalle texture e pattern che caratterizzano i tessuti utilizzati per realizzare gli abiti, aggiunge chi scrive

Non stupisce, quindi, che nelle aule dei Tribunali italiani siano state portate istanze volte a proteggere anche tali specifiche caratteristiche, sul presupposto che queste possano essere considerate opere tutelabili dalla legge sul diritto d’autore.
Sul punto, è stato recentemente chiamato a pronunciarsi il tribunale di Napoli, in un giudizio che ha avuto come protagonisti dei tessuti ideati e realizzati da parte di una società francese, che chiedeva di essere autorizzata alla loro commercializzazione in esclusiva. La società sosteneva che ogni fantasia riprodotta sui tessuti oggetto di causa fosse frutto di uno studio creativo e originale appositamente realizzato dagli stilisti del proprio centro sviluppo prodotti ovvero, in alcuni casi, acquisita presso stilisti esterni all’azienda.
La recente decisione del Tribunale partenopeo si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, di cui abbiamo già avuto modo di parlare qui, secondo cui le opere del disegno industriale, già nella fase progettuale, possono essere ritenute tutelabili ai sensi della normativa sul diritto d’autore ma solo qualora possiedano il duplice requisito del carattere creativo e del valore artistico.

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Se da un lato il carattere creativo si risolve in una originalità che è espressione della particolare personalità dell’autore, il requisito del valore artistico è da sempre più complicato da individuare e soddisfare.
In questo caso, la Corte si è riportata ad un principio già enunciato dalla Cassazione, secondo cui il valore artistico di un’opera di design industriale sussiste fintanto che vengono soddisfatti degli indicatori obiettivi, da valutarsi caso per caso.
Ricordiamo, infatti, che il valore artistico può ritenersi integrato quando sussistono, anche non cumulativamente, i seguenti requisiti: la creazione per mano di un noto artista, o il riconoscimento della sussistenza delle qualità estetiche ed artistiche da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, l’esposizione in mostre e musei, la pubblicazione su riviste specializzate (non a carattere commerciale), la partecipazione a manifestazioni artistiche, l’attribuzione di premi, la menzione in articoli di critici esperti del settore, il raggiungimento di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato alla sua funzionalità.
In questo caso, quindi, non è bastato alla società francese sostenere che la tutela autorale dovesse risultare dalla ricostruzione storica e pubblicitaria dell’azienda, dall’originale accostamento dei soggetti utilizzati come pattern (palme, fiori, autovetture) o ancora dalle gradazioni dei colori scelti. Parametri soggettivi, quest’ultimi, indice della gradevolezza dei disegni, ma che in assenza di comprovati indicatori oggettivi, ha costretto il Tribunale di Napoli a negare tutela autorale alle stampe.

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Viene da domandarsi per quale ragione, in questo caso, la società d’oltralpe abbia scelto di fondare le sue difese su una argomentazione in qualche modo “in salita”, chiedendo di accedere alla tutela autorale ex art. 2, n. 10 – che protegge, come detto, le opere di design industriale e che, per essere riconosciuta, richiede di soddisfare dei requisiti più complessi – e non, invece, ai sensi dell’art. 2, n. 4 (ovvero quella tutela a cui, tra le altre, possono accedere le opere dell’arte del disegno), che non avrebbe richiesto un’indagine sulla sussistenza del predetto “valore artistico”.
Un indirizzo interpretativo non secondario, infatti, afferma che qualora il disegno su stoffa sia apprezzabile in sé e sia destinato alla commercializzazione nei circuiti dei mercati d’arte, dovrebbe essere tutelato quale opera dell’arte del disegno. Se fosse, invece, destinato alla ripetizione in serie e industriale, la tutela a cui dovrebbe avere accesso sarebbe quella del design industriale, destinato quindi a proteggere non solo opere tridimensionali cd. a fascia alta, ma anche creazioni bidimensionali.
L’uno o l’altro orientamento, in sostanza, dipendono dal significato attribuito all’aggettivo “industriale”, con cui alternativamente si può intendere la funzione oggettiva della creazione o la sua destinazione.

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