Milano, Giugno 2024. BKV Fine Art rende omaggio a Giorgio Marconi (Milano, 1930 – 2024) a un mese dalla sua scomparsa, uno dei galleristi che hanno segnato la storia dell’arte italiana del secondo dopoguerra, con una mostra dedicata agli artisti – Valerio Adami, Enrico Baj, Luciano Bartolini, Angelo Cagnone, Hsiao Chin, Gianni Colombo, Lucio Del Pezzo, Antonio Dias, Giuseppe Maraniello, Gianfranco Pardi, Giò Pomodoro, Man Ray, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Aldo Spoldi, Emilio Tadini – che più hanno caratterizzato l’attività della sua galleria fin dagli esordi e ai quali è stato più profondamente legato.
L’esposizione presenta una selezione di opere significative chehanno segnato la storia dello Studio Marconi, dalla prima mostra del 1965 “Adami, Del Pezzo, Schifano, Tadini” all’ultima esposizione del 1992 dedicata a Hsiao Chin. Le opere esposte provengono tutte da collezionisti milanesi che hanno instaurato un rapporto di stima e amicizia con Giorgio Marconi, poi proseguito nel corso degli anni con scelte collezionistiche che riflettono il susseguirsi delle mostre all’interno degli spazi di via Tadino. Un rapporto di fiducia ed una corrispondenza confluite nel corso degli anni nella creazione di collezioni eterogenee ma testimoni delle varie tendenze artistiche dagli anni sessanta ad oggi. La mostra è introdotta da un testo del collezionista e mecenate delle arti Luigi Koelliker, amico fraterno di Giorgio Marconi, con cui ha condiviso passioni e rapporti umani, in particolare con la maggior parte degli artisti qui esposti.
Si tratta di un breve e sentito ricordo sotto forma di lettera indirizzata a Giorgio, da cui il titolo della mostra “Caro Giorgio…”, in cui il collezionista ricorda, commosso, il suo rapporto con il mercante attraverso alcuni episodi di vita vissuti assieme.
Perché una mostra dedicata a Giorgio Marconi, oggi, in una nuova galleria a Milano?
Questa domanda ricorda quella che Mario Sironi fece a Giorgio Marconi quando decise di slegarsi dall’attività paterna per aprire il proprio spazio espositivo “…Una galleria? E perché? Con tutte quelle che ci sono! ….”.
In un momento di grandi cambiamenti e di poche idee generative come questo, in cui la creatività si sta spegnendo attraverso scelte imposte da logiche più alla moda che culturali, vogliamo guardare a Giorgio Marconi e a suo figlio Giò come a un esempio, uno sprone per noi che intraprendiamo questo nuovo percorso. Lo Studio Marconi era un luogo non solo espositivo ma anche di incontro, di discussione e soprattutto di studio, dove poter approfondire e capire il senso dell’arte. Ora che la comunicazione digitale ha preso il sopravvento, appiattendo la ricerca e rendendo tutto più veloce e senza filtri, e dove il collezionista acquista l’opera d’arte come un prodotto simbolo della cultura di massa, vogliamo seguire l’esempio di Marconi.
Tra le opere esposte, una tela di Valerio Adami del 1981, intitolata Le peintre aux lunettes, è curiosamente dedicata sul retro all’amico Emilio Tadini presente, a sua volta, con due opere della fine degli anni sessanta e dell’inizio degli anni settanta. Entrambi gli artisti avevano instaurato un rapporto di amicizia fraterna con Marconi.
In esposizione spicca anche un personaggio di Enrico Baj, protagonista del divertente aneddoto “Ti te gh’hee il 28?” raccontato dal collezionista Luigi Koelliker nella lettera dedicata all’amico gallerista. L’opera fa parte di una serie degli anni sessanta che vede l’utilizzo delle targhette dei numeri civici presi dall’artista da una strada di Londra applicate sulla tela che caratterizzano ogni personaggio. L’impegno di Baj nel raccontare eventi storici e sociali attraverso l’arte è invece evidente ne I funerali dell’anarchico Pinelli del 1972, uno studio dell’opera monumentale pensata per essere esposta quello stesso anno a Palazzo Reale a Milano, e da allora sempre rimasta nella collezione di Giorgio Marconi.
Hsiao Chin, uno degli artisti cruciali che hanno segnato il culmine dell’attività dello Studio Marconi, è rappresentato da opere degli anni ottanta di grandi dimensioni, accostate ad altri lavori di Gianni Colombo, Gianfranco Pardi e Giò Pomodoro, in cui l’uso sapiente di spazi e materiali diversi – elastici, alluminio e vetro resina – gioca un ruolo preponderante.
Sul retro di un’opera del 1946 di Man Ray, la scritta Giorgio Man Ray e la classica etichetta arcobaleno dello Studio, testimoniano il profondo legame del dipinto con la storia di Marconi, oltre alla sua importanza come pezzo rappresentativo della produzione degli anni in cui l’artista fece ritorno nella sua amata Parigi dall’America, alla fine della seconda Guerra Mondiale.
Mimmo Rotella, pioniere del décollage, e di cui è esposta una Nature morte, ha collaborato strettamente con Giorgio Marconi, che ne ha organizzato numerose mostre, contribuendo a far conoscere il suo lavoro in Italia e all’estero. Una delle più significative è stata “Décollages 1954 – 1964″ ospitata nel Novembre 1986 presso lo Studio Marconi.
Di Mario Schifano, uno dei principali esponenti della Pop Art italiana, che ha collaborato a stretto contatto con il gallerista e lo Studio Marconi per diversi anni, è esposta una grande tela emulsionata dell’inizio degli anni settanta. L’esposizione del Dicembre 1970 Paesaggi TV è particolarmente significativa perché segna una svolta nel percorso artistico dell’artista, da lavori prevalentemente pittorici degli anni sessanta a opere – le tele emulsionate – che raffigurano una realtà contemporanea grazie all’utilizzo di schermi, tv e fotografie.
Aldo Spoldi, artista dal lungo sodalizio con Marconi, è qui rappresentato da due opere, che evidenziano la sua volontà di superare la rigidità concettuale dei dipinti: la scomposizione delle tele e l’utilizzo di elementi presi dal mondo giocoso e fiabesco, creano un nuovo linguaggio narrativo che non permette di rinchiudersi nella stretta dimensione del quadro. Completano l’esposizione opere di Luciano Bartolini, Angelo Cagnone, Lucio Del Pezzo, Antonio Dias, Giuseppe Maraniello.