A Venezia, nell’ambito della Biennale d’Arte, due mostre e il Padiglione della Repubblica Uzbeka invitano a scoprire artisti e storie del passato e del presente
Tornare una seconda volta in un posto è sempre a rischio di delusione, ma non succede a Nukus, al Museo Savickij (Karakalpak State Museum of Art, definito il Louvre del Deserto), nell’Uzbekistan nord-occidentale. Dalla prima volta, nel 2015, allo scorso novembre sono certo cambiate molte cose. Il direttore prima di tutto, non più Marinika Babanazarova, ma Tigran Mkrtycher, e poi l’intero allestimento delle opere. Resta intatta la meraviglia di immergersi in una temperie artistica e in una storia quasi sconosciute.
Migliaia di opere (una delle più grandi collezioni al mondo dedicata alle avanguardie russe) che, insieme a quelle conservate nel Museo Statale delle Arti dell’Uzbekistan di Tashkent, svelano artisti russi e centroasiatici di fine ’800 e della prima metà del ’900. Non è però necessario andare fino in Uzbekistan per ammirarli (sebbene un viaggio in questa repubblica ex sovietica sia un’esperienza affascinante).
Una selezione di circa 150 opere provenienti dai due musei, e che coprono un arco cronologico dalla fine dell’Ottocento al 1945, sono esposte in questi mesi in Italia. Le mostre complementari Uzbekistan: l’Avanguardia nel deserto, a cura Di Giuseppe Barbieri e Silvia Burini, suddivise tra Firenze (Palazzo Pitti, La luce e il colore, fino al 30 giugno) e Venezia (Ca’ Foscari Esposizioni, La forma e il simbolo, fino all’8 settembre) portano per la prima volta a conoscenza del pubblico questi capolavori.
Le istanze e gli esempi delle avanguardie europee erano già approdate nel Paese centroasiatico in periodo zarista, con artisti russi che avevano viaggiato e studiato a Parigi. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e la Grande Guerra, è la Seconda Guerra Mondiale a giocare un ruolo inaspettato. Nel 1944, l’Istituto d’arte I.V. Surikov di Mosca, viene evacuato in blocco a Samarcanda, con il suo bagaglio di allievi e importanti docenti, protagonisti delle avanguardie russe. Lontano dal centro del potere, si comincia a creare un particolare clima artistico in dialogo con la cultura locale, con esiti originali, in una compenetrazione di visioni, che abbracciano i colori e le atmosfere centro-asiatiche.
Nei percorsi espositivi la generazione di grandi artisti russi come Fal’k, Kandinskij, Ekster, Lentulov, Rodčenko è affiancata da quella che si può definire una scuola nazionale con, per esempio, Volkov, Karachan, Nadežda Kašina, Elena Korovaj, Tansykbaev, Usto Momin. È l’Avanguardia Orientalis, che accomunava artisti uzbeki, kazaki, armeni, russi d’Oriente, siberiani, a volte con una formazione a Mosca e a Pietrogrado, ma ormai radicati nella terra in cui avevano scelto di vivere e lavorare.
Un nuovo inizio per tutti, ma in particolare per Igor Savickij, archeologo, artista e collezionista, senza il quale questo immenso patrimonio artistico sarebbe andato perduto e dimenticato, al pari dei suoi protagonisti, oscurati (spesso con tragiche conseguenze) dai diktat del realismo socialista stalinista, imposto a partire dagli anni Trenta.
Savickij (1915-1984), giunto a Samarcanda al seguito dell’Istituto d’arte moscovita e completati gli studi, inizia a lavorare al seguito di una spedizione archeologica nel desertico Karapalkstan, resta folgorato dai luoghi e decide di restarvi. Dalla fine degli anni ’50 e fino agli anni ’70 del Novecento, animato dal fervore di una vera e propria missione, salva a Nukus (a circa due ore dal Mare d’Aral, ormai prosciugato) molte migliaia di dipinti, sculture, oggetti di arte applicata e fogli di grafica provenienti dall’Unione Sovietica e dall’Uzbekistan.
Nello stesso tempo raccoglie altrettante migliaia di reperti archeologici e manufatti di artigianato e arte popolare della regione, fino a fondare un museo, dove espone con un criterio museale ripreso nell’allestimento della mostra veneziana. Il suo operato, qui sintetizzato per ragioni di spazio, in un succedersi di episodi rocamboleschi, spesso a rischio della vita, è fondamentale per la storia dell’arte e ha gettato le basi dell’eredità culturale dell’Uzbekistan.
L’ACDF (Art and Culture Development Foundation), la fondazione nata nel 2017, che promuove arte e cultura dell’Uzbekistan a livello internazionale, presieduta da Gayane Umerova, ha giocato un ruolo fondamentale nell’organizzazione delle due rassegne, che rientrano in un quadro avviato con precedenti esposizioni in Europa e ora con la partecipazione alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia (dopo le Biennali del 2022 e 2023).
“Le due mostre sono la perfetta introduzione al nostro padiglione nazionale, in cui artisti contemporanei proseguono idealmente il percorso dei loro predecessori. I media sono cambiati, ma si tratta sempre di avanguardie. In questo caso con uno sguardo rivolto alla tradizione reinterpretata con un nuovo linguaggio, aggiornato dalla tecnologia”, spiega Umerova. Don’t miss the Cue! curato dal Centre for Contemporary Art Tashkent con il collettivo di artiste Qizlar (ragazze, in uzbeko) presenta l’artista uzbeka Aziza Kadyri. In sintonia con il tema della Biennale Stranieri Ovunque vengono affrontate questioni di appartenenza e identità, attraverso le esperienze di donne dell’Asia centrale.
“L’aspetto collaborativo del processo creativo è un momento chiave in cui le voci delle donne si uniscono rappresentando varie esperienze: migrazione, trasformazione e resilienza. Insieme reinterpretiamo modi di interagire con il patrimonio culturale e storico, in particolare tessuti e costumi, di cui sono appassionata per la mia formazione di costumista e per tradizione famigliare: da generazioni lavoriamo nel settore del cotone e della moda. Lavori di ambito femminile, che esploro per mettere in risalto l’identità uzbeka contemporanea, in una sintesi di arte e tecnologia”, racconta Aziza Kadyri. L’artista ha rielaborato con l’IA il caratteristico ricamo Suzani, in collaborazione con Madina Kasimbaeva, che lo pratica da 25 anni. “Il ricamo non si può affrontare da soli, ci vuole un team. In questo arco di tempo hanno lavorato con me più di 500 studentesse. Una collettività femminile”, sottolinea Kasimbaeva. Don’t miss the Cue!, Non perdete questo spunto.
Approfondimenti
Uzbekistan: l’Avanguardia nel deserto, a cura di Giuseppe Barbieri e Silvia Burini, Electa 2024.
Uzbekistan: Avant-Garde Orientalists, di Yaffa Assouline, Assouline 2021
Per viaggiare in Uzbekistan: Uzbekistan Airways (www.uzairways.com) con voli diretti da Roma e Milano.
Tour operator: ABC Silk Road Tourism a Tashkent, per itinerari in tutto il Paese, con interpreti e guide, https://abc-tourism.uz