Nel centro storico di Parabita, borgo in provincia di Lecce, il progetto “Votiva” ha dato vita a un percorso permanente di arte contemporanea: dallo scorso maggio 16 edicole votive, alcune antiche e altre ricavate nell’ambito del progetto, hanno preso vita grazie agli interventi site specific di altrettanti artisti. Le co-curatrici Flaminia Bonino e Laura Perrone ci hanno raccontato il progetto nell’intervista qui sotto.
«Le opere concepite per l’occasione compongono un itinerario per tappe che attraversa il centro storico del borgo, invitando il visitatore a riscoprirne gli spazi seguendo il filo conduttore dell’edicola votiva.
Nate come testimonianza della spiritualità popolare e divenute tratto distintivo del paesaggio architettonico del borgo, le numerose edicole votive di Parabita creano terreno fertile la rigenerazione di un tessuto comunitario, trasformandosi in spazi per l’espressione artistica destinati alla cittadinanza e posti sotto la sua cura», hanno spiegato gli organizzatori.
Protagonisti del primo capitolo di “Votiva” sono Francesco Arena (1978, Torre Santa Susanna), Chiara Camoni (1974, Piacenza), Ludovica Carbotta (1982, Torino), Claire Fontaine (collettivo artistico fondato nel 2004 con base a Palermo), Gianni Dessì (1955, Roma), ektor garcia (1985, Red Bluff, USA), Helena Hladilová (1983, Kroměříž, Repubblica Ceca), Felice Levini (1956, Roma), Claudia Losi (1971, Piacenza), K.R.M. Mooney (1990, Seattle, USA), Liliana Moro (1961, Milano), Adrian Paci (1969, Scutari, Albania), Mimmo Paladino (1948, Paduli), Luigi Presicce (1976, Porto Cesareo), Michelangelo Pistoletto (1933, Biella) e Namsal Siedlecki (1986, Greenfield, USA).
“Votiva”, nata da un’idea del Sindaco di Parabita Stefano Prete, sotto la direzione artistica di Giovanni Lamorgese, con la curatela di Flaminia Bonino e Laura Perrone e con il supporto dell’Assessore alla cultura di Parabita Francesca Leopizzi, «si inserisce nell’ambito di Parabita per il Contemporaneo, il progetto a lungo termine con cui il Comune di Parabita si impegna a esplorare nuovi modi e opportunità per porre in dialogo l’arte contemporanea con il ricco patrimonio paesaggistico, storico e culturale del luogo. Il programma, che inaugura con Votiva, si pone l’obiettivo di rafforzare il legame tra comunità e tradizione, aprendo al contempo nuove strade verso la creatività e l’innovazione attraverso una selezione di interventi mirati che vede nell’arte contemporanea un prezioso motore di crescita e cambiamento», hanno ricordato gli organizzatori.
Come è nato il progetto Votiva? In che modo e perché il borgo di Parabita ha scelto di creare un percorso permanente di arte contemporanea?
Flaminia Bonino e Laura Perrone: «Alla base del progetto vi è la consapevolezza di un’eredità significativa, quella delle edicole votive, e l’intuizione del Sindaco di Parabita, Stefano Prete, di poter innescare attraverso l’arte contemporanea un processo in grado di andare oltre i concetti legati alla sfera della conservazione, della valorizzazione e della tutela, mettendo in atto un’azione trasversale capace di coniugare queste azioni a riflessioni e pratiche inedite, generando un valore aggiunto per le politiche culturali del territorio. Il proposito è quello di restituire un significato culturalmente riconosciuto al modulo architettonico minimo dell’edicola votiva e di riattivare, attraverso l’arte contemporanea, la sua funzione sociale quale punto di aggregazione e catalizzatore dei valori di comunità, di vicinanza e di cura del bene comune».
Che tipo di dialogo è stato avviato con la cittadinanza e come sono state individuate le edicole in cui collocare le opere?
«Pensare alla creazione di una collezione pubblica per una comunità come quella di Parabita, per di più destinandola alle edicole votive del paese, non è stato certamente un processo semplice. Da un lato, l’idea della permanenza nel tempo ha ingenerato da subito nel gruppo curatoriale un senso di responsabilità verso la storia e il significato dei luoghi, che sottintende la necessità di sapere leggere quello che è stato e di saper immaginare quello che potrà essere, per trovare una continuità nella relazione tra luogo, comunità e opera d’arte. Con questa consapevolezza siamo partiti dalle edicole in stato di incuria, vuote da tempo o prive di immagini devozionali di pregio, alcune delle quali – per forma o presenza di un fondale particolare – sembravano quasi lì a suggerire i nomi di alcuni artisti che avevamo in mente di coinvolgere. A questo nucleo di sette edicole originarie abbiamo poi aggiunto altre nicchie create ad hoc secondo un modulo standard che riprende la forma centinata tipica di questi elementi architettonici, fino a totalizzare i 16 interventi che ci eravamo prefissati. Tutto questo ha richiesto un lungo e paziente lavoro di studio e dialogo che ha coinvolto anche la Soprintendenza e che è partito da riflessioni intorno alla ritualità popolare di cui è testimone la capillarità dell’edicole votive presenti in paese. Il coinvolgimento dimostrato dai parabitani durante le giornate frenetiche di installazione delle opere nelle nicchie ci ha subito rassicurato sulla riuscita di questa parte molto importante dell’operazione».
Come avete selezionato gli artisti invitatati e che tipo di lavoro avete impostato con gli artisti? Che legame hanno instaurato con il territorio?
«A rispondere alla chiamata del Comune di Parabita e al richiamo di questa sfida sono stati artisti di formazione e generazioni diverse, tra cui alcuni dei più noti protagonisti del panorama artistico contemporaneo, affiancati da artisti più giovani che tuttavia hanno già esposto nei principali musei o preso parte a manifestazioni di rilievo quale la Biennale di Venezia o la Whitney Biennal, ognuno dei quali ha avviato un suo particolare dialogo con il luogo, il formato e la connotazione socio-culturale del progetto, tanto che la maggior parte dei lavori facenti parte del progetto Votiva sono site-specific o realizzati per l’occasione».
Votiva è stato inaugurato a inizio maggio. Quale riscontro avete avuto da parte di abitanti e turisti?
«In un territorio dove l’arte contemporanea non è mai riuscita veramente a stratificarsi, camminando per le strade di Parabita a volte abbiamo l’impressione che le opere d’arte installate nelle edicole di “Votiva” abbiano sempre abitato questi luoghi, quasi come se ce ne fosse sempre stato un intimo bisogno.
Il riscontro è stato davvero straordinario, sia in termini di interesse che di ‘adozione’ delle opere, con gli anziani che ci chiamano per avvertire che i vetri hanno bisogno di essere puliti o con le signore che dalle finestre danno indicazioni ai visitatori più spaesati. Naturalmente dal coro degli elogi è emersa anche qualche critica, soprattutto nella fase immediatamente successiva all’inaugurazione, quando il paese era in piena campagna elettorale per le amministrative. Al di là delle strumentalizzazioni sterili, tuttavia, anche queste reazioni ci sono sembrate positive, perché hanno innescato contraddittori e processi dialogici intorno a temi importanti».
Quali sono i progetti e le speranze per il futuro di “Votiva”?
«La prima e più importante sfida sta nella conservazione della collezione nel tempo e nelle pratiche di cura e valorizzazione di cui dovrà essere oggetto. Come curatori sentiamo fortissimo l’onere di trasmettere alla comunità parabitana l’impegno nei confronti degli artisti e nei confronti di queste presenze, che sono da considerare a tutti gli effetti come “opere vive”, bisognose di attenzioni e cure che dovranno necessariamente essere declinate nel tempo, proprio come avveniva per simulacri oggetti del culto che abitavano le edicole.
Al momento stiamo lavorando a una pubblicazione e a un’applicazione digitale che offrirà strumenti utili per orientarsi nella lettura della città e delle opere. Stiamo lavorando anche ad un programma di visite guidate ed eventi che da settembre coinvolgeranno gli studenti del liceo artistico. La speranza, tuttavia, è quella che “Votiva” rappresenti il seme di una pianta più grande, che sviluppi nuove e diversificate sperimentazioni nel linguaggio del contemporaneo».