Velázquez. Un segno grandioso è allestita alle Gallerie d’Italia-Museo di Intesa Sanpaolo a Napoli nell’ambito della rassegna L’Ospite illustre. In mostra fino al 14 luglio 2024, in particolare, due capolavori del pittore spagnolo.
Le relazioni tra Napoli e la Spagna nel secolo del Barocco, dagli inizi del Seicento alla metà del Settecento, sono fortemente legate alle relazioni di carattere politico, economico e culturale. Nel 1616, con il definitivo trasferimento di Jusepe de Ribera (1591-1652), la sua influenza sui pittori napoletani diventa decisiva per la svolta in senso vigorosamente realista dell’ambiente locale, in alternativa alla tendenza “maniera tarda” e ai primi influssi del classicismo romano ed emiliano. Ancora più stretti i legami tra l’ambiente napoletano e quello spagnolo, si hanno in pittura con la maturità di Luca Giordano (1634-1705) alla metà del Seicento, e alla permanenza per ben due volte dell’artista Diego Velázquez (1599-1660) nella città partenopea.
Proprio a quest’ultimo è dedicata la mostra Velázquez. Un segno grandioso, allestita nelle sale delle Gallerie d’Italia-Museo di Intesa Sanpaolo a Napoli, in via Toledo 177, nell’ambito della rassegna L’Ospite illustre, fino al 14 luglio 2024. L’arrivo delle opere dalla National Gallery di Londra si inserisce nel rapporto di scambio e di collaborazione con il prestigioso museo britannico, a cui è stato prestato il dipinto Il Martirio di Sant’Orsola di Caravaggio (1571-1610), che in occasione del bicentenario della sua fondazione, dedica all’artista italiano la mostra The Last Caravaggio.
La presenza dei due capolavori di Velázquez nell’istituto di credito napoletano ha un rilevante significato storico. Il pittore sivigliano, infatti, visitò la capitale del Viceregno nel corso dei due soggiorni in Italia: il primo, motivato da ragioni di studio e forse anche da compiti di spionaggio per il re di Spagna Filippo IV (1605-1665), tra l’estate del 1629 e i primi di gennaio del 1631; il secondo, è ufficialmente legato al suo ruolo di soprintendente alle opere d’arte delle residenze reali, tra il gennaio del 1649 e il giugno del 1651.
A certificare il primo passaggio napoletano del pittore è un documento, presente in mostra, dell’Archivio Storico del Banco di Napoli. Si tratta di un pagamento di 154 scudi disposto il 29 ottobre del 1630 dal VI conte di Monterrey, in quel momento ambasciatore del re di Spagna a Roma e futuro viceré di Napoli. Velázquez riscosse l’importo il successivo 13 novembre, recandosi personalmente al Banco di San Giacomo, oggi sede delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo.
La monarchia spagnola ebbe un ruolo fondamentale nella promozione del culto dell’Immacolata Concezione, che assunse anche un valore politico, con importanti riflessi nelle arti figurative in tutti i territori, compresi quelli nel raggio di influenza della corona asburgica. Proprio per questo motivo, accanto a Velázquez, sono stati messi due dipinti dell’Immacolata, realizzate a Napoli nel giro di pochi anni, che va dall’esecuzione delle due tele di Londra, al primo viaggio in Italia del maestro sivigliano, anche a testimonianza delle forti analogie tra il naturalismo spagnolo e quello napoletano.
Il primo dipinto è una pala di Battistello Caracciolo (1578-1635), uno dei più antichi e originali seguaci di Caravaggio; la seconda, invece, è un’opera firmata da Paolo Finoglio (1590-1645), artista di complessa cultura attivo tra Napoli e la Puglia, legato ai modelli della prima generazione dei caravaggeschi napoletani, alla pittura spagnola, al realismo di Jusepe de Ribera e ai preziosismi cromatici di Artemisia Gentileschi (1593-1653).
L’Immacolata Concezione del Caracciolo è costituita da un panneggio, largo, vaporoso, con linee asciutte, che avvolge la figura nei termini di una statua processionale. Le opere del maestro condotte nel corso degli anni 1620 e nella prima metà dei ’30, stabiliscono il riadattamento, in chiave ormai moderatamente caravaggesca, di invenzioni spaziali e compositive del pittore Giovanni Lanfranco (1582-1647). Nell’Immacolata Concezione del Finoglio, invece, c’è tutta l’influenza della pittura seicentesca madrilena, nei colori e nel simbolismo.
Le due di Velázquez, prestate dal museo londinese, si trovavano fino al 1809 nella sala capitolare del convento del Carmen Calzado a Siviglia. L’Immacolata Concezione, identificata dalla tradizione cattolica con la donna vestita di sole che appare a San Giovanni in esilio presso l’isola di Patmos, che tra l’altro, è il soggetto principale della seconda tela. Il santo nell’Apocalisse così descrive la visione: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle”.
I due capolavori furono concepiti insieme, forse come parte di un complesso più ampio; tuttavia, considerata la differenza di scala tra le figure, difficilmente furono collocate allo stesso livello. I due personaggi, che la forte incidenza luminosa fa risaltare con una plasticità scultorea, sembrano ripresi da modelli reali: le fattezze del San Giovanni ritornano più volte nelle composizioni giovanili di Velázquez, mentre nel volto della Vergine è stata identificata nel ritratto di Juana, figlia di Francisco Pacheco (1564-1644), maestro e poi suocero del pittore. Infatti, Juana sposò l’artista sivigliano nel 1618, anno intorno a cui si colloca l’esecuzione dell’Immacolata Concezione e del suo pendant.