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Il minestrone ipertrofico e pacchiano delle Olimpiadi di Parigi

La cerimonia d'apertura dei Giochi di Parigi La cerimonia d'apertura dei Giochi di Parigi
La cerimonia d'apertura dei Giochi di Parigi
La cerimonia d’apertura dei Giochi di Parigi

La Francia, in un pasticcio postmoderno, senza star di caratura nazionale per rappresentare il Paese nella cerimonia inaugurale a Parigi

Doveva essere lo spettacolo più bello della storia delle Olimpiadi. S’era detto che avrebbe superato per grandiosità l’extravaganza propagandistica che fece conquistare a Pechino 2008 la fama dell’apertura più spettacolare di sempre. Zhang Yimou era la mente dietro l’epico successo dell’edizione, del resto. Invece nel delirio d’onnipotenza il troppo giovane e tracotante Thomas Jolly, regista teatrale a cui è stato assegnato il compito di curare la regia dell’opening dei Giochi di Parigi 2024, è uscito fuori tema. Ha bucato le aspettative, annoiato il pubblico a casa e, più grave di tutto, ha trascurato i veri protagonisti della kermesse: gli atleti.

Le 12 lunghissime tappe che promettevano di dare una struttura cartesiana allo show sono a tratti risultate ridondanti, frammentarie e disconnesse l’una con l’altra. Mentre i tagli disallineati della dispersiva regia televisiva, le camere bagnate e appannate e la mancanza pressoché totale dei primi piani hanno finito per disumanizzare nel suo complesso le quattro infinite ore di carosello mediatico. L’idea di portare lo spettacolo fuori dallo stadio per la prima volta sembrava originale. Ma l’ambizione di poter controllare la regia nell’esteso cuore di Parigi, senza poter mai effettuare una prova completa, ha rivelato tutti i suoi limiti.

Nessun artista francese?

La sfilata dei barconi con le nazioni delle atleti sulla Senna è stata pesante da seguire e probabilmente poco gratificante per gli sportivi e i portabandiera, che non hanno mai beneficiato del particolare della telecamera. L’isolamento dei vari gruppi ha impedito l’interazione proficua che solitamente avviene tra i partecipanti durante la cerimonia. Tentando di unificare, si è finito per isolare. Peraltro l’arrivo sulle barche affollate faceva eco alle immagini dei rifugiati dei telegiornali con un effetto non poco disturbante. E mentre il can can sulle rive della Senna fuori sink è passato quasi inosservato, il numero preregistrato di Lady Gaga, Mon truc en plumes, ispirato a quello dell’ineguagliabile, iconica Zizi Jean Maire nell’abito paiellettato Yves Saint Laurent con le piume di struzzo rosa, ha fatto insorgere la rete.

Non c’era nessun artista francese di calibro da inserire in apertura di cartellone al posto di una star americana? Dall’Heavy Metal al Bel Canto, dall’euro dance ai giardini francesi fluttuanti, dai saltimbanchi al pagliaccesco ménage à trois, tutti contenuti troppo eterogenei. Troppe le clip video, non coerenti fra di loro nel linguaggio e nella forma. La sequenza dei Minions era lunga e non pertinente, mentre l’inserto Pride con una sfilata camp che con la moda parigina c’entra poco, era semplicemente fuori tema né aveva la classe e il rigore delle amatissime Race di Ru Paul.

 

La cerimonia d'apertura dei Giochi di Parigi
La cerimonia d’apertura dei Giochi di Parigi

Un disastro fuori misura

La ricorrente presenza di un misterioso teodoforo mascherato dalle sembianze di Altair dal videogioco Assassin’s Creed, così come il cavallo animatronics al galoppo sull’acqua – strana ibridazione tra Sleepy Hollow e i mostri plastinati di Honorè Fragonard -, le teste mozzate di Maria Antonietta insieme alle musiche macabre di Camille Saint-Saens cozzavano col preteso messaggio di pace mentre al ritmo di Imagine dei Beatles un pianoforte in fiamme andava alla deriva sulla Senna. L’affastellamento di falsi finali, che hanno sfiancato gli spettatori fino alla conclusione con un gruppo di atleti di bianco vestiti che, invece di rimandare alle vesti immacolate delle Olimpiadi dell’era antica, ricordavano una setta delle moderne religioni fai da te o il gruppo dei dannati di Midsommar, ha ulteriormente appesantito l’economia narrativa dello spettacolo.

Un disastro talmente fuori misura che nemmeno l’incredibile esibizione di Celine Dion nell’Hymne a l’amour di Edith Piaf sulla Torre Eiffel ha potuto salvare. L’intervento dell’immensa artista segnava tra l’altro il suo rientro dopo il ritiro obbligato dalla rara e dolorosa malattia di cui è vittima. Persino la sequenza a episodi per ricapitolare e ricordare tutte le edizioni e i grandi atleti della storia delle Olimpiadi era priva di mordente e poco emozionante. A confronto il breve jingle d’introduzione al commentario nello studio Rai era più efficace e coinvolgente, nonostante la durata di pochi secondi.

Effimero e trash

Alcune trovate sceniche non hanno distratto dalla mancanza di ritmo, di pathos, di volti umani. Nè si può condannare come visione distopica la presenza costante e ingombrante di gruppi umani in movimento. Entropia e caos, effimero e trash, accompagnati da brutti costumi firmati Olivier Bériot e tempi inutilmente dilatati, hanno messo in scena il trionfo dell’insensato.

Thomas Jolly era stato presentato al pubblico internazionale come enfant prodige, un regista-attore con pedigree e levatura culturale per sostenere 18 ore consecutive in scena con i classici shakespeariani. Dovremmo dire ora “molto rumore per nulla”, accompagnando l’espressione, con lo stesso approccio postmoderno dei giochi 2024, alle famose note di Monica Vitti e Alberto Sordi in Polvere di Stelle…

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