Questo autunno, il museo Beelden aan Zee dell’Aia ospita la retrospettiva «Joan Miró – Sculture», la più grande mai realizzata in un museo olandese, dedicata alle opere tridimensionali del maestro catalano. Grazie alla collaborazione con le Fondazioni Joan Miró di Barcellona e Maeght di Saint-Paul-de-Vence, 55 sculture di Joan Miró saranno offerte alla visione del pubblico.
Joan Miró (1893-1983), noto al grande pubblico per i suoi colorati dipinti surrealisti, disegni e collage, è stato anche uno scultore meticoloso. Il riconoscimento per quest’arte plastica però gli giunse in tarda età, in quanto considerata dai critici un’estensione dei suoi dipinti piuttosto che un repertorio indipendente.
«Joan Miró – Sculture» comprende metafore figurative reali, riscontrabili anche nel suo repertorio pittorico, come uccelli e volti di donne.
Marko Daniel, direttore della Fondazione Joan Miró – che ha prestato il maggior numero di opere per la mostra: “È nella scultura che l’interesse di Joan Miró per i materiali e per il modo in cui questi plasmano la sua opera emerge più chiaramente. La sua curiosità e la sua capacità di creazione sono rimaste evidenti per tutta la vita. Questa mostra accuratamente curata, che comprende 38 sculture selezionate dalla nostra collezione, dimostra la consumata abilità e l’arguzia con cui ha donato vita poetica alle sue opere d’arte”.
La sua natura sperimentale, unita alla predilezione per le forme primitive e l’artigianato, è testimoniata in mostra dalla ricerca continua di nuovi espedienti e sperimentazioni materiali e tecniche. Le sue prime incursioni nella scultura avvengono alla fine degli anni Venti e all’inizio degli anni Trenta. Miró inizia a lavorare con la creta e realizza centinaia di ceramiche nel corso della sua carriera, tra cui piatti e vasi che dipinge con il suo linguaggio visivo unico.
Sebbene a volte delegasse la produzione tecnica ad altri, rimaneva coinvolto in tutto il processo creativo. L’artista considerava la cottura della ceramica come una forma di alchimia artistica, in cui la sinergia tra argilla, fuoco, cenere e fumo produceva oggetti straordinari. A partire dal 1928, Miró inizia a saccheggiare la quotidianità, ricostruendola in ironici assemblages. Nelle sue rappresentazioni surrealiste, oggetti come cucchiai, pietre, chiodi, giocattoli, sedie, tubetti di vernice e radici di alberi si caricano di significato simbolico.
Alcune di queste opere – come l’affascinante Femme et oiseau (1967) – sono state dipinte con tonalità colorate. Per Miró, la natura e il mare in particolare sono state importanti fonti di ispirazione. Gli objet trouvé della spiaggia vicina al suo studio hanno avuto grande influenza sulle sue sculture e sui suoi assemblaggi. Non è un caso che la sua opera tridimensionale venga ora esposta al museo Beelden aan Zee, a due passi dal mare.
Disponendo gli oggetti sul pavimento del suo studio, l’artista creava sorprendenti composizioni, che poi fondeva in bronzo. Per alcuni dei suoi bronzi, ad esempio, Miró realizzò prima dei modelli in gesso che poteva modellare e rimodellare fino a quando non li riteneva abbastanza buoni per essere fusi in metallo. Diverse di queste opere in gesso provenienti dal deposito della Fondazione Joan Miró, come il grande Modello per torso (1969), illustrano questo aspetto vitale del suo metodo di lavoro e sono ora esposte in un museo per la prima volta.
La particolare firma visiva di Miró si adatta idealmente anche alle sculture di grandi dimensioni in spazi pubblici. É negli anni Sessanta e Settanta che creò le sue opere più ambiziose, quando iniziò a ricevere prestigiose commissioni per sculture monumentali, agli sgoccioli della sua carriera. Qui iniziò a esplorare nuovi mezzi come l’acciaio, la rete metallica, il cemento e le piastrelle di ceramica. Ripercorrendo il repertorio scultoreo dell’artista spagnolo, la mostra offre uno sguardo al processo creativo che ha portato al suo successo come scultore attraverso una vasta gamma di materiali per esaltarne la natura poliedrica e dinamica.