“Se dite a un bambino di disegnare un’auto, la farà rossa” diceva Enzo Ferrari. Se dite a un Tribunale di scegliere la prima auto a cui riconoscere lo status di opera di design industriale, sarà una Ferrari 250 GTO.
Un’icona. E lo è davvero, anche per l’enciclopedia Treccani, secondo cui un oggetto è iconico se è “emblematico di un’epoca, di un genere, di un ambiente”. Deve, cioè, essere riconoscibile nella sua eccezionalità, unicità, bellezza. Se poi è frutto dell’ingegno umano e in quell’oggetto si riconosce “un atto creativo, seppur minimo”, allora può essere considerato un’opera d’arte. Lo stabilisce la sentenza del Tribunale di Bologna del 9 gennaio 2024, n. 47, il cui oggetto è un’automobile così straordinaria da essere stata battuta all’asta da Sotheby’s nel 2023 per la cifra di oltre 50 milioni di dollari. Un’automobile che ha fatto la storia dell’Italia e del design.
La Ferrari 250 GTO, icona dell’automobilismo sportivo, dunque, e pietra miliare nella storia del Cavallino rampante – disegnata nel 1962 da Scaglietti – è stata protagonista di una lunga diatriba giudiziaria. Nel settembre 2018, Ares Design Modena – azienda fondata per dare vita a repliche di prestigiosi modelli automobilistici del passato e personalizzazioni di modelli di serie – fa pubblicare sul periodico statunitense Robb Report alcuni rendering di modelli di autovetture che avrebbero dovuto costituire “moderne reinterpretazioni” degli storici modelli di Ferrari, richiamando questi veicoli “unicamente con l’esigenza di informare [i consumatori] che i prodotti derivavano da donor car [vettura di partenza] Ferrari”.
La storica casa di Maranello ha convenuto Ares in giudizio, sostenendo che le autovetture pubblicizzate prendevano (sfacciatamente) ispirazione dallo chassis di Ferrari e, quindi, consistevano in illecite repliche delle sue auto storiche. È importante segnalare, infatti, che all’epoca delle vicende la carrozzeria del modello 250 GTO era già stata registrata da Ferrari come marchio tridimensionale (sia a livello comunitario che italiano). Non solo. Con l’occasione, Ferrari ha chiesto alla Corte che venisse riconosciuta, per la prima volta, anche la tutela autorale della sinuosa intelaiatura del suo storico modello, in quanto opera di industrial design. I presupposti che per legge devono essere presenti affinché un’opera possa essere definita “design industriale” sono da un lato la creatività dell’opera, dall’altro il suo valore artistico, desumibile da una serie di indicatori obiettivi, quale, fra gli altri, “il raggiungimento di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato alla sua funzionalità”. Pare opportuno, a questo punto, ricordare l’asta di Sotheby’s. Ma andiamo con ordine e seguiamo il ragionamento del Tribunale di Bologna.
Valutando l’elemento della creatività nella sua globalità, il Tribunale ritiene che “l’assoluta armonia della forma globale e degli elementi esteriori” che compongono la Ferrari 250 GTO, “la morbidezza delle linee, delle proporzioni” e gli elementi specifici come “le marmitte sporgenti, le prese d’aria sul fianco, sul lato posteriore, sul cofano” conferiscono alla forma del veicolo “complessivamente morbida e sinuosa un tratto di discontinuità particolarmente creativo”.
Quanto al valore artistico, continua il collegio bolognese, il design della Ferrari 250 GTO “ha un valore estetico assoluto, che certamente trascende la sua funzionalità”. Per riassumere il parere del Tribunale, “la sua perfezione estetica l’ha resa una delle Ferrari più famose, un’icona delle autovetture sportive di lusso”, e per questo gli va riconosciuta la qualifica di opera d’arte applicata all’industria.
Il risultato: “la riproduzione delle caratteristiche esteriori individualizzanti il design protetto integra violazione autorale, con ogni conseguenza sanzionatoria e inibitoria”. Il rendering di Ares costituisce quindi una replica dell’opera di design industriale, “di cui ripropone le forme e gli elementi estetici caratterizzanti”. Fra questi, il muso allungato con accentuata sporgenza ai lati del cofano, i fanali anteriori a goccia, la coda tronca con evidente linea di cornice, le prese d’aria oblique laterali che quasi richiamano “nella globalità della forma allungata dell’auto, le branchie di uno squalo”.
La sentenza è chiara: la Ferrari 250 GTO è un’opera d’arte, a tutti gli effetti… ma attenzione: non vuol dire che tutti i modelli di Ferrari sono (o saranno per forza) tutelabili come industrial design. Nell’ambito dello stesso giudizio, infatti, era stato contestato il tentativo di Ares di realizzare repliche in chiave moderna anche di altre autovetture del Cavallino rampante, della famiglia 400, risalenti agli anni ‘70-’80. In questo caso, al contrario, il Tribunale non ha potuto che apprezzare la diversità tra le Ferrari e i modelli contestati, rigettando le richieste della scuderia.