Cinquecento opere, un giovanissimo museo e una programmazione che unisce contesto locale e dibattito internazionale: è il MACTE di Termoli. Fondato nel 2019 per accogliere le opere di arte contemporanea divenute patrimonio comunale grazie al Premio Termoli dal 1955 a oggi, il MACTE è ora un centro di sperimentazione, ricerca e luogo di crescita per la comunità, capace di contribuire a pieno titolo al dibattito artistico e culturale nazionale e internazionale.
Alla direzione del museo c’è Caterina Riva, prima direttrice dell’istituzione, in carica dal 2020 e già riconfermata, che ci ha accompagnati alla scoperta del MACTE. Al suo attivo ha un curriculum internazionale che è stato determinante nel leggere le potenzialità del museo, della collezione e l’importanza della sinergia tra cittadinanza e istituzione. Tutto ciò ha reso il MACTE una voce autorevole nel sistema nazionale e internazionale. Riva, infatti, ha studiato a Londra, per poi lavorare come curatrice in Nuova Zelanda e a Singapore. Il ritorno in Italia ha dichiarato «è stata una scelta di responsabilità e anche un desiderio di attivare nella mia nazione ciò che avevo osservato e imparato anche altrove».
Fino al 28 settembre 2024 al museo è in corso la mostra di Salvatore Arancio (1974, Catania) “Bruno’s House“, con un nutrito gruppo di opere nuove realizzate nell’ultimo anno grazie al PAC Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura. La mostra è la prima personale in un’istituzione museale pubblica italiana dell’artista, tra i più attuali e noti sperimentatori della ceramica in ambito artistico a livello internazionale e tra i protagonisti della 57ma Biennale di Venezia (qui potete trovare l’intervista ad Arancio dedicata alla mostra).
Il giovanissimo MACTE: la prima casa per una collezione storica
Il MACTE ha oggi la sua prima sede nell’ex mercato rionale della città, un edificio con una grande sala circolare al centro e alcune sale laterali, in passato adibite alla vendita di frutta e verdura. Il museo – ha ricordato la direttrice – «è nato sulla base della collezione creata dal 1955 a oggi attraverso 63 edizioni del Premio Termoli (la prossima si terrà nel 2025), voluto dall’allora sindaco di Termoli che frequentando gli ambienti culturali romani, aveva colto l’importanza e le opportunità insite nell’inserire la città nella mappa degli eventi culturali nazionali e internazionali. Le oltre 500 opere che edizione dopo edizione sono andate a formare la rilevante collezione della città non sono mai state collocate in un luogo adatto alla conservazione, ma sistemate in depositi di fortuna, talvolta vicino al mare, dove l’umidità ha danneggiato alcuni lavori, come nel caso dell’opera di Getulio Alviani. Le opere, inoltre, sono state oggetto di ricerca scientifica e valorizzazione sporadiche, oggi uno dei cardini del MACTE».
La città di Termoli, infatti, dal 2019 ha iniziato a riconoscere a quel patrimonio la rilevanza che merita, istituendo la Fondazione MACTE, per la nascita della quale, ci ha spiegato Riva, «è stata trovata una formula che permettesse al museo non solo di essere fondato, ma soprattutto di resistere nel tempo, perché in Italia l’alternanza politica delle varie giunte può essere un elemento critico per questo tipo di istituzioni culturali. Si è pensato, quindi, di dare vita a una fondazione come sorta di baluardo per permettere al museo una relativa autonomia, indipendentemente dalle amministrazioni che si sarebbero susseguite, che avrebbero potuto comprendere o meno l’importanza di questo luogo.
La Fondazione MACTE è a partecipazione privata-pubblica: la collezione e l’edificio in cui ha sede il museo – la prima sotto la vigilanza della Soprintendenza – appartengono a una partecipata con il Comune di Termoli, mentre il budget operativo, oltre che dai finanziamenti ottenuti dal museo partecipando ai bandi pubblici del Ministero della Cultura, provengono da privati. È così sempre necessario lavorare anche alla costruzione e al mantenimento di una rete che possa permetterci di fare sempre di più e sempre meglio».
La creazione di una sede per il museo è stato un passo fondamentale per la sua esistenza e la sua operatività, non dispone, tuttavia, di spazi per l’esposizione permanente – almeno parziale – della collezione, così la Direttrice ha scelto di legare la presentazione delle opere del museo all’avvicendarsi delle mostre: in concomitanza con ogni progetto espositivo, infatti, vengono presentate opere della collezione in relazione alla mostra in corso, tessendo legami e aprendo prospettive: «si tratta di piccole selezioni di opere che lavorano in continuità o in disgiunzione con le mostre temporanee, che si configurano anche come tentativo di evidenziare come negli anni la tipologia delle opere e i linguaggi dell’arte continuino a cambiare», ci ha spiegato la direttrice.
In questo momento, ad esempio, nelle sale accanto a quelle della mostra di Salvatore Arancio, è esposta una selezione di opere, con una particolare attenziona alla scultura. Ci sono 16 elementi grigi (1976) di Nedda Guidi, una terracotta colorata (senza titolo né data) di Vincenzo Di Giosaffatte, un Obelisco (1970) in bronzo e marmo di Antonino Virduzzo e un Volume in legno (1969) di Giuliana Balice, che ricordano come il Premio, benché maggiormente focalizzato sulla pittura, fosse attento anche a questa forma di produzione artistica.
Il MACTE nel panorama nazionale e internazionale
Oltre a proseguire nell’organizzazione del Premio Termoli, il MACTE è molto attivo nell’incremento degli scambi con altre istituzioni museali e fa parte di AMACI, l’Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani.
In questo momento, ad esempio, il dipinto di Carla Accardi Integrazione con grigio (1960) della Collezione del Premio Termoli è in prestito a Roma, nella grande mostra dedicata all’artista a Palazzo delle Esposizioni (prorogata fino al primo settembre 2024): «Paola Bonani, una delle curatrici della mostra, è stata invitata a Termoli da me nel 2022, – ha ricordato Caterina Riva – e si è ricordata dell’opera nel momento in cui stavamo organizzando la mostra. È molto bello che un’opera che vedrebbero poche persone possa essere mostrata a un pubblico così vasto».
Nel panorama nazionale, inoltre, il MACTE ha costruito «ottimi rapporti con altre istituzioni, per esempio la mostra di Lisetta Carmi “Voci allegre nel buio” che abbiamo portato a Termoli nel 2021- quando l’artista era ancora in vita – proveniva dal MAN di Nuoro diretto da Luigi Fassi, attraverso un’interessante collaborazione anche con l’Archivio Lisetta Carmi. La mostra “JACOVITTISSIMEVOLMENTE: Tutte le follie di Jac!”, realizzata in occasione del centenario della nascita di Jacovitti – proprio a Termoli -, invece, ha rappresentato un’opportunità per lavorare con il MAXXI di Roma: abbiamo organizzato due mostre indipendenti, ma avevamo un titolo unico e una comunicazione parallela, questo è stato molto fruttuoso, anche a livello di affluenza di pubblico, perché ha portato nei rispettivi musei visitatori che andavano da una mostra all’altra.».
Oltre alle mostre, il MACTE si è configurato come luogo di scambio internazionale, grazie a incontri e progetti con artisti che hanno raccontato o portato al MACTE i propri progetti, come Elisa Caldana (1986, Venezia), artista italiana che vive in Olanda, che a Termoli ha presentato il progetto “The Falcon of Karachi” (Il falco di Karachi), dopo una residenza in Pakistan e una mostra presso lo spazio per l’arte West Den Haag a L’Aia. Un’opera dell’artista è entrata a far parte della collezione permanente del museo grazie alla vittoria del finanziamento Italian Council 12 (2023) della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Il museo, infatti, è attivo anche nel continuo ampliamento della collezione con acquisizioni, come quella appena citata, progetti site-specific come la nuova opera collocata all’esterno del museo di Salvatore Arancio, grazie al PAC Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura.
Il MACTE e il suo legame con il territorio: una storia di cura reciproca
La costruzione e la cura di una relazione con il territorio è un altro dei cardini dell’attività del MACTE: il museo lavora, infatti, per restituire e far apprezzare ai cittadini «un patrimonio che – ha sottolineato la direttrice – è già loro, ma che ancora molti non conoscono, perché nel tempo sono mancati le occasioni e gli strumenti affinché potessero imparare ad apprezzarlo e a comprenderne a pieno il valore». Quando Riva parla di questo legame non dice che le opere e il museo appartengono al Comune, ma alla comunità: di fatto si tratta del medesimo concetto, ma in questo modo ricorda l’essenza della fruizione e del funzionamento democratico delle istituzioni. Qui risiede il senso, oltre che dell’impostazione di tutte le attività del museo, anche della decisione di rendere gratuito l’ingresso: accogliere i cittadini in modo che il museo diventi sempre più un luogo di conoscenza e libero pensiero. «La gratuità del biglietto – ha spiegato Riva – è una scelta innanzitutto di accessibilità, di voler aprire il museo anche a persone che non possono permettersi di pagare il biglietto, ma è anche una decisione coerente con la prospettiva di voler restituire questo luogo e queste opere alla comunità a cui appartengono. I biglietti sono stati aboliti dopo la pandemia, come segno della volontà di riabbracciare la comunità in un momento in cui ce n’era grande necessità. Questa scelta forse contribuirà a sfatare il mito secondo cui i biglietti d’ingresso dei musei portano ricchezza alle istituzioni, sappiamo bene che non funziona così».
I servizi educativi del museo come “dimensione” di sperimentazione collettiva
Il museo dà grande impulso alle attività del servizio educativo, rivolte a un ampio ventaglio di pubblico: «questo tipo di attività – ha ricordato Riva – sono sempre state un aspetto fondante del lavoro che proviamo a fare qui al MACTE. Offriamo laboratori per scuole di ogni ordine e grado del territorio, che significa non solo Termoli, ma anche le zone limitrofe. Per i percorsi partiamo sempre dall’offerta espositiva del museo, con momenti di visita guidata, altri di attività di laboratorio, che mettano in moto delle suggestioni date dalla visita alla mostra e rendono protagonisti i partecipanti.
Ci sono anche varie attività rivolte a diversi gruppi di interesse specifico: abbiamo organizzato dei laboratori invitando degli artisti, che ritengo essere il modo più interessante per portare delle ricerche al pubblico e avere immediatamente un riscontro. Ad esempio abbiamo invitato l’artista Claudia Losi, che ha condotto un laboratorio destinato agli adulti, i quali hanno riempito di disegni alcune pareti con una sorta di lavoro collaborativo. Abbiamo proposto una serie di laboratori con l’artista Nico Angiuli e il suo progetto Part-time Resistence con la partecipazione dei cittadini a un’altra opera collettiva, ma non tangibile e vicina all’idea di trasmissione di storie e saperi. Potete approfondire tutte queste attività sul nostro sito, nella sezione MACTE Digital.
Per la mostra in corso a settembre offriamo un laboratorio per adulti e famiglie: verrà Francesca Anfossi, artista italiana che vive a Londra, e che gestisce un laboratorio di ceramica nella capitale britannica che si chiama Rochester Square. Ispirandosi alle forme delle opere di Salvatore Arancio i partecipanti potranno elaborare delle piccole sculture di pane. Il progetto è realizzato in collaborazione con l’Istituto Alberghiero di Termoli e utilizzeremo il suo laboratorio.
Un’altra proposta molto recente è il progetto di Marco Lampis, che stiamo elaborando in parallelo alla mostra in corso e che è disponibile su MACTE Digitial e Spotify del museo: sono a disposizione del pubblico delle audiodescrizioni in italiano e in inglese. Il percorso espositivo, infatti, verrà raccontato pensando a chi non può vederlo, sia al pubblico non vedente che a chi, per diverse ragioni, non può recarsi fisicamente a Termoli.
Il MACTE e Termoli
La sede del MACTE è poco fuori dal centro storico. Uscendo dal museo ci si trova abbracciati da Termoli, una cittadina accogliente e bellissima, con il borgo antico affacciato sul mare, la spiaggia a ridosso del centro storico, che con i suoi 31mila abitanti durante la stagione estiva diventa meta molto frequentata. A guardarla sulla cartina geografica d’Italia sembra lontana dai centri maggiormente rilevanti per l’arte contemporanea, poi andandoci ci si rende conto che per arrivarci ci sono treni veloci diretti, ad esempio, da Milano, Bologna e Venezia, mentre per raggiungerla da Roma si possono utilizzare delle linee di autobus.
Il MACTE non dovrebbe mancare nell’agenda di ogni appassionato d’arte o professionista del settore, non solo per la ricchezza della sua collezione e per la qualità delle mostre, ma perchè è una vivace fucina di idee e progetti, che ha saputo fare della sua posizione decentrata un punto di forza, come ricorda Riva: «essere lontani dai grandi centri rende più complesso attirare pubblico, ma consente una grande libertà sperimentale nella programmazione».
Il MACTE e le sue attività incarnano ciò che un museo dovrebbe essere, ricordano che è un bene comune e rendono evidente quanto sia prezioso per il territorio e per il dibattito culturale nazionale e internazionale. Per dare vita a un museo capace di tutto ciò sono necessari tanta preparazione, esperienza, lungimiranza e coraggio e Caterina Riva possiede tutte queste caratteristiche, che le hanno permesso di creare un museo che prima non c’era, perché collezione e sede sono le basi, ma per farne un’istituzione capace di essere significativa per il territorio e incisiva all’interno del sistema dell’arte è imprescindibile un lungo lavoro: esattamente quello che ha fatto – e continua a fare – del MACTE il gioiello che oggi Termoli può vantare.