Negli spazi del Padiglione Venezia della Biennale Arte 2024 Stranieri Ovunque, ai Giardini della Biennale, fino al 24 novembre 2024 è possibile immergersi nella potenza della pittura di Safet Zec, artista bosniaco italiano di adozione, «considerato dalla critica internazionale di straordinarie qualità espressive, dalla potente comunicativa».
«Zec vive in Italia dal 1992 quando, fuggito dalla Bosnia dilaniata dalla guerra fratricida, ha trovato a Venezia l’accoglienza, le condizioni e la forza per riprendere la sua attività di pittore e incisore. La sua partecipazione al Padiglione Venezia non è solo una testimonianza artistica ma anche un riconoscimento umano e civile di un profondo e reciproco legame con la città, divenuta sua seconda patria», hanno ricordato gli organizzatori
«Sono stato profondamente gratificato dall’invito ricevuto a esporre al Padiglione Venezia, anche se arriva per me in età avanzata…È stata una sorpresa che mi ha riempito di gioia e offerto ancora una volta l’occasione per mostrare le mie opere, non solo al pubblico veneziano ma anche a quello europeo e internazionale. Con orgoglio ho considerato questo evento un segno di fiducia e di continuità seguito alle molte occasioni che ho avuto di esporre le mie opere qui a Venezia, tra cui la grande antologica al Museo Correr nel 2010 e il ciclo Exodus nella Chiesa della Pietà nel 2017. Spero di essere un degno rappresentante della città di Venezia che oggi è anche la mia città, oltre che della mia terra d’origine, dove spesso faccio ritorno», aveva dichiarato l’artista in seguito all’invito.
La storia di Safet Zec, tra Sarajevo e Venezia
«Pittore e incisore, Safet Zec nasce nel 1943 a Rogatica, in Bosnia-Erzegovina. Dopo gli studi compiuti alla Scuola di Arti Applicate di Sarajevo e all’Accademia di Belle Arti di Belgrado, Zec diventa la figura centrale del movimento artistico chiamato “Realismo poetico”.
Vive e lavora a Belgrado fino al 1989. A partire dai primi anni Novanta si impone come uno degli artisti più importanti del suo paese, presente nelle maggiori e più qualificate esposizioni internazionali.
Negli anni che seguono è di nuovo a Sarajevo, fino al 1992 quando, a causa della guerra che colpisce la ex-Jugoslavia, è costretto a lasciare il proprio paese e arriva in Italia, prima a Udine e poi nel 1998 a Venezia, che diventa per lui una seconda patria, alla quale oggi “appartiene”, non solo come cittadino veneziano, ma come cittadino di nazionalità italiana.
In Italia Zec si ritrova a dover ricostruire non solo la propria esistenza, ma anche la sua produzione. Lavora alacremente a nuove tele, disegni e incisioni, tanto che già nel 1994 è pronto per la prima mostra in Italia, nella quale espone le sue nuove creazioni. Solo una decina di tele arrivate da una galleria tedesca si pongono a testimonianza della precedente attività di Zec.
Nel corso del tempo espone in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, vantando all’attivo oltre cento mostre. A partire dalla fine del conflitto nell’ex Jugoslavia, Zec riprende a frequentare assiduamente la sua terra. Lo Studio-Collezione Zec, nel cuore di Sarajevo, è stato riaperto ed è divenuto un centro di iniziative culturali, oltre che sede espositiva delle sue opere.
Oggi Safet Zec vive e opera tra Venezia e Sarajevo, hanno ricordato gli organizzatori».
«Vorrei ricordare di essere stato un profugo – ha sottolineato l’artista -, un uomo che ha dovuto abbandonare il paese che amava, il paese dove è nato, vissuto, si è istruito, ha studiato…paese dilaniato dalla guerra e dai nazionalismi. In Jugoslavia mi ero affermato e avevo acquisito una posizione di prestigio nel mondo della pittura, che oggi mi viene altrettanto riconosciuta da Venezia, mia amata città d’adozione».
Il percorso espositivo del Padiglione Venezia
«Ho sempre vissuto l’arte come una religione, con totale dedizione. Ho sempre avuto una fede cieca nel valore dell’arte e nei valori che solo l’opera dell’artista arriva a trasmettere attraverso un linguaggio senza barriere», ha sottolineato Zec.
Questo approccio si rilfette pienamente nella struttura del percorso espostivo: «Safet Zec – infatti – ha voluto ricostruire all’interno degli spazi espositivi del Padiglione Venezia, richiamandone il tema, il suo atelier, la sua “casa”. “In questo spazio dove ho cercato di ricreare l’atmosfera lavorativa, intima e personale, ma da sempre aperta agli incontri, del mio studio, che per decenni è stato a San Francesco della Vigna – ha sottolineato l’artista – spero si possa cogliere in modo tangibile il mestiere della Pittura, che è il mio mestiere.” Le immagini, le atmosfere, gli strumenti dell’atelier veneziano di Zec, suo mondo, rifugio, origine e “grembo” di una attività artistica che rinasce e si rinnova, rappresentano il fil rouge che conduce e accompagna la composizione di opere creata per il Padiglione».
«L’esposizione presenta una selezione di opere non solo recenti. Ad accogliere i visitatori nello spazio che conduce verso lo studio, dove pittura e poesia si incontrano, la prima grande opera Uomo e bimba (2017), vibrante testimonianza del grido di dolore di Zec contro l’orrore della guerra, che si completa, sul retro, con l’opera Donna o Madre con bambino, realizzata appositamente per la Biennale. Qui, l’immagine di una donna che stringe tra le braccia con disperata tenerezza un bimbo diventa rappresentazione metafisica del dolore universale. Accompagnano verso l’atelier struggenti mani tese di una umanità che cerca, nella preghiera o nell’abbraccio, aiuto, soccorso, pietas, in una sequenza vibrante, quasi musicale».
«Varcando la soglia di questo atelier della memoria, luogo fisico e, al contempo, interiore e introspettivo, si intraprende un viaggio alla scoperta dell’identità di un artista fuori dal tempo e dagli schemi, attraverso temi e soggetti che hanno accompagnato la sua vita: l’esplosiva bellezza delle chiome d’albero accanto alle forme sublimi di un corpo femminile, nature morte, letti sfatti, finestre spalancate, forme di pane di suggestione sacrale.
E ancora, il tavolo da lavoro, raffigurato in una grande tela work in progress, speculare al suo tavolo da lavoro dove gli strumenti del mestiere, la Pittura, si incontrano creando un microcosmo che racconta la personale ricerca artistica di Zec. Colori, matite, tempere, bulini, punte secche, pennelli, barattoli, tavolozze, dai quali l’artista riesce a trarre l’essenza più profonda.
Opere dal segno personalissimo e inconfondibile, denso e poderoso, di struggente autenticità e potenza che coinvolge immediatamente chi le osserva: oli, tempere, disegni a matita, schizzi e studi preparatori – grandi dipinti e piccole tele – appoggiate ai muri, appese e sospese, posate sui cavalletti o a terra, realizzate da Zec dal suo arrivo a Venezia ad oggi».
«La pittura di Safet Zec, – ha affermato Giandomenico Romanelli – [è] una vocazione totalizzante, che l’artista vuole condividere con il pubblico in questo spazio “domestico e affettivo” di creazione, il suo studio, che diventa luogo di incontro, scambio e condivisione, “fluisce con l’incontenibilità di un fiume in piena, possente e composita, lirica o tragica, dolente o gioiosa. Perché è proprio questa l’impressione che si prova nell’accostarsi alla sua opera: l’impeto tumultuoso di una scrittura solida, epica e classica, profonda e onirica…».