A un anno preciso dalla sua scomparsa, si terrà a Roma dal 17 settembre 2024 al 19 gennaio 2025, in Palazzo Bonaparte, un evento espositivo dedicato a Fernando Botero.
Il pittore colombiano era nato a Medellìn,19 aprile del 1932 ed è mancato a Montecarlo il 15 settembre dello scorso anno. L’omaggio verte sulla selezione di opere eseguite a olio su tela e in acquarello su carta. Nel percorso degli anni Botero si era stabilizzato in una formula figurativa – direi persino una simpatica ossessione – di personaggi maschili e femminili obesi, con bocche e labbra minute su volti immaturi ed espressivamente indifferenti.
La sua esecuzione pittorica – tonale e garbata – metteva in scena presenze sdraiate oppure erette, del tutto noncuranti della loro evidente corposità e intente in normali attività quotidiane. Si trattava infine di un tutto tondo dilettevole per il collezionista insofferente ai contenuti delle Neoavanguardie degli ultimi tre decenni del secolo scorso, e assai divertente anche per l’osservatore non adulto, ma possibilmente accompagnato.
Nel 1955 aveva sposato Gloria Zea, laureata in filosofia e futuro ministro della cultura, che trasformerà Bogotà in una capitale dell’arte dell’America Latina. Il loro matrimonio si concluderà in un divorzio dopo circa cinque anni. Nel 1961, ancora giovane di età e di fama, aveva avuto il privilegio di entrare nella collezione del Metropolitan Museum of Art di New York, con l’acquisto di Monna Lisa all’età di dodici anni, una delle sue prime reinterpretazioni di capolavori museali.
Personaggio irrequieto e nomade intercontinentale, nel 1964 si risposa con la fascinosa casalinga Cecilia Zamborano. Tuttavia, cinque anni dopo e un secondo divorzio lo ritroviamo sposo con Sophia Vari, artista greca che godeva in quegli anni di una fama internazionale.
Nel 1978, ho conosciuto entrambi i personaggi: lei di una grande bellezza classica, lui un gattone di poche parole, venuto a Torino in Bolaffi Arte per il servizio sul mensile n.76. Fu intervistato dal direttore Umberto Allemandi e firmò la tiratura di 500 fotolitografie per gli abbonati.
L’artista colombiano è stato anche scultore. Ha fuso in bronzo le sue ricerche dall’armonica corporeità, presenze rasserenanti collocate nelle piazze delle principali città degli Stati Uniti e in quelle delle capitali europee. Il suo messaggio ottimista, popolare, pieno di verve latinoamericana, si può ben opporre per contrasto con quello europeo dello scultore svizzero Alberto Giacometti, la cui plasticità longilinea – figure oltre la soglia dell’anoressia – è rivelatrice di un aspro Espressionismo esistenziale. Due artisti separati da un’enorme distanza geografica e culturale, ma entrambi portatori di un’interpretazione visionaria della nostra umanità.