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Desiderio e nostalgia per luoghi sconosciuti e astratti. Intervista a Lily Wong, in mostra a Milano

Lily Wong in her studio. Photo: Matt Grubb.

Conosciuta per le sue narrazioni stratificate e complesse, Lily Wong (1989 Seattle, WA) ci guida attraverso un universo di memorie frammentate, dove fantasia e dramma si intrecciano in un viaggio alla scoperta dell’identità e della memoria culturale. L’abbiamo intervistata in occasione della sua prima mostra personale in Italia, presso la Galleria Poggiali, che inaugurerà il 3 ottobre nella sede di Foro Buonaparte 52 a Milano.

Lily, ogni percorso artistico ha un inizio. Qual è stata la prima opera che hai considerato davvero come arte? Come è nata e in che modo rifletteva le tue esperienze o influenze personali?

In realtà, non ricordo nulla di specifico! Ho sempre amato disegnare, ma ho iniziato a interessarmi seriamente all’arte perché volevo lavorare nel design di costumi o scenografie per film, specialmente film di avventura e fantasia. Ero affascinata dal processo di costruzione di storie elaborate e dalla creazione di nuovi mondi. Alla fine non ho seguito quella strada, ma penso che il desiderio di creare e visualizzare narrazioni continui a manifestarsi nel modo in cui disegno e dipingo. La narrazione è essenziale nel mio lavoro.

Come pensi sia cambiato il tuo approccio all’arte nel tempo? Ci sono stati momenti particolari che hanno segnato una svolta nel tuo modo di lavorare?

Sono sempre stata attratta dalla narrazione e dall’arte figurativa, soprattutto su carta, quindi il mio stile in questo senso è stato piuttosto coerente. Si potrebbe dire che sono molto fedele al mio medium… o molto testarda! Tuttavia, il mio lavoro ha subito notevoli cambiamenti nel corso degli anni. Ho iniziato come disegnatrice e incisore, quindi guardavo spesso opere su carta, come le stampe giapponesi Ukiyo-e, i manoscritti illustrati o i fumetti. Queste opere sono spesso piccole e intime, quindi anche il mio lavoro ha riflettuto questo stile per molto tempo, rimanendo di dimensioni ridotte e quasi esclusivamente in bianco e nero o monocromi scuri. Negli ultimi 4 o 5 anni, però, ho iniziato a espandere le dimensioni e a lavorare a colori. Questo cambiamento, che potrebbe sembrare piccolo per un altro artista, per me è stato una grande svolta, e ha portato una nuova profondità narrativa nei miei dipinti. Ha aperto nuove possibilità e mi ha resa una creatrice più intuitiva.

ily Wong, Echo, 2024, acrylic on paper, 74.93 × 242.57 cm. Courtesy l’artista, Galleria Poggiali e Lyles and King

Il tuo processo creativo ha una struttura definita? Come nasce e si sviluppa una tua opera?

Colleziono immagini che mi colpiscono e le conservo in cartelle: da piante a pubblicità, fino a foto di famiglia o dipinti. Tengo anche un quaderno per fissare rapidamente idee su gesti o composizioni che mi ispirano. A volte questi schizzi diventano immediatamente studi più grandi o dipinti finiti, altre volte li lascio da parte e li riprendo più avanti.

Quando inizio un nuovo pezzo, di solito ho già un’idea su cui sono concentrata, ma torno sempre alle immagini e agli schizzi raccolti per cercare nuove connessioni prima di cominciare. Allo stesso tempo, cerco di evitare di sovrapensare; a volte i migliori dipinti nascono rapidamente. Lavoro spesso su più opere contemporaneamente, così, se mi blocco su una, posso passare a un’altra e ritornarci con occhi nuovi.

La tua prossima mostra alla Galleria Poggiali sarà accompagnata da una conversazione in catalogo con la curatrice Anne-Laure Lemaitre. Come si è sviluppata questa collaborazione e quali temi esplorerai nelle opere esposte?

Anne-Laure Lemaitre è prima di tutto una mia cara amica. In questo caso ha fatto da ponte presentando il mio lavoro alla Galleria Poggiali. È molto importante il suo coinvolgimento nella mostra, poiché ha seguito da vicino l’evoluzione del mio lavoro negli ultimi anni. Molte idee su cui abbiamo riflettuto insieme si concretizzano proprio in questa mostra.

Il mio lavoro continua a esplorare il senso di desiderio e nostalgia per luoghi sconosciuti o astratti, legati alla storia personale o a esperienze più intangibili. Sono interessata a come ereditiamo esperienze e memorie, e a come queste si tramandano nel corpo. Questa mostra esplora la mia mitologia personale, intrecciando passato e futuro.

Nelle opere esposte, volevo rendere omaggio alla tradizione dei lavori su carta. Ho pensato a due formati: il dipinto a rotolo e quello a pergamena appesa. I rotoli, che si leggono in sezioni, creano una narrazione continua. Ho creato due dipinti lunghi che imitano questo formato, permettendo al passato e al presente di dialogare su una singola superficie. D’altro canto, i dipinti verticali si ispirano ai dipinti a pergamena appesi, che si vedono nella loro interezza, come vignette di una storia più ampia.

Dopo questa mostra, quali sono i tuoi progetti futuri? Hai già qualcosa in cantiere per il prossimo anno?

Ho in programma una partecipazione a una mostra collettiva presso la Newchild Gallery ad Anversa, di cui sono molto entusiasta. Quando tornerò in studio, comincerò a lavorare per la mia prossima personale alla Lyles & King a New York, prevista per l’autunno prossimo. Questa mostra alla Galleria Poggiali ha chiarito molte idee su cui stavo riflettendo da tempo, e sono entusiasta di vedere come il lavoro evolverà verso la prossima fase.

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