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La Dame aux camélias. Il balletto di John Neumeier seduce al Teatro alla Scala di Milano

Mattia Semperboni, Martina Arduino e Nicola Del Freo. Mattia Semperboni, Martina Arduino e Nicola Del Freo.
Mattia Semperboni, Martina Arduino e Nicola Del Freo.
Mattia Semperboni, Martina Arduino e Nicola Del Freo. Ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Il balletto La Dame aux camélias su musiche di Fryderyk Chopin e coreografato da John Neumeier, è al Teatro alla Scala di Milano dal 25 settembre al 16 ottobre 2024.

Fu durante un pranzo con Marcia Haydée che a John Neumeier venne l’idea di creare per lei La Dame aux camélias, dal romanzo di Alexandre Dumas figlio. Il balletto fu realizzato nel 1978 per il Balletto di Stoccarda e da allora fu replicato centinaia di volte per i grandi teatri di tutto il mondo, considerato da subito uno dei capolavori del coreografo americano. Neumeier scelse di ispirarsi al romanzo e non all’opera verdiana La traviata, e sulle note struggenti di Chopin costruì il suo dance drama. La scelta musicale gli venne suggerita dal direttore d’orchestra Gerard Markson che in breve tempo preparò al coreografo una raccolta di brani chopeniani adatti al balletto.

A differenza del dramma di Dumas, Neumeier integra la storia con i personaggi di Manon Lescaut e Des Grieux, questo perché proprio nel testo si parla di un dono del romanzo dell’abate Prévost fatto da Armand a Marguerite. Nel balletto, infatti, i due amanti si conoscono a teatro durante una rappresentazione di Manon (un dramma nel dramma), ed è sempre con Manon che si chiuderà il balletto: un drammatico pas de trois in cui Marguerite si identifica completamente con Manon metterà la parola fine al tutto.

Alina Cojocaru e Claudio Coviello. Ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala
Alina Cojocaru e Claudio Coviello. Ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Come in altri lavori, anche ne La Dame Neumeier pone il perno centrale della sua ricerca nell’introspezione psicologica dei personaggi e pur restando ancorato alla tradizione ballettistica, opera un’innovativa e irreversibile trasformazione drammaturgica. Neumeier mette l’individuo al centro della sua ispirazione, con tutte le complessità che lo caratterizzano. Non tralascia né le dinamiche intime, né quelle sociali, che ne cadenzano il destino e, scegliendo la forma del grand–ballet, presenta un lavoro comprensivo di prologo e tre atti, in un linguaggio neoclassico.

Avvalendosi del genio di Jurgen Rose, cura ogni minimo dettaglio scenico rimandandoci a una felicissima composizione del miglior cinema. Ogni elemento contribuisce sapientemente alla definizione a tutto tondo della psicologia dei personaggi, inseriti in un contesto storico sociale ben preciso. Marguerite sembra quasi faticare nello stare al passo con la vacuità dell’ambiente che frequenta ed è proprio questo suo “smarrimento” a far innamorare Armand, che la vede subito così diversa dalle altre. In effetti Marguerite è diversa da chi la circonda e per questo anche estremamente sola. Una solitudine che la accompagnerà in tutta la sua breve esistenza. É una creatura fragile e persa ”in quel popoloso deserto che appellano Parigi”(dirà nell’opera verdiana), che nel balletto di Neumeier trova conforto nell’identificazione quasi masochistica con Manon, libera, incostante, istintiva.

La musica di Chopin riproduce perfettamente il dualismo tra l’estroversa apertura ai riti sociali del suo tempo e l’espressione palpitante dei più segreti moti dell’anima” scrive Silvia Poletti nella sua introduzione al balletto. Nell’opera di Neumeier i personaggi brillano tutti indistintamente come se avessero un’anima, inseriti in una drammaturgia impeccabile all’interno di un linguaggio coreografico che si avvicina notevolmente al teatro, trasformando la danza in espressione pura.

Alina Cojocaru, Claudio Coviello. Ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Nello spettacolo alla Scala, che mancava dal cartellone da sette anni, si è apprezzato tutto il valore del balletto grazie in primis ai protagonisti Alina Cojocaru e Claudio Coviello, per la prima volta insieme nella serata del 3 ottobre, straordinari nei rispettivi ruoli di Marguerite Gautier e Armand Duval. All’interno della musica chopeniena, che rende l’atmosfera ammaliante, la coppia ha incantato il pubblico nei quattro fatidici e solitari passi a due che accelerano l’azione, svelando le loro emozioni e tutto il coinvolgimento reciproco con intensità straordinaria. Drammatico e particolarmente intenso l’ultimo pas de deux in cui Marguerite si reca da Armand per chiedergli perdono. Il giovane è pieno di rancore, ma in entrambi rivive il fremito del primo incontro in tutta la sua magia e passione. Un passo a due in cui sono insiti tanto la disperazione dell’addio, quanto il dispiacere di essersi inflitti a vicenda un dolore senza ragione.

Bravissima anche Martina Arduino nel ruolo di Manon, frizzante e seduttiva nel primo atto e poi drammatica nel finale dell’opera in cui si va a confondere, come voluto da Neumeier, con Marguerite nel pas de trois assiene a Nicola del Freo(Des Grieux): uno dei più tristi, ma anche belli ed acuti brani che siano mai stati concepiti per un balletto.

Un plauso sicuramente anche per l’Orchestra del Teatro alla Scala e il maestro Simon Hewett che ha diretto il corpus di musiche di Chopin scelte da Neumeier, e soprattutto a Vanessa Benelli Mosell, al pianoforte per la prima volta con il balletto scaligero. La pianista ha saputo dare la giusta intensità alle miniature perfette ed essenziali dei Preludi scelti dal coreografo, quanto alla romanza dal Concerto n. 1, all’elegantissima polacca, nonché al largo della Sonata n. 3 in si minore op.58, facendo volare le sue dita sulla tastiera, emulando davvero la leggerezza dei ballerini.

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