Michael Craig-Martin, figura chiave dell’arte britannica nonché annoverato come uno degli artisti e insegnanti più influenti della sua generazione, satura di pop minimale le Main Galleries alla Burlington House con una retrospettiva dei suoi 60 anni di carriera. Sino al 10 dicembre 2024 infatti, la Royal Academy of Arts presenta la più grande retrospettiva dedicata al lavoro dell’artista con oltre 120 opere che spaziano dagli anni Sessanta ai giorni nostri – tra cui sculture, installazioni, dipinti e disegni, oltre a lavori concepiti ex novo per l’occasione.
Nato in Irlanda, Craig-Martin – dopo aver studiato in America ed essersi trasferito a Londra, ove dal 1966 vive –ha delineato un linguaggio artistico proprio, fondendo elementi di pop, minimalismo e arte concettuale. La Sua ricerca trasforma infatti oggetti riconoscibili – come elementi domestici, dispositivi mobili, ma anche opere d’arte famose ed edifici modernisti – con colori audaci e linee semplici, facendo assumere loro una risonanza paragonabile a quella dei quadri storici, dei ritratti o delle nature morte.
Delle opere che si fanno riflesso della vita contemporanea modellata a immagine degli oggetti che definiscono essa stessa.Questo perché Michael Craig-Martin ha come obiettivo quello di far vedere le cose familiari in modo diverso. Negli ultimi 60 anni l’artista ha infatti utilizzato la scultura, l’installazione, la pittura, il disegno e stampa per sfidare il modo in cui è soliti guardare gli oggetti ordinari – basti pensare allasua opera più famosa, An Oak Tree, in cui presenta un bicchiere d’acqua su uno scaffale accompagnato da un testo in cui dichiara di aver trasformato l’oggetto in un albero.
E dunque dopo il minimalismo i degli esordi, l’artista iniziato a cercare nuove direzioni da dare al suo lavoro, e verso la fine degli anni ’70ha realizzato una serie di disegni murali di oggetti fabbricati immediatamente riconoscibili come libri, globi, lampadine, scale a pioli. Dopo la svolta cromatica nei primi anni ’90 – in cui, in occasione di una mostra alla British School at Romedipinse metà della sala in crema e verde scuro e l’altra metà in rosa –si è dedicato alla pittura, realizzando opere di grandi dimensioni in cui combinava oggetti comuni in una composizione massimamente colorata.
La disposizione degli oggetti in queste composizioni è spesso ambigua, invitando l’osservatore a ricercare le proprie narrazioni e, così facendo, a guardare le cose familiari con occhi nuovi. Desideroso di affrontare concetti più astratti, nei primi anni 2000 Craig-Martin ha realizzato una serie di opere che incorporanodel testo, sviluppando – al contempo – un alfabeto visivo in cui ogni lettera corrispondeva a un oggetto, senza alcuna connessione apparente. Più di recente, Craig-Martin ha realizzato una serie di opere che rendono omaggio ai suoi artisti preferiti, reinterpretando opere d’arte iconiche nel suo stile inconfondibile.
Come Pablo Picasso e Richard Hamilton prima di lui, l’artista ha reimmaginato Las Meninas di Diego Velázquez , Un bar alle Folies-Bergère di Manet e Le bagnanti ad Asnières di Seurat. Trattando queste opere d’arte nello stesso modo in cui tratta gli oggetti e scomponendo le composizioni con linee nette, l’artista richiama l’attenzione sui dettagli delle opere originali.
Tutte le sfaccettature sopracitate del lavoro di Craig-Martin sono narrate nella mostra in modo cronologico e puntuale, dai primi lavori sino all’opera creata appositamente per questa esposizione. Dal titolo Cosmos, quest’ultima è la prima installazione digitale a 360 gradi dell’artista; un’opera che avvolge lo spettatore nel mondo dei suoi oggetti e, come la mostra stessa, ripercorre la carriera di Craig-Martin. Un’opera che, come lui stesso afferma, è una sintesi del cosmo, del mio cosmo. Del cosmodi quell’artista che fatto delguardareuna sua indelebile edistintivacifra stilistica.