La passione per la cultura e la bellezza, vivacizzata da massicce dosi d’ironia, è stata il collante che ha indissolubilmente unito la regista Lina Wertmüller e lo scenografo Enrico Job dal 1965, l’anno del loro incontro, al 2008, l’anno della morte di lui. Il gusto per il gioco che ha così fortemente caratterizzato la loro vicenda coniugale e professionale si riflette nelle scelte d’arredo fatte per il palazzetto settecentesco con annesso vigneto ereditato da Enrico per via materna. Scorrendo il catalogo dell’asta si rimane infatti colpiti dall’elegante e al contempo divertente congerie di mobili e oggetti assemblata negli anni dalla coppia (lotti da 1 a 169): non solo mobili e dipinti di gusto spesso neoclassico ma anche giocattoli antichi, gabbiette svizzere di fine ‘800 con uccellini automa, rari salvadanai americani vintage, mappamondi e sfere armillari, cavalli a dondolo, teatrini delle marionette e chi più ne ha più metta.
Nei 44 anni del loro sodalizio umano e professionale, Lina ed Enrico hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema mondiale, attraendo nel vortice della loro carismatica creatività una scuderia di mirabolanti talenti con cui, inevitabilmente, si intrecciavano anche intensi rapporti di amicizia.
Giancarlo Giannini, Mariangela Melato, Sophia Loren, Marcello Mastroianni e tanti altri nomi del gotha internazionale della cultura e dello spettacolo alla Palazzina erano di casa. Li si vedeva immancabilmente arrivare per prendere parte al cocktail di Natale, tradizionalmente aperto da un concerto di musica classica e da un recital di poesie di alto livello qualitativo.
Quel via vai di celebrità che conferiva alla casa un fascino tutto speciale è stato per anni il memento dell’importanza rivestita dalla coppia nella storia del cinema della seconda metà del ‘900, un’importanza ben chiara ai cinefili americani ma che in parte ancora sfugge al pubblico italiano. Non che in Italia Lina Wertmüller non fosse conosciuta, era al contrario famosissima, ma forse è stato proprio il successo popolare intercettato dalla grottesca comicità delle sue pellicole cinematografiche a oscurare sia la profondità del suo sfaccettato talento che il ruolo nodale svolto dalla regista nello sviluppo del cinema d’autore femminile mondiale.
L’asta di Capitolium Art offre pertanto la preziosa occasione per ricordare le tappe salienti della carriera, a dir poco strepitosa, di una pioniera assoluta. Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Español von Brauchich, pestifera studentessa di nobile famiglia capace di farsi cacciare da undici istituti scolastici, è stata infatti una prima della classe assoluta nel corso di una vita professionale vissuta a tutto campo nel mondo dello spettacolo. Senza mai farsi condizionare dal timore che essere donna avrebbe potuto ostacolare le sue ambizioni autoriali, è semplicemente andata dritta per la sua strada:
Me ne sono infischiata…scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva. Ho avuto un carattere forte, fin da piccola…Sul set comandavo io. Devi importi. Gridavo e picchiavo. Ne sa qualcosa Luciano De Crescenzo. Durante le riprese di Sabato, domenica e lunedì con Sophia Loren non faceva altro che gesticolare con l’indice di una mano e così per farlo smettere gli azzannai il dito.”
Un vero Gian Burrasca. E, infatti, nel 1964-1965, è stata la prima donna regista ad avere successo in TV con il Giornalino di Gian Burrasca, delizioso sceneggiato accolto da trionfali consensi di pubblico. Nel cinema, è stata, poco più che trentenne, aiuto regista di Fellini in film di storica importanza come La Dolce Vita e 8 ½, ma è stata anche la prima donna a firmare, sotto lo pseudonimo di Nathan Wich, un western all’italiana. Nell’edizione del 1972 del Festival di Cannes è stata la prima donna candidata alla Palma d’oro come migliore regista per Mimì metallurgico ferito nell’onore, così come, nel 1977, è stata la prima donna candidata al premio Oscar per la miglior regia grazie all’irresistibile vis satirica di Pasqualino Settebellezze. A differenza della maggior parte delle registe donne che, dopo di lei, hanno conquistato importanti riconoscimenti, Lina Wertmüller non si è mai fatta confinare nel soffocante ruolo di regista d’élite, riuscendo a realizzare film di grande successo commerciale.
E non si riesce a immaginare premio più meritato dell’Oscar alla carriera assegnato nel 2020 alla donna che aveva fatto della sua storia professionale un incessante percorso di ricerca attraverso ogni aspetto delle arti sceniche: dal teatro dei burattini a quello dell’opera, dalla televisione alla radio, dal teatro impegnato al cinema, non facendosi mancare brillanti digressioni in campi inaspettati come quello della musica pop. Per chi non se lo ricordasse, portano la firma della regista romana i testi di alcune hit degli anni ’60: Mi sei scoppiato dentro al cuore di Mina, il Geghegè di Rita Pavone e tutte le canzoni, a partire da Viva la pappa col pomodoro, da cui era composta la colonna sonora del Giornalino di Gian Burrasca, musicata da Nino Rota.
Il suo spirito da avventuroso incursore arretrava solo negli ambiti di pertinenza del marito, Enrico Job, il geniale scenografo che Vittorio Gassman definiva l’ineguagliato “Architetto drammaturgico” del teatro italiano per sottolinearne la capacità di costruire scene perfette.
La storia dell’inossidabile sodalizio, professionale oltre che umano, formatosi tra la regista e quell’uomo “bellissimo, coltissimo, spiritoso” è nota ed è bellissima, ma non deve farci dimenticare le importanti collaborazioni che costellano la prestigiosa carriera di Job, scenografo, solo per fare alcuni nomi, di Luca Ronconi, Gorgio Strehler ed Eduardo De Filippo in teatro, e di Mario Missiroli, Francesco Rosi e Marco Bellocchio al cinema. Di Job ci restano anche alcuni piccoli romanzi tra cui uno “La Palazzina di villeggiatura”, edito da Sellerio, che racconta la storia della casa da cui provengono gli arredi posti in vendita da Capitolium Art.
Quella storia così affascinante spiega il radicamento di Lina ed Enrico in Franciacorta, un territorio amato da entrambi e vissuto non solo come suggestivo sfondo di feste indimenticabili ma anche con amorevole condivisione delle sue tradizionali vocazioni, prima fra tutte quella per l’enologia. Appurato che nei vigneti annessi alla Palazzina era stato eseguito, a inizio ‘900, il primo impianto di uve Chardonnay della Franciacorta, Lina ed Enrico hanno voluto, dalla fine degli anni ’70, partecipare fattivamente all’esaltante avventura imprenditoriale che ha trasformato una piccola area della provincia di Brescia nella seconda area di produzione più importante, a livello mondiale, di spumanti metodo classico.
Con l’asta di Capitolium Art si chiude una pagina avvincente della storia del cinema italiano. Resta il piacere di potersi aggiudicare un pezzo proveniente dalla piccola reggia campestre dei protagonisti di un racconto che non potremo mai dimenticare.
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Antiquariato dalla dimora in Franciacorta
di Lina Wertmüller e Enrico Job e altre committenze
Il catalogo dell’asta è online su www.capitoliumart.com
Per informazioni:
Giorgio Rusconi giorgio.rusconi@capitoliumart.it
Filippo Durante filippo.durante@capitoliumart.it
Federica Vinci federica.vinci@capitoliumart.it