Il nuovo libro di Carlo Vanoni ci trascina nell’universo di un gruppo di artisti, e non solo, che hanno cambiato il mondo. Anche bruciando, tanto i paradigmi, quanto le proprie vite
Dopo l’ultimo Io sono il cambiamento. Storia di Arte Carlo Vanoni torna in libreria con un nuovo titolo, di nuovo per Solferino: L’arte quando brucia. I cinque decenni che hanno cambiato la bellezza. Un libro, come viene presentato dalla casa editrice, che traccia “Un itinerario con cinque singolari protagonisti, ciascuno dei quali ci guida attraverso un decennio del Novecento: sono Jackson, Mario, il Tedesco, Francesca e lo Squalo”.
E noi, stavolta, li lasciamo esattamente con i loro nomi comuni e soprannomi, senza rivelarvi delle loro esistenze ufficiali, più uniche che rare tanto nell’universo privato quanto nel pubblico, in carriere fulminanti o fulminee, tuttavia sempre marcanti, da New York – dal Bronx all’Upper East – a Roma, da Monaco a Londra, da Bologna a Parigi.
Ovviamente i cinque decenni sono racchiusi, come scritto poco sopra, nel secolo passato, dove “uno a caso” raccontato nel libro si fece ingabbiare con un coyote, un altro impacchettò scogliere, altri fecero esplodere tonnellate di roccia, mentre altri ancora utilizzarono i vagoni della metropolitana per raccontare se stessi e per dimostrare la propria potenza ad una città che, ben presto, li inglobò nel mercato di serie A.
Abbiamo intervistato l’autore, per un racconto in prima mano.
Il sottotitolo di “L’arte quando brucia” è: “I cinque decenni che hanno cambiato la bellezza”. Stai idealmente proseguendo il tema di “Io sono il cambiamento. Storia di arte”, il tuo precedente volume?
Sto cercando di raccontare quello che il grande pubblico conosce meno, e cioè l’arte degli ultimi cinque decenni del Novecento. E lo faccio sempre a modo mio, mischiando la saggistica alla narrazione, proprio per cercare di avvicinare tutti a questo mondo normalmente abitato dagli addetti ai lavori.
Cinque decadi e cinque personaggi: la domanda è scontata ma necessaria. Perché hai pensato proprio a loro?
Perché sono cinque figure che mi affascinano. Avevo bisogno di una guida per ogni decennio, qualcuno con cui il lettore potesse entrare in empatia. In questo modo la lettura diventa più piacevole e al sapere si unisce il sapore.
Come si sviluppano nel libro queste cinque decadi e come si “parlano” i cinque personaggi? Ognuno racconta del proprio decennio, quindi si tratta di un libro in cinque episodi separati, o si intrecciano l’uno nell’altro?
Il libro è pensato come una serie televisiva: cinque capitoli (uno per decennio) con cinque protagonisti, più una moltitudine di “attori”, comparse, scenografie, opere, insomma un set cinematografico per raccontare la storia dell’arte degli ultimi cinquant’anni. E come nelle serie televisive, alla fine di un capitolo cerco di stimolare il lettore a leggere anche il successivo.
Non è compito facile trasformare la storia dell’arte in un romanzo, nonostante essa stessa contenga un’infinità di elementi letterari, aneddoti e vicissitudini. Come nascono e come si sviluppano i tuoi libri, in termini di scrittura?
A me piace scrivere, e mi piacciono i grandi scrittori. La scrittura è fondamentale. Se un libro racconta una bella storia, ma è scritto male, io non riesco a leggerlo. Nel mio piccolo, cerco sempre di pesare ogni singola frase, così che al netto del contenuto il libro possa risultare leggibile. A volte una frase la riscrivo anche venti volte, ci sto sopra per giorni interi, ma poi, alla fine, deve “suonare” come ce l’ho in mente io. Magari il lettore non se ne accorge, ma per me è importante.
Un’altra domanda d’obbligo, ma stavolta sul presente: vedi intorno a te un’arte che brucia, o stiamo ancora scaldandoci con le braci degli antichi fuochi?
Ci stiamo scaldando con una stufa elettrica che non lascia braci. Salvo rare eccezioni.
Come autore, e ancora rispetto al concetto di bellezza: quale messaggio speri che i lettori traggano da queste storie dell’arte?
Spero che i miei lettori, alla fine del libro, incontrino anche solo un artista che prima non conoscevano. Per me, sarebbe già un successo.