Vanitas è la nuova mostra di BRUN Fine Art, in collaborazione con BABS Art Gallery e Unløck decoding art. Una esposizione sublime e raffinata, in scena negli spazi di Via Gesù 17 a Milano, che ha un obiettivo: quello di destabilizzare la percezione tradizionale di Vanitas, dimostrando come l’arte e la bellezza possano trovare nuove forme di immortalità in una chiave di lettura contemporanea. Le date? Dall’8 novembre al 19 dicembre.
Il termine Vanitas, dal latino “vanus”, significa “vuoto” o “effimero” e nella tradizione artistica è strettamente legato alla meditazione sulla fragilità della condizione umana, sulla transitorietà dei beni materiali e sull’ineluttabile scorrere del tempo. In questo contesto espositivo, il concetto di Vanitas viene reinterpretato attraverso l’accostamento di opere scultoree, rappresentanti l’ideale di bellezza immortale, con gioielli d’artista, manifestazione moderna e individuale del nostro tempo. Un dialogo che offre al pubblico un’esperienza unica, invitando a riflettere sulla mutevolezza dei canoni estetici e sull’identità personale.
La presenza di specchi classici, da sempre associati al tema Vanitas, porta il visitatore a confrontarsi con la propria immagine, in un serrato gioco di riflessi. Le sculture esposte abbracciano generi ed epoche diverse e la loro estetica non sempre rispetta i canoni classici di perfezione. Una scelta dichiarata per sfidare la percezione tradizionale di bellezza, mentre ogni gioiello crea una narrazione moderna che trascende il tempo e lo spazio, proponendo una visione alternativa della vanità.
In mostra verranno presentate 60 opere, tra sculture e gioielli. Fra queste spicca la Psiche di Pietro Tenerani, una delle opere più celebrate dai critici contemporanei, impreziosita dal gioiello cinetico di Arnaldo Pomodoro: una collana in argento del 1968 che scivola lungo la schiena, sublimando la bellezza della scultura. Il busto femminile di “Rachele”, scolpito da Democrito Gandolfi, entra in conversazione con l’orecchino Rongorongo di Tania Pistone, artista contemporanea celebre per la sua esplorazione astratta ma profondamente emotiva che mantiene rigoroso l’equilibrio tra segno e forma.
Una preziosa testa di giovane in onice della prima metà del XIX secolo in dialogo con l’orecchino Fiches di Giancarlo Montebello, realizzato in rhodoid, materiale prezioso derivato dalla lavorazione dei fiocchi di cotone. Chiude la selezione una scultura raffigurante una giovane donna, con una pettinatura elegante in stile Restaurazione, firmata e datata dallo scultore toscano Francesco Pozzi. L’opera dialoga con una collana creata da Man Ray, artista modernista americano e figura di spicco dei movimenti dadaista e surrealista.
La descrizione di alcune delle opere presentate in mostra rende evidente quanto questa ricerca crei un gioco stimolante di riflessione e rivisitazione di un’espressione artistica che ha influenzato l’operato di grandi maestri del passato. Un voluto contrasto di materiali e forme che accentuano la plasticità delle opere. Le sculture, adornate con gioielli, sfidano così le convenzioni alludendo al mito di Narciso e sollevando domande sull’illusione e l’auto-ossessione. Quindi la bellezza è un “possesso per tutta l’eternità”, come diceva Oscar Wilde, oppure è un concetto soggetto all’effimero?