Dieci opere da andare a cercare tra gli stand di Artissima, a Torino, da qui a domenica. Non necessariamente le migliori (con buona pace di tutte le celebri giurie, ma ha un senso fare una classifica quando si parla di espressione artistica?), ma di certo tra le più interessanti. Non (sempre) tra le più vistose, che saltano agli occhi, ma che colpiscono per intensità, eleganza e profondità della ricerca. Tra nomi super affermati ed emergenti, ecco una selezione un po’ particolare, per disegnare un percorso tra gli stand dell’edizione 31 della fiera torinese che sogna ad occhi aperti.
1. Michelangelo Consani, Quando il bambino era bambino, 2024
Galleria ME Vannucci, Livorno
Due piccole ali di cera, che paiono d’argento, risaltano poeticamente su un fondo scuro. Il titolo e il tema rimandano a Il cielo sopra Berlino di Wenders. Il titolo perché è quello della poesia di Handke che viene letta all’inizio del film del 1987. Non serve che le ali siano grandi perché la poesia di opera d’arte possa spiccare il volo…
2. Francesco Casati, Io non ci credevo ma nella mente avevo solo lei, 2024
Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma
Un dipinto con una dimensione fantastica e pittorica notevoli, espresse con delicata eleganza. L’immagine, a ben guardare, è perturbante, ma l’armonia delle forme e dei colori seduce. C’è un aspetto simbolico che si fa narrativo, aprendo la strada a più di un racconto…
3. Francisca Valador, Ilha, 2024
Ali di farfalla elementi naturali, acquerelli piccoli
Matèria, Roma
Anche qui piccole ali su fondo scuro, ma questa volta sono dipinte ad acquerello e sono ali di farfalla. Accanto a queste ali piccoli insetti, elementi naturali, tutti disposti secondo la stessa logica. Immagini ridotte per dimensioni, ciò che accresce l’aspetto poetico e la raffinatezza del tutto…
4. Bekhbaatar Enkhtur, Untitled, 2024
Nello stesso stand di Francisca Valador, il vincitore del premio Illy, presente anche nelle sale della Fondazione Sandretto. Qui sono esposte delicate sculture di rame, che alludono a gesti antichi…
5. Simon Wachsmuth, Holbein, 2024
Zilberman Gallery, Berlin
Collages e montaggi di opere di Holbein stampate su carta, vergate da tracce e sfondi di carta rossa. I volti si intrecciano, si sovrappongono, diventano astratti. Pensi ad Holbein e ti viene in mente Dostoevskij…
6. Susy Gomez, Vestido, 1998-99
Galleria Giorgio Persano, Torino
Un abito bello a vedersi, che sembra venuto fuori chissà come da una fiaba. È bello a vedersi, ma è anche rigido come un’armatura e a indossarlo farebbe male al corpo e alla pelle. Una riflessione profonda, sul corpo femminile, sugli standard, ma anche e soprattutto sulle costrizioni prima di tutto sociali e psicologiche a cui siamo tutte e tutti, nostro malgrado, sottoposti.
7. Alessandro Sciaraffa, Le ombre del mare, 2023
Galleria Giorgio Persano, Torino
Non le onde, ma le ombre. E non sono nemmeno ombre, sono suoni. Dove un suono si adombra, se chiudi gli occhi, si apre un mondo… Le opere di Sciaraffa sono sempre scenografiche, anche sono sonore. Creano un ambiente e ti ci mettono dentro.
8. Glenn Ligon, Untitled (siete ospiti), 2018
Thomas Dane Gallery, London
Opera che parla da sola, anche, ma non solo, perché è fatta di parole. Che cosa vuol dire essere ospiti? Sembra una parola gentile, ma intuiamo che c’è dell’altro. Se siete ospiti non siete dei nostri. La riflessione, sul piano sociopolitico, è anche troppo attuale.
9. Carlos Aires, Money makes XX, 2024
Ani Molnàr Gallery, Budapest
Silohuettes and shadows, come cantava David Bowie nel 1979, ma qui le forme sono ritagliate nei soldi. Tratte da banconote dei paesi più ricchi del mondo, sono forme piccole, delicate, disposte a formare un cerchio, proprio come un piccolo mappamondo in due dimensioni. Forme anche qui belle a vedersi, ma il significato fa pensare.
10. (e 11) Soli Kiani, Dignity 3, 2023 e Silent protest, 2023
Silvia Steinek Galerie, Vienna
Due opere, per finire, di un’artista iraniana. Il tema sono le rivolte per la libertà: women, life, freedom. Silent protest mostra uomini, maschi che hanno appoggiato la rivolta femminile. In silenzio ripetono i gesti simbolo della lotta (e intanto le immagini ricordano un po’ Schiele). Dignity 3 è invece una scultura fatta di hijab compressi. Invece di sentirsi oppressa dal velo, è l’artista a usarlo, comprimerlo a sua volta, fino a dargli una forma drammatica, intensa, piena di senso.