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Il duo americano Lizzie Fitch e Ryan Trecartin sbarca da Prada a Tokyo

Lizzie Fitch|Ryan Trecartin Lizzie Fitch|Ryan Trecartin
Lizzie Fitch|Ryan Trecartin
Lizzie Fitch|Ryan Trecartin
Sull’asse culturale tra Stati Uniti e Giappone, arriva una nuova esposizione che unisce le due culture attraverso l’arte contemporanea. Dal 24 ottobre al 13 gennaio, nel cuore di Prada Aoyama a Tokyo, al sesto piano dell’iconico edificio progettato dagli architetti Herzog & de Meuron, Prada presenta l’inedita mostra di Lizzie Fitch|Ryan Trecartin “IT WAIVES BACK”. Un progetto audace e innovativo che segna la prima presentazione in Asia e la prima esposizione giapponese del duo di artisti statunitensi, conosciuti per il loro approccio radicale e multimediale alla creazione artistica. L’esposizione, progettata da Prada e in organizzata con il supporto di Fondazione Prada, offre una panoramica di nuovi lavori incentrati sul dialogo tra film, scultura e installazione interattiva.

Ma chi sono questi artisti? Lizzie Fitch e Ryan Trecartin sono due artisti statunitensi noti per il loro lavoro innovativo che esplora la cultura digitale, la psiche contemporanea e le dinamiche sociali attraverso film, sculture e installazioni multimediali. Collaborano dal 2000 e il loro lavoro, che ha guadagnato notorietà internazionale, viene esposto in gallerie e musei di tutto il mondo, inclusi il Museum of Modern Art di New York e il Whitney Museum of American Art. La loro arte è dunque un commento critico e spesso ironico sulla cultura contemporanea, il consumismo e l’impatto dei media digitali sulla percezione e sull’identità.

Da questi concetti nasce l’intrigante esposizione a Tokyo. In particolare, i lavori esposti fanno parte di una ricerca artistica più ampia iniziata nel 2016, quando Fitch e Trecartin hanno trasferito il loro studio e la loro residenza nelle campagne dell’Ohio. Il progetto originario, intitolato “Whether Line, è stato commissionato dalla Fondazione Prada e presentato per la prima volta nel 2019 a Milano. Esplorando temi complessi come il territorio, la proprietà e le identità individuali, “Whether Line” si concentrava sul modo in cui il paesaggio e l’ambiente fisico interagiscono con la percezione del sé e delle relazioni sociali.

Con “IT WAIVES BACK”, gli artisti ritornano a esplorare queste tematiche, ma con una nuova prospettiva. Il lavoro si sviluppa a partire dalla rielaborazione di centinaia di ore di filmati girati durante la realizzazione di Whether Line, riflettendo ancora una volta su un concetto centrale nel loro approccio: quello di version-hood”, ovvero la coesistenza di molteplici verità nello stesso momento. Questo concetto si riflette nei protagonisti dei film, che esistono simultaneamente in vari stati esistenziali, sia a livello simbolico che fisico. La ricerca si spinge oltre, esplorando i confini tra il mondo fisico e quello digitale, utilizzando ambienti tipici dei videogiochi non solo come contesto narrativo, ma anche come strumento per riflettere sulle dinamiche sociali, sulle strutture di potere e sul loro impatto sulle identità.

L’aspetto che più affascina dell’esposizione è l’installazione immersiva che gli artisti hanno creato dove lo spettatore diventa parte attiva dell’opera. Al centro di questa installazione c’è uno sculptural theater, uno spazio abitabile (spesso presente nella partica artistica di Fitch|Trecartin) in cui il confine tra spettatore e partecipante viene annullato. Questo ambiente, che richiama il concetto di “spazio ibrido”, è composto da una struttura in legno e una serra buia, un paesaggio che sfida le convenzioni dell’architettura tradizionale e gioca con la nozione di confine: dentro e fuori, tempo libero e lavoro, realtà e finzione. Seguendo lo stesso concetto, due schermi su cui sono proiettati i film sono collocati su due lati opposti della stessa parete, offrendo molteplici punti di vista in cui osservatori guardano e sono guardati.

I film esplorano aspetti chiave della pratica artistica attraverso l’uso del tempo e dello spazio. In particolare, in Title Waive, il protagonista è il tempo stesso. Le scene, girate a intervalli dal 2017 al 2024, esplorano l’evoluzione dei personaggi, delle ambientazioni e delle immagini. Il tempo gioca un ruolo editoriale, plasmando il racconto e influenzando il montaggio del film. La narrazione mutevole, che sovverte la sequenza temporale, riflette il modo in cui gli artisti sperimentano la memoria e il tempo come un flusso continuo e vivente. In Waives Back (Whether Line), il film combina filmati in live action con transizioni animate, documentando i cambiamenti della tenuta in Ohio e presentando le scene come elementi di una mappa piuttosto che come momenti lineari in una trama. Il sound design ha un ruolo centrale, con composizioni musicali di Trecartin, registrate nel 2024, che accompagnano il film. La musica e le performance dal vivo sono cruciali nei lavori di Fitch | Trecartin, che utilizzano software di produzione musicale digitale per manipolare e integrare tracce audio nei loro progetti.

Oltre ai film, la mostra include sculture inedite, piccole figure umane che rimandano a un immaginario fantascientifico. Queste sculture sono progettate come mascotte di un parco a tema e creano un legame visivo e psicologico con gli altri lavori. Due sculture di grandi dimensioni, ispirate a monumenti e lapidi, esplorano il potenziale narrativo degli elementi urbani, riflettendo talvolta ironia, oscurità o banalità.

Le opere con il loro uso disorientante del tempo, delle immagini e del suono, creano un ambiente che può provocare una sorta di “spaura” psicologica o una sensazione di smarrimento nel pubblico, mentre essi navigano attraverso un flusso di immagini e narrazioni non lineari. Si crea un mix tra l’inquietudine esistenziale e la capacità dell’arte di spingerci verso nuove e sconosciute dimensioni emotive e psicologiche, una sensazione che può essere spiegata solo prendendo in prestito i versi di Leopardi “Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovraumani silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo ove per poco il cuor non si spaura” (da L’infinito).

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